Ferrari a Indy? Ma che senso ha…

Una recente notizia lanciata dalla Gazzetta dello Sport ha ipotizzato la scelta, o la minaccia, da parte di Sergio Marchionne di portare la Ferrari nel Campionato americano di Formula Indy.

Avendo  seguito per anni la Formula Indy sulla piste americane, conosco un po’ la situazione. In quegli anni le vetture rappresentavano abbastanza una interpretazione tecnica da parte dei team che si impegnavano.

Ma da quando i telai sono standardizzati e fabbricati dalla Dallara ( un onore certo ed un grande riconoscimento all’ingegnere di Parma ) e soltanto il motore – che pure deve sottostare a regole molto precise – è fornito da Case diverse, la omologazione dei mezzi è molto accentuata.

Proprio quello che Marchionne rimprovera a Liberty Media e lo spinge a dire che la Ferrari potrebbe abbandonare la Formula 1 nel caso in cui certe soluzioni volte all’incremento dello spettacolo dovessero essere imposte alle squadre.

Fa benissimo Marchionne a difendere il prestigio tecnologico della Ferrari ed il valore storico che essa rappresenta per la Formula 1. E fa bene a combattere la sua battaglia sotto il profilo dell’immagine e sotto il profilo commerciale.

Ma non è credibile come alternativa proprio una Formula che propone auto più uguali possibili e gioca le sue carte sulla spettacolarità. Allora che senso ha questa minaccia? Per cadere dalla padella nella brace? Mah…

Ricordiamo che tra la Ferrari e Indianapolis non si è mai verificato il feeling. Ferrari tentò la carta soltanto nella 500 Miglia, con tutto il suo prestigio, nel lontano 1952 con Alberto Ascari. E non fu certo un brillante risultato. Ritiro per la rottura di un mozzo posteriore. Correre sui bancking richiede esperienza, anche tecnica.

Poi, nel 1986, Enzo Ferrari in persona minacciò di passare alla Formula Indy quando si trovò a dover affrontare un braccio di ferro con la Federazione Internazionale. E per avvalorare la minaccia fece progettare dall’ingegner Brunner, e poi costruire, una vettura per la Formula Indy. Che però mai partecipò a Indianapolis.

Anzi. C’è una curiosa storia su quell’auto. Era rimasta in un angolo dell’azienda e quando l’Alfa Romeo, nei primi anni ’90, decise di affrontare l’impresa delle gare americane qualcuno se ne ricordò. Facendo parte le due Case  della stessa proprietà, venne chiesto alla Ferrari di poterla avere a disposizione per studiarne le caratteristiche. Passato qualche anno il Reparto Corse dell’Alfa Romeo venne sciolto e nello svuotare i capannoni un addetto scoprì che là in fondo, coperta da un telo, c’era quella unica Ferrari Indy. Allora telefonò alla Ferrari ed avvisò che quell’auto doveva essere sgomberata. E così la “vettura di Brunner” ( come veniva chiamata ) tornò a Maranello dove attualmente è esposta al Museo Ferrari.

Insomma: il rapporto tra Ferrari ed Indianapolis non sembra proprio doversi concretizzare.

La Formula Indy non sembra poter rappresentare una vetrina interessante per  la “rossa” . Anche se Ecclestone afferma che c’è del vero. Ma lui deve bistrattare Liberty Media. La odia.

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