Da Roma a New York in auto

Un giorno sarà possibile andare da Roma a New York in auto. Ma come sarà possibile attraversare il mare? Qualcuno ci sta pensando.

Esiste, infatti, un ambizioso progetto sviluppato in Russia, che fra l’altro ha vinto il premio per l’innovazione all’esposizione Universale di Shanghai,  che prevede di collegare la Russia e gli Usa attraverso un tunnel sottomarino che passa sotto lo Stretto di Bering.

Il tunnel realizzato in tre sezioni affiancherebbe una ferrovia, un’autostrada e un oleodotto, più i collegamenti per l’energia elettrica.

I benefici sarebbero numerosi dal punto di vista economico. Il trasporto su rotaie ad esempio sarebbe molto più vantaggioso rispetto ai volumi e la peso che può portare un aereo o alla lentezza di una nave; grandissimi i vantaggi per il trasporto del petrolio e dei suoi derivati attraverso oleodotti anziché petroliere. Senza contare la possibilità di sfruttare immense risorse di petrolio e gas naturali presenti in Siberia ed in Alaska. Inoltre un oleodotto tra i due continenti ridurrebbe sensibilmente la dipendenza mondiale dal medio oriente. Non da meno i benefici ambientali. Spostare il trasporto delle merci dal marittimo e aereo ad un sistema ferroviario alimentato ad energia, magari idroelettrica, significherebbe limitare consistentemente l’emissione di CO2 dovuta all’uso di combustibili fossili.

La stretto che separa la Russia, dunque l’Asia, dagli Stati Uniti e dal resto dell’America del Nord, prende il nome da Vitus Bering (1681-1741), un esploratore danese al servizio dello zar, che attraversò lo stretto nel 1728. Il canale è lungo 37 chilometri, ma in realtà la distanza tra le terre dei due continenti è poco più di 4 chilometri, ovvero la distanza tra le due isolette che spuntano dalle gelide acque artiche: la russa Grande Diomede e l’americana Piccola Diomede. Tra di loro l’International Date Line, che separa per convenzione i due mondi dal 1867. Da quando Mosca vendette l’Alaska agli Stati Uniti per poco più di 7 milioni di dollari. In realtà, nei periodi delle glaciazioni geologiche, i due continenti sono stati uniti da uno spesso ghiacciaio, come dimostrato da numerosi reperti fossili. E’ accaduto in due occasioni in passato. La prima volta avvenne circa 60.000 anni fa e la seconda 45.000 mila anni dopo. In entrambi i casi, il ponte naturale fu successivamente sommerso dal disgelo e dal conseguente avanzare del mare. Il collegamento naturale durò solo poche centinaia d’anni, sufficienti per favorire l’accesso verso il nord e il sud America delle popolazioni nomadi dell’Asia.

Il sogno di congiungere artificialmente le due terre iniziò ad essere coltivato già nel 1849, quando il governatore del Colorado William Gilpin avanzò la proposta di collegare l’America all’Europa via Siberia attraverso un sistema di ferrovia intercontinentale che prevedeva la costruzione di un ponte per superare lo Stretto di Bering. Nel 1905 fu la volta di E.H. Harriman, presidente dell’Unione Ferroviaria del Pacifico, a lanciare un progetto di costruzione di un sistema stradale tra i due continenti. Il progetto prevedeva il collegamento dei 48 Stati Usa all’Alaska via Canada, poi il passaggio dello stretto e da lì la connessione alla Transiberiana. A causa della guerra russo-giapponese del 1904-1905 però il Giappone, allarmato dalle implicazioni strategiche del progetto, sottoscrisse un accordo con il governo americano per impedire qualunque passo avanti nella sua realizzazione.

Nel 1906 il New York Times lanciò il progetto franco-americano del Barone de Lobel, capo del consorzio franco-statunitense Trans-Alaska-Siberia Rail- road Company . La nuova proposta prevedeva la costruzione di una rete ferroviaria intercontinentale con un tunnel sotto lo Stretto di Bering. De Lobel riuscì a raccogliere ingenti finanziamenti ma la Russia si oppose al progetto

Cinquant’anni dopo, nel 1958, T.Y. Lin, ingegnere americano di origine cinese, ripropose l’idea di bypassare lo stretto con un ponte. Nel 1968 Lin fondò la International Peace Bridge Corporation e realizzò un approfondito studio di fattibilità del progetto.  Il progetto di Lin prevedeva la realizzazione di un viadotto di circa 100 km in corrispondenza del meridiano dov’è previsto il cambiamento di data. Un viaggiatore partito di sera dalla parte Russa, sarebbe dunque arrivato in Alaska la mattina del giorno prima, viaggiando indietro nel tempo. Il megaponte di Bering secondo Lin doveva essere sostenuto da 220 piloni, poggiati su 220 campate, diviso in tre distinti livelli. Il più alto adibito ad autostrada a due corsie, quello intermedio destinato ai treni ad alta velocità. Il terzo livello, più basso, per un oleodotto per petrolio e gas. Il pericolo più insidioso da scongiurare è sempre rappresentato dagli enormi banchi di ghiaccio, molto pericolosi in primavera quando gli iceberg si sciolgono e i blocchi si spostano più velocemente. La sagoma della base dei piloni venne quindi disegnata con la forma di una stella a 16 punte. Le punte hanno il compito di far infrangere le onde enormi che sbattono sulle fondamenta, distribuendo l’impatto all’intera struttura.

Si sono insomma susseguiti nel tempo progetti di collegamento, proposti da parte di un continente o dall’altro, che si sono scontrate con una situazione geopolitica ed economica estremamente delicata.

I problemi legati alla realizzazione di un collegamento (ponte o tunnel) sullo stretto di Bering sono dunque  numerosi : investimento economico smisurato, condizioni climatiche rigide e situazione di lavoro ardua in uno degli ambienti più ostili del mondo, interessi politici complessi e in continuo divenire. Problemi controbilanciati da evidenti vantaggi economici realizzabili, ma i cui frutti si inizierebbero a cogliere solo dopo l’effettiva realizzazione dell’opera.

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