Giornalismo e comunicazione: generazioni a confronto

Il boom del Web nelle sue varie declinazioni, ma soprattutto i “social” in continua evoluzione, ha rappresentato una manna per le aziende. Esse hanno infatti trovato il modo di raggiungere più facilmente, con i propri messaggi, target mirati ai quali proporre le proprie offerte.
In questo, inoltre, vedono la crescente categoria dei cosiddetti “influencer” come importanti alleati.
Chi sono gli “influencer”? Al di là di personaggi conosciuti, che dunque fanno valere tutti il peso della loro notorietà, per il resto si tratta di persone, soprattutto giovani, che nella maggior parte dei casi si sono inventate un lavoro: quello di dare giudizi, documentati con foto e video, su un determinato prodotto o avvenimento, e diffondere il tutto in rete.

Attendibilità e non solo
Ma quanto possono essere veritieri questi giudizi? E, soprattutto, quanto possono essere “influenzati” dalle stesse aziende, nel caso specifico quelle che operano nell’automotive? Che attendibilità ha chi esprime questi pareri.
Se sui giornali i messaggi promozionali, come i redazionali e cose simili, devono apparire riconoscibili attraverso, per esempio, le titolazioni con un carattere differente e l’identificazione chiara per il lettore che si tratta di una iniziativa pubblicitaria, nel caso del Web accade che tutto fa brodo.
E che la rete sia inondata di messaggi e giudizi dove non si capisce se quanto riportato sia farina del proprio sacco (di chi di è al tablet o allo smartphone).
Insomma, all’apparenza non esistono limiti e anche regole. Il confine tra informazione (giornalistica) e comunicazione rischia così di scomparire anche perché, spesso, agli eventi di presentazione questa miscellanea è evidente con non pochi imbarazzi.

Rivoluzione strategica nelle aziende
Tutto questo, inoltre, ha rafforzato gli uffici marketing delle varie aziende a scapito dei classici uffici stampa, molti dei quali ormai – a mio parere ingiustamente e gravemente – depotenziati e fagocitati.
Ciò può far bene alle Aziende che al posto delle rassegne stampa, che si toccano con mano, hanno modo di puntare essenzialmente sui numeri, anche pesanti, di questo nuovo mondo virtuale, facilmente influenzabile e, quindi, poco trasparente.
E in mezzo ci sono i consumatori, tirati in continuazione  per la giacchetta.
Una cosa sembra trasparire, cioè che le aziende si stiano orientando sempre più verso il “non giornalismo”, quello che spesso può dare fastidio e fa notizia, per optare invece sulla comunicazione “punto e basta”, veicolabile e più sicura.

Il futuro dell’informazione
C’è da chiedersi, anche, come le nuove generazioni di informatori (giornalisti) del settore automotive stiano crescendo e cresceranno. E quale futuro attende i comunicatori, molti dei quali, presi dall’entusiasmo e da una realtà divertente che fa comodo solo alle aziende, rischiano di perdere tempo prezioso e di cadere preda di illusioni. Occorre fare chiarezza. E l’Ordine dei giornalisti, con un istituto previdenziale che non gode di buona salute anche per la mancanza di nuovi contributi, dovrebbe approfittare dell’occasione per portare verso la professione tanti giovani, tra i quali potrebbero nascondersi dei talenti, che si trovano nel limbo.
(https://autologia.net/lordine-dei-giornalisti-possiamo-anche-abolirlo/)

Se ne parlerà a Torino
Il talk show di #FORUMAutoMotive sul tema “Giornalismo e comunicazione: generazioni a confronto”, in programma il 7 giugno, alle 14, al Salone dell’auto Parco Valentino di Torino, affronterà questi problemi. La “bolla”, prima o poi, potrebbe scoppiare.
(fuorigiri.ilgiornale.it)

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