Fca nel rebus delle alleanze ma nel mirino rimane Gm

I tre «no, thanks» di Mary Barra (Gm), Mark Fields (Ford) e Martin Winterkorn (Volkswagen) indirizzati a Sergio Marchionne a proposito di una possibile fusione con Fca, fanno parte di uno schema abituale: se uno dei top manager – in particolare «Lady Gm» – avesse fatto trasparire anche un minimo segnale d’interesse alle avances di Fca, la Sec avrebbe subito avviato le valutazioni di rito. L’impressione è che il dialogo tra Fca e Gm soprattutto, ma anche con gli altri, non sia chiuso. Anzi, i veri giochi – quelli che potrebbero condurre alla nascita del primo costruttore mondiale di auto – sono appena cominciati. Importante, in proposito, è leggere bene e interpretare il vero messaggio lanciato da Marchionne durante la recente conference call per la presentazione dei dati trimestrali.

Nel mettere sull’avviso gli altri big dell’auto sul fatto che la situazione normativa in evoluzione, insieme alle disparità tra Continente e Continente, e tra Paese e Paese, imporrà al settore sempre maggiori sacrifici, Marchionne si è di fatto rivolto ai grandi investitori istituzionali delle società, quelli che hanno una visione sul lungo termine. In pratica, i fondi pensione e sanitari, che devono poter garantire ai propri associati soldi e prestazioni, e lo stesso vale per le assicurazioni. Tra i tanti commenti di questi giorni, quello più sottile, con probabilmente l’interpretazione più vicina alla realtà rispetto alle parole di Marchionne, è quello di Adam Jonas, di Morgan Stanley, il quale fa trasparire proprio questo aspetto. E sulla stessa linea d’onda si pongono anche altri osservatori, secondo i quali – soprattutto negli Usa – il peso dei grandi azionisti istituzionali, che agiscono unicamente nell’interesse del proprio fondo, può fare il bello e il cattivo tempo di un gruppo. Un esempio per tutti arriva, guarda caso, proprio da Gm, che – secondo questi esperti – continua a essere il partner a cui guarda Fca. Nel 1992, a esempio, è bastato che il fondo pensioni dei dipendenti pubblici della California, Calpers, facesse una forte azione di lobby sui consiglieri indipendenti dell’azienda, perché saltasse la testa dell’allora numero uno Robert Stempel, il cui lavoro non aveva soddisfatto le attese degli investitori, a favore di Jack Smith. Quest’ultimo, insieme all’ad Rick Wagoner, fu poi protagonista delle nozze sfortunate con Fiat.

Marchionne, dunque, lanciato il sasso nello stagno, ora attende che i cerchi si allarghino gradualmente e facciano il loro effetto. E Gm, che ha come primo azionista un fondo che l’ad di Fca conosce bene, quel Veba risultato determinante per la conclusione della scalata di Fiat a Chrysler, continua a essere l’obiettivo principale. Di tempo non ce n’è molto, però: i nuovi investimenti in sicurezza e ambiente richiedono ingenti risorse, inoltre sul mercato dell’auto si stanno affacciando nuovi soggetti, come Google e Apple, ai quali Marchionne ha comunque già strizzato l’occhio. Bmw e Mercedes si sono spaventate e, insieme alla cinese Baidu, puntano ad acquisire Nokia Here, colosso delle mappe digitali. Basterà?

Tratto da “Il Giornale” di oggi.

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