“così si fa”. Beh, io no. Non con questi metodi e con questo stile

A me piace il Motorsport come massima espressione di talento e velocità. Mi piace la F1 dai duelli maschi, senza che piovano sanzioni ogniqualvolta si sfiora una linea in uscita dai box o si spaventi una mosca in un sorpasso. Mi piacciono le regole semplici, fatte rispettare con criterio e uniformità costante. Mi piace la cattiveria sportiva come valore aggiunto al puro talento e alla voglia continua di migliorarsi. La grinta di non darsi mai per vinti, spremendo il 120% del mezzo che si guida e di se stessi.
Mi piacciono i duelli Villeneuve-Arnoux. Mi piacciono i piloti che se le danno in pista sfruttando qualsiasi centimetro e tutte le gocce di energia. Loro e del mezzo. Anzi, anche di più. Ma sempre nella piena e rispettosa coscienza del mestiere che si sta facendo. Sì, perché come in tutti i settori della vita, esigo che ci sia rispetto. E poi tanto buonsenso.
In una parola, mi piacciono i piloti-uomini. Non i bambocci viziati.
Non mi piace quando la cattiveria sportiva coinvolge anche l’animo. Non mi piace la prepotenza senza scrupoli. Non mi piace quando non si cerca di sconfiggere l’avversario, ma lo si vuole annientare fisicamente. Non mi piace quando il buonsenso viene percepito come un’assurda perdita di tempo. Non mi piace quando non ci si rende conto che quei 340 all’ora non sono uguali se si leggono sul tachimetro della Playstation o su un volante vero. Soprattutto non sopporto quando il mondo mette dalla parte dei giusti solo coloro che con questi modi di fare costruiscono il loro credo. Il coraggio di raggiungere in tutti i modi gli obiettivi non può essere disaccoppiato dall’etica.
Chi mi segue sa bene cosa penso di Max Verstappen. L’ho scritto fin da quando si è saputo del suo esordio in F1. E poi più volte in questi due anni. Ho sempre frenato gli entusiasmi. Ne riconosco la bellezza del diamante grezzo. E un’enorme potenzialità. Ma ne ho sempre stigmatizzato gli atteggiamenti che, insieme al carattere, definiscono i Grandi. Che poi gli atteggiamenti non sono colpa totalmente sua, derivando dall’educazione scriteriata e irrispettosa che gli ha inculcato suo padre, che purtroppo ha visto nel figlio talentuoso lo strumento ideale per vendicarsi col mondo delle sue modeste capacità di guida.
Non ho mai condiviso la venerazione incondizionata di gran parte degli addetti ai lavori, disposti a perdonargli sempre e comunque qualsiasi cosa “perché in fondo è ancora un ragazzo, ma ha un talento unico e incommensurabile”. Non ho mai condiviso l’appellativo di “pilota del secolo” che molti gli hanno affibbiato dopo la storica vittoria di Barcellona. Ho sempre creduto e scritto che la sua strada per diventare un Grande sia ancora estremamente lunga e irta di ostacoli. Non ho mai condiviso la sudditanza della governance del Circus della F1 nei suoi confronti, alla bramosa ricerca di un eroe delle piste che manca ormai da troppi anni.
E’ fin troppo facile oggi tornare su questo argomento dopo ciò che ha combinato il ragazzino ieri pomeriggio in quel di Spa-Francorchamps. E anche scontato perché dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti. Eppure leggo ancora elogi sperticati delle sue gesta. Anche quelle di ieri.
No, io non ci sto. Sarò un inguaribile romantico e probabilmente sono anche fuori posto. Ma io non sosterrò mai la prepotenza a scapito dei giusti meriti. Mi spiace, ma ritengo assolutamente inaccettabile giustificare ancora Max Verstappen dopo le scriteriate prepotenze di ieri. Non tanto alla prima curva, quando ha peccato essenzialmente di inesperienza perché lì non ci sarebbe mai potuto passare senza creare o subire danni. E questo indipendentemente da Vettel, Raikkonen o Gesù Cristo. E’ questione di cervello.
Ma soprattutto per il dopo. Quando ha protetto la posizione con azioni tanto incoscienti quanto pericolose… perché rallentare in pieno rettilineo quando hai l’avversario a cinque metri è incosciente e pericoloso. E poi quando ha dichiarato a fine gara (con la supponenza tipica del bambino viziato, davanti agli occhi accondiscendenti e adoranti dei suoi datori di lavoro) di essere stato lui la vittima. E che avendogli i Ferraristi “rovinato la gara”, lui avrebbe usato tutti i mezzi per tenerli dietro. Signori, quella si chiama “vendetta”. E qualcuno dotato di buonsenso, ammesso che ancora esista in questo mondo, dovrebbe accorgersene.
Questo va purtroppo a ulteriore dimostrazione che il ragazzino, oltre a possedere una profonda cattiveria congenita nell’animo, non ha la benché minima idea che fare quei gesti a 340 all’ora su una pista vera non è come farli sulla Playstation. Ed è altrettanto chiaro che il bamboccio è convinto di avere ancora un paio di vite da giocarsi, proprio come nei videogiochi. Soprattutto non ha alcun rispetto per le vite degli altri. Che devono semplicemente soccombere. Punto.
Leggo che molti continuano ad esaltarsi per le sue doti e la sua “ambizione” di arrivare davanti a tutti, perché “così si fa”. Beh, io no. Non con questi metodi e con questo stile.
Comunque ieri tutti hanno taciuto. Ed è un dato di fatto. Soprattutto chi aveva il dovere di intervenire. La Direzione Gara ha sanzionato Nasr (5 secondi), che girava insieme ai pompieri a due giorni di distanza dai primi, perché reo di avere tagliato la pista riportandone un vantaggio. E non ha mai nemmeno osato nemmeno mettere “under investigation” il ragazzino. Disuniformità di giudizio rispetto a tante altre gare. Oppure dobbiamo pensare che le sanzioni sono proporzionali al nome. Ma quella si chiama “sudditanza”. E non è sinonimo né di correttezza, né di serietà.
E’ abbastanza ovvio che, come dicevo prima, chi governa questo sport ha fame di individuare un nuovo eroe per rivitalizzare una F1 mediaticamente sempre più spenta. Ed ha quindi una profonda sudditanza nei confronti di questa pepita. In un panorama in cui l’unico “personaggio” è Hamilton (essenzialmente fuori dalla piste), mentre tutti gli altri sono intruppati come delle amebe sotto le tende insonorizzate dei propri team, è evidente che avere uno che va forte e fa casino è importante per far parlare nuovamente del “prodotto F1”.
Peccato che quando il marketing di prodotto scavalca anche le regole sportive, si può decretare la fine di quello sport.
Ora, preso atto della non volontà dei vertici della F1 di intervenire sul ragazzo, rimangono i piloti. E allora non mi piace che nemmeno i colleghi di Verstappen prendano l’iniziativa per riportare il ragazzino nei binari della correttezza. Ho già detto come i piloti di oggi siano automi tutti uguali e senza nerbo. Non si esprimono mai. Non si espongono mai.
Ah, quanto rimpiango la F1 che conoscevo io! Quella in cui Nelson Piquet rifilava un pugno a Salazar dopo la scorrettezza subita… Quella in cui Ayrton Senna spiegava a muso duro al giovane Schumacher com’era “il giro del fumo”, come ci si doveva comportare… Quella in cui i piloti mettevano a posto le cose a quattr’occhi nel retro box o magari in un buio corridoio di qualche hotel…
Perché allora non c’erano penalità ridicole… cinque secondi, drive through, tre posizioni in meno in griglia… che colpivano qualsiasi respiro fuori dal coro. C’era tuttavia un qualcosa di molto, molto più importante. Il rispetto. Ed i piloti (tutti!) avevano la consapevolezza che si doveva dare il 120% per passare in tutti i modi quello davanti (o non far passare quello dietro), ma sempre nel pieno rispetto dell’uomo e della fisica.
Doti che, purtroppo, il ragazzino non ha. E quel che è peggio, pensa anche di essere dalla parte del giusto, pompato dalla famiglia e dai suoi adoranti datori di lavoro. Ora, se qualcuno non prova a fargli capire come ci si deve comportare, se la lezione non gli arriva in fretta… almeno quella dei suoi colleghi, visto che dall’alto non si interviene e non si interverrà mai… prepariamoci a qualche patatrac. Sì, perché il bamboccio viziato sta diventando sempre più pericoloso. E non si dovrebbe più difenderlo “tout court”.

2 commenti
  1. Giorgio Ferro
    Giorgio Ferro dice:

    Caro Renato, scusa il ritardo della risposta ma ho letto solo ora il tuo commento…
    So bene che la F1 è sempre stata piena di “bastardi”, come li chiami giustamente tu. E io non rinnego né contesto questo pezzo di Storia.
    Credo però che non venisse mai a mancare una specie di gentlemen agreement tra i piloti, nel pieno rispetto del loro mestiere. E che i giovani che si presentavano sulla scena con la voglia di spaccare il mondo venissero riportati con le buone o le cattive dentro il recinto della buona creanza.
    Ecco, io quel rispetto verso il prossimo (in generale) in Max Verstappen non lo vedo. E non vedo purtroppo nemmeno i tentativi per fargli capire come ci si comporta, né da parte della governance né dei piloti.
    Un caro saluto.

  2. Renato Ronco
    Ronco Renato dice:

    Premesso che “il troppo stroppia” come in tutte le cose, e quindi il “ragazzino” va tenuto bene sotto controllo, mi sembra che gli esempi che tu fai siano un po’ contraddittori con le tue opinioni. Quei piloti e quegli eventi che tu citi sono proprio caratteristici delle gioventù di tanti campioni che abbiamo poi osannato ed apprezzato. E’ vero che c’è antitesi nei giudizi e nelle punizioni dei commissari, ma è anche vero che in F.1 i grandi campioni, ed anche i grandi manager ( parlo di risultati) sono sempre stati dei gran “bastardi” sul campo. Ed è per questo che poi i big li rimproverano, li contrastano: perché sentono l’odore del campione che sboccia. Loro sanno annusarsi. I nomi? Li hai già fatti tu. A proposito di Max: basta guardarlo in faccia per capire che è un gran “bastardo”( inteso nelle doti del futuro campione). Con tua buona pace.

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