Congratulazioni Cavaliere!

Credo fosse il 1993. Lavoravo al Centro Ricerche Fiat, appena tornato dalla frizzante e formativa esperienza in F1. Ricevetti una telefonata… “So che avete fatto grandi cose in Ferrari. Io sono personalmente convinto che le metodologie che avete sviluppato siano fantastiche per l’impostazione, lo sviluppo e la messa a punto delle vetture da competizione. Voglio che tutti i miei le imparino per bene.”
Era Giampaolo Dallara, tecnico di valore e proprietario di un’azienda in grande fermento creativo che era già allora un riferimento nel Motorsport. L’Ingegnere, come lo chiamano ancora oggi tutti in azienda, pur avendo una solida credibilità e sostanza nel mondo delle Corse da più di vent’anni, voleva guardare avanti. Perché chi si ferma in difesa del proprio sapere non ha molto futuro. E chi non tiene gli occhi ben aperti su dove va il mondo, ne ha ancora meno.
Giampaolo aveva deciso di investire nel futuro. Con una lungimiranza che allora mi sembrò un grande scatto di lucida saggezza ma oggi, dopo aver vissuto tante esperienze, rappresenta di fatto una meravigliosa eccezione in un mondo miope e poggiato esclusivamente sul soldo di oggi.
Quelle metodologie che voleva che “tutti i suoi imparassero per bene” si basavano sul primo impiego di codici di simulazione del comportamento della vettura da competizione, con l’obiettivo di ottimizzarne la guidabilità e le prestazioni su circuito. E, in funzione di questo obiettivo finale, definire le specifiche di tutti i suoi sottogruppi. Ovviamente, perché il “giochino” funzionasse occorreva che anche in pista si abbandonassero le tecniche puramente empiriche del “come va?” chiesto al pilota e del “quanto ha fatto?” chiesto al cronometro. Bisognava passare ad un’analisi più completa e approfondita della vettura basandosi anche su tutta una serie di sensori che andavano poi interpretati con criterio e buonsenso.
Detto oggi sembra una banalità. Perché oggi tutti, ma proprio tutti, usano queste metodologie in supporto alla progettazione e anche alla messa a punto in pista delle vetture da corsa. Allora, o meglio qualche anno prima quando cominciammo a studiarci in supporto alla F1, era un foglio bianco che andava riempito con competenza ma anche tanto buonsenso. Perché i codici di calcolo, qualche numero lo sputano sempre fuori. Così come i sensori sistemati sulla vettura. Poi viene il bello di saperli interpretare… Già, perché le simulazioni non potranno mai replicare esattamente la realtà. E mica tutti i numeri sono giusti o servono allo stesso modo. Così come non tutti i segnali che escono da un sensore sono “veri”. Servono competenze. Ecco perché, ancora oggi, c’è chi, pur seguendo queste metodologie, perde la strada di casa…
Giampaolo Dallara ne aveva sentito parlare dai tecnici Ferrari. Probabilmente bene. Ed ebbe la formidabile intuizione di investirci tempo e denaro costruendo uno dei pilastri su cui avrebbe dovuto poggiare la sua azienda di domani. Da allora in poi, investì una parte considerevole degli utili della Dallara Automobili in innovazione, acquistando computer e addestrando il proprio personale. Su queste e su altre metodologie. Costruendo per il futuro… che poi, alla luce di ciò che abbiamo visto anche negli anni seguenti, è davvero una meravigliosa eccezione nel panorama globale, ma soprattutto italiano.
Insieme ad un paio di colleghi, preparammo alcune dispense che raccoglievano in modo esaustivo tutto ciò che avevamo imparato sulle sospensioni, sugli pneumatici, i differenziali… sull’impatto delle caratteristiche aerodinamiche sulla guidabilità di una vettura… sulle tecniche di elaborazione dei dati sperimentali alla ricerca di indicatori sintetici utili… Insomma, tutto il sapere che concorreva ad impostare fin dall’inizio un progetto vettura sano, sfruttando i risultati dei modelli di simulazione. Per poi andarlo ad ottimizzare in pista correlandosi con le acquisizioni sperimentali ed i giudizi dei piloti.
Facemmo alcune giornate di “corso” insieme ai tecnici della Dallara Automobili. E da lì loro partirono, verso un futuro che negli anni a seguire li consacrò come una delle migliori aziende di Motorsport al mondo, se non la migliore.
Non mi permetto di dire che molto di ciò che la Dallara Automobili è oggi partì da lì, anche se so che Giampaolo ne è abbastanza convinto. Ma è sicuro che la lungimiranza di quest’uomo ha aperto le porte ad un futuro aziendale e ad un’eccellenza che non sarebbero stati possibili se, come tanti altri imprenditori, fosse rimasto ancorato al “numeretto in basso a destra” che deve avere sempre e solo il segno +. Indipendentemente da cosa succede domani. Se avesse privilegiato come tanti, solo l’utile di oggi… gli aspetti finanziari piuttosto che industriali. Se avesse fatto il “finanziario” invece che l’imprenditore vero.
Giorni fa il Presidente della Repubblica Mattarella lo ha individuato tra i meritevoli del titolo di Cavaliere del Lavoro. E io dico, chi meglio di lui…
Ho tuttavia notato con grande disappunto che nessuno degli addetti ai lavori, nessuno dei tanti super-esperti di Motorsport che costellano la galassia italiana di siti e giornali, ha dato risalto alla notizia.
Evidentemente la cultura sportiva e motoristica italiana si basa sempre più sull’immagine e sul vuoto di giochi di parole inconsistenti e incompetenti. Una discesa progressiva. Un po’ come capita in tanti altri settori della vita. Quindi è probabilmente anche logico, in uno scenario simile, che la sostanza vera ed oggettiva passi in secondo piano. E che il riconoscimento di una grande persona, delle sue competenze tecniche e imprenditoriali, della sua signorilità e lungimiranza, non venga sottolineato come merita.
E allora lo faccio io che, dopo quell’inizio del ’93, ho sempre avuto fortunatamente periodiche occasioni di contatto e collaborazione con un uomo che mi insegna sempre molto, anche solo con una chiacchierata ed il suo modo di porsi.
Congratulazioni Cavaliere!

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