La Bestia di Torino

Confesso di non essere certo un appassionato di vetture antiche. Meno che mai di mantenimenti forzati di vetture semplicemente vecchie, pur se testimoni appassionati di ricchi ricordi. Eppure il recente restauro della Fiat S76 ha scatenato il mio interesse e soprattutto la mia emozione. Ve ne voglio parlare perché è un evento particolare che, credo, merita l’attenzione di tutti gli appassionati di automobili.

La S76 non è una vettura qualsiasi. Principalmente perché è testimone di quel periodo pionieristico all’inizio del secolo scorso, in cui si viveva per provare a sfidare l’impossibile. Si inventava, si rischiava, si sperimentava, si azzardavano soluzioni avveniristiche e spettacolari per il semplice gusto di stupire. Per vedere se “stava insieme” e cosa succedeva. E per raggiungere record allora impensabili. Insomma, per scrivere la Storia dell’Automobile.

La S76 è stata progettata e costruita da quella azienda automobilistica italiana che si chiamava Fiat ed era ancora solo a Torino. Già perché anche la Fiat, all’epoca, partecipava a questa gara degli azzardi. Aveva solo dodici anni la Fiat, era ancora una ragazzina. Non era ancora globale come oggi, ma era all’avanguardia delle competenze tecniche. E poteva permettersi di osare.

La S76 fu realizzata espressamente per battere il record di velocità sulla terra. Per provare a raggiungere i 300 km/h. Infatti fu ribattezzata “300 HP Record” o più comunemente la “Bestia di Torino”. Per la precisione, di cavalli ne aveva 290, un’enormità per l’epoca. Praticamente un motore con le ruote, più o meno come tutte le vetture di quell’epoca pionieristica. Un motore da ben 28.353 cc di cilindrata… Come dieci motori attuali di vetture “premium”. Immenso. Tra l’altro con soli 4 cilindri in linea, quindi un motore “altissimo” come potete vedere nelle foto d’epoca. Ma un 4 cilindri con 4 valvole e 3 candele per cilindro, una novità tecnologica tutt’altro che trascurabile per l’epoca. Su una vettura che, in fondo, era decisamente compatta (3,75 metri di lunghezza) e non pesava nemmeno tanto… solo 1650 kg.

Se escludiamo il motore, il resto della vettura era abbastanza convenzionale per l’epoca, ovvero sospensioni ad assale rigido con balestre, cambio a 4 rapporti e trasmissione a catena. Nella convinzione che un’automobile fosse essenzialmente il motore. E che tutto il resto servisse solo per trasportarlo. Infatti, credo che per i piloti di allora l’esperienza vera, quella da far tremare i polsi, quella da “uomini veri” non fosse solo mettere l’acceleratore a fondo per raggiungere la velocità massima. Quanto piuttosto riuscire a tenerlo dritto, questo mostro. Su quelle ruotine…

Ci furono diversi tentativi di record. Il primo avvenne nel 1911 sulla spiaggia (sì, la spiaggia…) di Saltburn-by-the-Sea, in Inghilterra. In quell’occasione la S76 guidata da Pietro Bordino arrivò “solo” a 200 km/h. L’anno dopo il francese Arthur Duray raggiunse i 225 orari sul rettilineo di Ostenda, non riuscendo però a farsi omologare il record a causa di un’irregolarità della registrazione. Ci riprovò nell’aprile, sempre del 1912, a Long Island quando percorse un miglio lanciato toccando la velocità massima di 290 km/h. E la “Bestia di Torino” entrò nella Storia.

Ora quel pezzo di Storia è stato richiamato in vita. Bisogna segnalare che i prototipi costruiti di S76 furono solo due, uno dei quali fu addirittura smontato completamente per evitare che ne fossero carpiti i segreti. L’altro sparì dopo la guerra del ’15-’18, si dice in Australia. Sta di fatto che un gruppo di appassionati guidati da Duncan Pittway l’ha ritrovato, rispolverato e rimesso in funzione. E più di cent’anni dopo l’ha fatto riemergere dall’oblio. Credo che ne valesse davvero la pena…

Il video che sintetizza, passo dopo passo, i momenti del restauro e della ricostruzione, fino alla prima rumorosissima messa in moto, è semplicemente fantastico. Guardatelo. Trasuda passione… emozione… storia… competenze… Trasmette ancora quel meraviglioso spirito di sfida che animava quei progettisti, quei meccanici. E ci insegna quanto la Storia sia importante. Sempre. Per continuare a crescere.

Fortunati saranno coloro che assisteranno in giugno al Festival di Goodwood, perché là la “Bestia” tornerà a ruggire. E, sono sicuro, sarà molto emozionante.

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