Cacciatori da cacciare

L’annuncio del bando di concorso è intrigante: cercasi giornalista per coprire incarico di prestigio presso azienda internazionale. Conoscenza lingua inglese, sufficiente. Che strano, azienda internazionale e l’inglese sufficiente. Sta a vedere che hanno già sistemato la posizione e per legge devono far finta di tenerla aperta fino a prova contraria. Passo un giorno, passa l’altro, e il nostro prode eroe che tenta la sorte viene chiamato a fare un incontro con prestigiosa azienda di cacciatori di teste. Primo impatto, deludente. La ragazzotta si presenta stile felino da accalappio discotecaro e il povero cronista aspirante posizione di prestigio, attualmente disoccupato, ma esperienza da vendere nel campo dell’automotive, scopre che il suo istinto non sbagliava. La posizione di prestigio, infatti, era già occupata da volenterosa ragazzotta amica degli amici, la scarsa conoscenza inglese era quanto di meglio potesse offrire, a livello professionale, in azienda, per cui tutto il resto è un proforma. E che proforma. La cacciatrice di teste dimostra di non sapere na beata mazza di ciò che cercano, di cosa dice e di che cosa si sta parlando. Vanta esperienze diverse e sottolinea che nel mondo dell’automotive non serve avere esperienza del settore, infatti ci sono storie di successo di manager che arrivano da altri campi. Quali? Non risponde, forse non sa, anzi di sicuro non sa, apre bocca tanto per far passare aria alle gengive. Però il destino del nostro professionista disoccupato in cerca di ruolo è segnato. Da quando ci sono le agenzie di cacciatori di teste, incaricate da aziende primarie, di trovare dipendenti, spesso e volentieri ci si trova a dover affrontare incontri, discussioni e altro ancora con gente che non capisce nulla di ciò che dovrebbero trattare. Qui conviene aprire una riflessione seria. La prima, se una azienda deve rivolgersi a una seconda azienda per valutare le assunzioni, vuol dire che non hanno capito nulla di ciò che sono, di che fanno e di cosa cercano. Una azienda sana che cerca personale dovrebbe sapere chi vuole, come e perché. Stanno tanto a limare sugli stipendi, taglia qui e taglia là e poi pagano fior di quattrini agenzie che devono occuparsi di cose che non conoscono. E’ uno spreco, qualcuno ci mangerà. E poi, punto secondo, mettiamo un manager o un professionista, e nel settore automotive ce ne sono a spasso di validissimi e con esperienze consolidate, con che faccia devono essere umiliati da agenzie che mettono signori sconosciuti, incapaci e dotati solo di un paio di tette della terza o quarta (se non rifatte) e sederino da paura? E’ questa la validità della ricerca dei cacciatori di teste? Per me sono da cacciare i cacciatori e coloro che si rivolgono ad agenzie esterne quando una cernita potrebbero farla all’interno del loro gruppo. Tagliano dappertutto e poi sprecano da altre parti, logiche aziendali le chiamano. Sarà, ma resto dell’idea che il sistema ha preso una piega molto brutta. Non puoi mettere a fare le PR di auto uno che arriva dai detersivi, o dalla telefonia. Magari saranno bravi nel settore, ma come fanno a parlare di gomme, motori e mescole se non ne capiscono mezza e magari non hanno la passione? Professionalità, certo aiuta e serve sempre, ma allora spiegatemi perché uno che si occupava di auto non può andare a vendere detersivi e uno che vendeva saponette lo mettono a capo della comunicazione auto? Qualcosa non torna, colpa dei cacciatori di teste che vantano successi di manager di settori esterni che hanno stravolto le regole. E quando gli chiedi un esempio, fanno scena muta. Perché i cacciatori sono più ignoranti dei cacciati. Vabbè, metti caso che ci fosse qualcuno in lettura, gli diamo una mano. Negli ultimi 25 anni di F.1 c’è stato solo Flavio Briatore, provenienza abbigliamento, a cambiare e innovare qualcosa nel settore, il resto è cresciuto a pane e motori, dalla gavetta al vertice. Avvisateli sti cacciatori di teste. Altrimenti cacciateli. Facciamo prima e ci godiamo la vita.

1 commento
  1. Renato Ronco
    Renato Ronco dice:

    Caro Cicca, se avessi letto il mio pezzo sul dopo vittoria Ferrari avresti visto che citavo proprio due casi sul tema: quello di Mattiacci catapultato in un mondo della F.1 che non conosceva e quello di un manager nominato direttore generale di una filiale italiana, di azienda automobilistica straniera, proveneninte dal settore alimentare (sic! ). Entrambi di breve durata: ma a quanto pare le aziende non sempre imparano la lezione. O meglio: la Ferrari l’ha capito incaricando ora Maurizio Arrivabene.

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