Formula 1, lo spettacolo della superiorità

… che poi succede che spesso facciamo fatica a ricordare cosa è successo ieri, o l’altro ieri. Annegati nei pensieri e nelle problematiche dell’oggi. Senza poi magari nemmeno allungare lo sguardo verso il domani, ma questo è ancora un altro discorso. Voglio dire che spesso, quando emettiamo giudizi sulle cose di oggi, ci dimentichiamo quello che c’è stato nel passato.

E capita per esempio quando massacriamo l’anti-spettacolo della F1 di oggi. Beh, magari non proprio quella di quest’anno, sufficientemente colorata di rosso da addolcire i nostri giudizi di appassionati ma soprattutto tifosi. Diciamo piuttosto quella dell’anno scorso dominata da due frecce d’argento che ad ogni gara “prendevano e andavano via”, regalandoci poche emozioni. Così si diceva.

Ci dimentichiamo che una simile superiorità, in F1, l’abbiamo vista più volte nel passato. Per esempio nei primi anni Duemila, o più precisamente nel 2004 quando Michael Schumacher vinse 13 GP su 18 (e altri 2 li vinse il suo compagno di squadra Barrichello). Quell’anno Schumacher vinse il quinto titolo Mondiale consecutivo e non parlavamo certo di carenza di spettacolo, perché, da tifosi, quella superiorità ci andava più che bene.

E poi ci dimentichiamo che anche nell’88 ci fu una schiacciante superiorità in F1. Quella della McLaren-Honda MP4/4 brandizzata Marlboro che vinse ben 15 gare su 16 con la superlativa ditta Senna&Prost. Come molti ricorderanno, l’unica eccezione si ebbe a Monza quando, in seguito al ritiro di Prost per la rottura del motore ed all’incidente del battistrada solitario Senna con Schlesser, si trovarono sorprendentemente sul podio i due Ferraristi Berger e Alboreto.

Quindi, se facciamo scorrere la memoria soffermandoci un po’ meglio sugli eventi, ci sovviene che momenti di superiorità simile (o addirittura superiore) ne abbiamo vissuti anche in passato. Eppure non si parlava di assenza di spettacolo. Né di carenza di spettatori. Forse perché lo spettacolo era comunque garantito da altri ingredienti…

Tra l’altro, dopo l’88 anche la stagione 1989 fu caratterizzata dalla stessa superiorità di McLaren-Honda, anche se con “numeri” leggermente inferiori all’anno prima, perché nel frattempo in Ferrari si stava lavorando a testa bassa per confezionare la rincorsa al vertice che vide il suo coronamento (peraltro non perfezionato dalla vittoria finale…) nel Mondiale del ’90. E qualche avvisaglia di competitività si era già vista nell’89.

Detto questo, voglio ricordare qui proprio un GP del 1989 che, credo, rappresenta al meglio il concetto di superiorità.

Ventisei anni fa dunque, e proprio nella data di oggi, il 7 maggio. A Montecarlo si corre la terza gara della stagione dopo una clamorosa quanto inattesa vittoria di Nigel Mansell su Ferrari in Brasile e il “pareggio” di Senna a Imola. Già in qualifica si capisce che aria tira con Ayrton davanti a tutti con quei distacchi che con la loro entità assumono le caratteristiche inequivocabili del disastro per chi li subisce. Più di un secondo al compagno di squadra Alain Prost e più di due a tutti gli altri. Detta “alla rallysta”, tenendo conto che il circuito di Montecarlo non è certo dei più lunghi, suonano come 0,34 sec/km su Prost e 6-7 decimi e più a tutti i primi inseguitori… I “numeri” li vedete sul grafico. Impressionanti. Quando si dice “superiorità”…

In gara poi, come prevedibile, succede che i due, Senna&Prost, se ne vadano indisturbati, inanellando giri assolutamente improponibili per tutta la ciurma inseguitrice. E uno dopo l’altro, tutti i piloti cadono inesorabilmente nella rete dei doppiaggi. E nemmeno solo una volta… due, tre.

Non solo, succede anche che Ayrton rifili 52 secondi e rotti al proprio compagno di squadra, senza che questo abbia dovuto affrontare particolari problemi tecnici. Un’enormità se pensiamo alle qualità del Professore e soprattutto che guidavano la stessa macchina…

Superiorità, dunque. E spettacolo. Perché comunque un simile livello di prestazioni è straordinario. Una meraviglia da vedere. Per dipiù nel toboga cittadino di Montecarlo dove è tanto facile sbagliare una traiettoria di dieci centimetri e parcheggiare. Perché, lo sappiamo, i muri e i marciapiedi sono lì… E, d’altra parte, se lo ricordava bene proprio Ayrton che l’anno prima aveva parcheggiato la sua vettura contro il muretto all’imbocco del tunnel quando aveva “una settimana” di vantaggio sul secondo. Ancora Prost. Un banale, quanto umano, calo di concentrazione che aveva colpito anche Lui…

La morale è che si può essere spettacolari, si possono attirare milioni di spettatori e appassionati anche manifestando superiorità schiaccianti. Perché, magari, contano anche altre qualità. Come per esempio il talento ed il carisma di certi piloti, e allora ce n’erano tanti così. Oppure la straordinaria abilità di qualcuno di fare con naturalezza cose impossibili anche a quelli dotati di talento.

Ah, dimenticavo… un ultimo dettaglio di quel Montecarlo ’89 che forse vale la pena non trascurare. Anche per capire cos’era la F1 di allora. E cosa è diventata oggi.

In gara partirono in 26, perché 3 furono eliminati nelle qualifiche. E altri 9 non riuscirono a partecipare alle qualifiche. Perché eliminati nelle pre-qualifiche… sì, c’erano le pre-qualifiche. Fa un totale di 38 vetture (e di Ferrari ce n’era una sola, perché Gerhard Berger era infortunato dopo l’incidente di Imola…).

1 commento
  1. Renato Ronco
    Renato Ronco dice:

    Verità sacrosante! Ma oggi tutto questo purtroppo conta poco o niente. La stampa vuole il risultato immediato e gradito al suo tipo di lettore ( popolo di ferraristi per l’Italia), e per quel popolo vale soltanto il successo della rossa. Anche perchè piloti italiani non ce ne sono. Ed anche se ci fossero…. ricordiamo il famoso ritiro di Patrese ad Imola,. con la Brabham, festeggiato e sbeffeggiato anzichè fonte di dispiacere per il pubblico. In Italia! Inoltre mancano i personaggi veri, che affascinano – Senna, Mansell, Prost, Piquet e prima ancora Villeneuve, Clarck, Stewart. Siamo arrivati al punto di sentir giudicare ( anche sulla stampa ) Vettel un falso campione dopo 4 titoli iridati ma poi idolatrato quando s’è vestito di rosso. Il fatto è che la Formula 1 ormai è proposta come spettacolo e basta. La sfida tecnica in realtà non viene esaltata e non interessa a nessuno, o quasi. Se solo la gente capisse cosa succede sotto quei cofani e quale immenso capolavoro di gestione e di tecnolgia sta lavorando in un complesso di fonti di energia motrice! E’ pazzesco! Ma allora, come dicevamo già all’epoca con Franco Lini di buona menoria, bisognerebbe restringere l’evento ad una ristretta cerchia di veri appassionati, un club di gente che è in grado di capire. Però così finirebbe ” lo spettacolo” e rimarrebbe solo la platea del pubblico sulle piste, quello che sa gustare rumori, odori delle macchine e i pregi di chi le doma. A quel punto addio TV e d i suoi soldi, addio grandi Marchi in prima persona, addio sponsor,addio spettacolo, addio business. E allora accontentiamoci così: noi sappiamo goderci le parti migliori della festa e pazienza se gli altri non sanno apprezzare. Peggio per loro. Purchè alla fine non ci rovinino il giocattolo definitivamente. Certo che sappiamo bene che imprese storiche come quelle di quei fenomeni non ne vedremo più.

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