L’auto che non “tira” più come una volta

Giorni fa, a Terni, all’ora dello struscio, ho trovato parcheggiate, quasi dentro corso Tacito e a poche decine di metri tra loro, due Maserati Quattroporte, una Lamborghini Aventador e un’Aston Martin Vanquish. Più o meno un milione di euro – giochetto elettronico in più, giochetto elettronico in meno – poggiato su gomme.

La loro contemporanea presenza è stata sicuramente dovuta al caso. Ma al caso non è da addebitarsi il fatto che sono passate totalmente inosservate.

In altri tempi, in quelli passati che non conoscevano ancora la parola crisi, sarebbero state come la Nutella per i bambini: in pochi secondi, cioè, avrebbero attratto attorno a loro decine e decine di golosi. E invece sono rimaste lì, solitarie, parcheggiate tra l’indifferenza generale di tutti i passanti. Quasi fossero una qualsiasi sporca, vecchia e scassata utilitaria.

Per chi ha vissuto almeno un pizzico del benessere che c’era prima che l’Italia cominciasse a viaggiare in retromarcia, fatti come questo – seppur superficiali che siano – non possono non far riflettere.

Al di là della considerazione che un episodio del genere possa definirsi un bene o un male per la società (non vogliamo affrontare ora un dibattito sui massimi sistemi del consumismo) ci sono delle domande da porsi.

E’ possibile che 7 anni ininterrotti di crisi economica ci abbiano cambiato così profondamente da mutare anche comportamenti considerati, da sempre, naturali? Possibile che una bella fuoriserie fiammante non faccia più girare la testa?

Evidentemente sì. E la motivazione, forse, è semplice da individuare.

La bella e potente auto, prima, era considerata uno status symbol. Ma oggi che sono cambiati gli status, evidentemente, sono cambiati anche i symbol di riferimento.

Per questo una bella autovettura non attrae più come una volta. E spesso, neppure i ragazzini più giovani. Quest’ultimi, tra l’altro, in passato sognavano tutti di guidare la macchina bella e potente perché sapevano che, se non potevano averla subito, potevano comunque realizzare rapidamente una parte del loro desiderio. Compiuti i 18 anni e trovato un lavoretto, potevano, infatti, quantomeno comprare una vettura piccola e apportare mille modifiche meccaniche ed estetiche. E potevano andarci in giro senza crucciarsi più di tanto di problemi come pagare la benzina o sostenerne il mantenimento generale.

Ma oggi che il lavoro per molti è diventato un miraggio, neppure i giovani possono sognare. Perché, al massimo, raggiunta la maggiore età, riescono a conquistare una bella bicicletta. O, nel migliore dei casi, un ciclomotore, quasi sempre regalato.

I riflessi di tutto ciò si notano sull’economia del nostro Paese. Meno appeal delle auto, significa meno auto vendute. Significa meno concessionarie; meno indotto per il settore dell’auto; e, quindi ,ulteriore lavoro in meno. E non è solo un problema delle automobili.

Se ci guardiamo attorno, infatti, scopriamo che sono tantissimi gli status symbol che hanno perso il loro status di symbol. Gli orologi di gran marca, le scarpe di gran classe, gli abiti firmati. Per non parlare degli oggetti di alta oreficeria. Aggiungiamoci, poi, i ristoranti rinomati e i grandi hotel delle riviere. Perfino le professioni non costituiscono più uno status symbol. L’impiegato di banca, il giornalista, l’alto professionista, per esempio, sono sempre di meno coloro che lo vogliono più fare (ce lo ricordano puntualmente, ormai, tutte le indagini statistiche), tanti sono i precari e i disoccupati in queste categorie. L’imprenditore è considerato alla stregua di un Don Chisciotte che vuole misurarsi con i mulini agitati dal vento di un fisco sempre più iniquo. E, sempre per colpa della disoccupazione dilagante, stiamo addirittura arrivando al punto che ti devi vergognare di dire a qualcuno che hai un contratto a tempo indeterminato (se hai ovviamente la fortuna di averlo ancora…).

Ma se l’auto e tutto il resto che tanto amavamo non sono più gli status symbol per eccellenza, chi o cosa ha preso i loro posto?

Lo smartphone o il tablet, perché sono al top del design e della tecnologia del momento e perché, nonostante le mille difficolta, sono bene o male sempre raggiungibili?

In parte sì e in parte no. Nel senso che questi prodotti dell’elettronica possono essere considerati a pieno titolo dei symbol, ma non denotano, in verità, appieno lo status.

Oggi lo status da ammirare, da invidiare e da ambire, invece, sembra essere costituito da quello che questi telefonini e computerini hanno dentro: il software. Ovvero, il programmino all’avanguardia capace di fare quello che altri ancora non fanno. Il programmino che solo tu e pochi altri sanno reperire in rete, scaricare e installare. E che se tutto questo riesci a farlo gratis ti fa essere considerato anche un gran figo.

Il programmino, insomma, che quando accendi lo smartphone o il tablet attira i golosi proprio come la Nutella. Il programmino che, a volte, oltre a divertire, magari ti aiuta anche ad affrontare al meglio la vita di oggi.

Una vita, però, che spesso è vuota. Addirittura più vuota di quella di chi un tempo veniva ancora attirato dalle belle auto. Ma d’altronde cos’è un vero status symbol se non proprio qualcosa di vuoto?

Il problema, semmai, è nell’equazione che ora nasce utilizzando come comune denominatore proprio le due parole che lo definiscono: se infatti un’automobile non è più status symbol perché, pur essendo rimasto nella sua sostanza il symbol (cioè l’auto), è cambiato radicalmente lo status; qual è davvero, oggi, il nostro status da ambire se il symbol è diventato un semplice e impalpabile software?

3 commenti
  1. lucapaz
    lucapaz dice:

    Status e symbol si sono separati….allontanati. Per chi ha lo status il symbol può essere diventato un problema, vedi parcheggi, accertamenti fiscali, limiti di velocità.

  2. Mister X
    Mister X dice:

    Ma sognare una bella auto non costa niente. Forse la pubblicita non e’ piu’ capace di far desiderare un auto e certamente i giovani oggi sono piu’ pragmatici

  3. Autologia
    Autologia dice:

    questo è un dibattito aperto: è vero che i giovani amano più gli smart phone che le automobili, o più semplicemente hanno rinunciato all’auto perché sanno che non se la possono permettere?

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