L’Italia non è un paese per auto

L’Italia non è un paese per auto. Lo si era capito da tempo. Salta all’occhio, però, quando si decide di andarsene in giro per un week end o una vacanza. Comunque sia, son problemi. Economici e logistici. Cominciamo con una meta classica, Venezia. Chiaro che mica si può andare in piazza San Marco in auto, tantomeno nelle calli. Qui il problema è nautico, non a quattro ruote. Per mollare l’auto ci sono parcheggi attrezzati, piazzale Roma, Tronchetto, tanto per citarne un paio. Ebbene, il costo di parcheggio è fuori di logica, non si possono spendere 25 euro al giorno solo per tenere l’auto ferma! Visto che i posti disponibili sono migliaia, moltiplicate per i 25 quotidiani e poi vedete che bella cifra ci esce. E di questi soldi che ne fanno? Intanto a Venezia non devono asfaltare le strade, non devono mettere rotatorie e dossi, niente semafori o guard rail. Al massimo qualche autovelox sul tratto che la collega a terra e anche qui soldi a palate per l’amministrazione. Alla fine se decidi di andare in auto a farti un paio di giorni, devi mettere in conto benzina, autostrada, parcheggio e forse una multa perché hai sforato di qualche chilometro all’ora. Prendi il treno ti senti dire. Vero, ma se abito in un posto dove per andare a Venezia devo cambiare almeno due treni, sperare nelle coincidenze etc, per fare 250 km finisce che impiego 6 ore… Altra meta nota, Firenze. Qui il gioco diventa pesante. I lungarni trafficati e bloccati da ZTL impietose, parcheggi rari e costosi. Se poi trovi un hotel appena fuori dal centro, la mazzata è garantita. Altri 25 euro al giorno di sosta da aggiungere a quelli per la stanza. Esempio banale, Hotel Best Western da 145 euro a notte più 25 di sosta auto. Hotel Eastin Bangkok, 5 stelle, piscina, sauna e parcheggio gratis a disposizione, 88 euro a notte. Non è la cifra, visto il cambio, ma il concetto che l’auto accompagna il viaggiatore e non deve pagare come se fosse un terzo letto aggiunto in camera! E anche qui, a Firenze, fra parcheggi, soste vietate, ZTL e amenità varie, il rischio di pagare un canone eccessivo ci sta tutto: due giorni di sosta, 50 euro, viaggio benzina e autostrada, altri 110 euro minimo sperando di non beccare una multa per essersi infilati in un vicolo alla ricerca dell’albergo. Estate è tempo di vacanze e allora, pur non essendo obbligati a viaggiare in auto, non si vuole rinunciare a quel senso di libertà e autonomia che le 4 ruote concedono. Si riparte, destinazione Puglia. E qui le mazzate son pesanti: per arrivare alla prima uscita utile per il Gargano 55 euro di autostrada, che al ritorno porta il totale a 110 (oltre 200 mila lire di una volta tanto per capirci…) poi il carburante. Uno scandalo. A Pescara distributore Q8 gasolio a 1,68 euro quando fuori si va da 1,30 a 1,33. Sono 36 centesimi al litro, ovvero 720 lire di differenza che il gestore giustifica con le accise regionali ma soprattutto col “pizzo” che devi pagare al gestore dell’autostrada. Ebbene sì, i distributori nella rete autostradale ricaricano sul cittadino il canone che pagano per gestire l’impianto e se l’impianto è magari proprietà della società autostradale, il ricarico serve a portare in alto gli utili che gli aumenti dei pedaggi hanno già fatto schizzare alle stelle. Alzi la mano chi di voi ogni anno va dal suo datore di lavoro e gli chiede un aumento dal 3 al 7 per cento pur non lavorando di più, anzi riducendo i servizi, perché devi comprarti il TV nuovo o devi tinteggiare casa o vuoi andare in vacanza alle Maldive. In una azienda normale il datore di lavoro ti accompagna alla porta e se va bene ti ringrazia anche, ma ti sbatte fuori a calci nel culo. In Italia no, i signori delle autostrade chiedono aumenti e il ministro competente si dichiara contento per il popolo perché invece del 10 per cento ha concesso solo il 7! Se poi leggi fra le righe, scopri che negli ultimi cinque anni il consumo di carburante acquistato in autostrada è calato del 57 per cento a fronte di una diminuzione del traffico di oltre il 40. Ebbene, chiedono l’aumento per compensare il calo di traffico. Ma scusate, il rischio di impresa di questa gente qui dove sta? E ora invece che abbassare i prezzi minacciano la chiusura di 30 distributori sul territorio. Bravi, ottimo servizio: me la fate pagare più cara al litro, mi fate pagare il pedaggio con aumenti tutti gli anni o sei mesi, a seconda di come vi tira il cervello, e poi chiudete e lasciate a casa i dipendenti. E questo fa capire perché sulla Brebemi, o la TEEM milanese o la pedemontana, con pedaggi carissimi e servizio inesistente, non si vede l’ombra di una stazione di servizio, di un distributore o di uno schifo di posto dove fermarsi a fare pipì. Però paghi caro il pedaggio, solo perché calpesti il sacro suolo nazionale. E dopo aver smoccolato per i costi, ecco il tutor o gli autovelox in agguato, strade larghe a tre corsie, limiti di 50-70 orari con i tir attaccati al culo che ti lampeggiano e quindi o acceleri e becchi multa o becchi il tir nelle costole. Certo, in una nazione dove l’auto e la sua tassazione rappresenta il 17 per cento delle entrate, capisci che si sono tutti concentrati nel massacrarti appena ti muovi. In un mondo dove gli aerei sono low cost (ditemi voi con 39 euro se con l’auto riesco a fare Milano Bergamo in aereo me ne vado in Turchia e ritorno) i treni sono ultraveloci (Frecciarossa 1000 ad esempio) io che voglio muovermi in auto, nonostante le strade larghe, nonostante la sicurezza delle vetture di oggi, debba andare sempre più piano, pagare sempre più caro ed essere vessato sempre di più. Manca una politica e lo sapevamo, ma il problema è che fino a quando tutti allegramente in colonna fermi si maledice questo andazzo, ma non si prende la decisione di bloccare gli accessi, rifiutarsi di pagare questi pedaggi e carburanti che sanno tanto di tangente (se non paghi non passi) e pure per tenerla ferma in garage sei costretto a mettere mano al portafogli, ebbene non se ne uscirà più. E in un mondo che va sempre più di corsa, resta la delusione che solo l’auto va a rilento. E costa più cara.

1 commento
  1. Claudio Soranzo
    Claudio Soranzo dice:

    Bravo Paolo, tutte cose sacrosante! Purtroppo mi era sfuggito il tuo articolo e l’ho letto solo ora, grazie al link della’rticolo del prode Alfio. Vorrei aggiungere ai tuoi…disagi anche il tratto appenninico dell’A1, anche se ora, dopo vent’anni di minima sicurezza, hanno aperto finalmente la variante. Bisognerebbe escogitare qualche azione seria di protesta per mettere alle strette i “cultori” dell’aumento facile e far sì che non possano più farli, o almeno limitarsi. Bisognerebbe essere uniti, a cominciare da noi automobilisti “frequently traveller” per estendere a tutta la popolazione sulle 4 ruote, ma mi rimangono i dubbi su una protesta di massa fintanto che vedo – per esempio – file lunghissime ai caselli per pagare in contanti o tessere varie (il telepass è una delle migliori invenzioni del secolo scorso – anche se ora costa qualche decimo di euro in più, ma sempre per tutte le tasche), invece di filare via col supporto elettronico; oppure i 10 chilometri di fila costante (con lunghe fermate) sulla parte teminale della A4, in pieno agosto per diversi giorni per andare in Croazia, sotto il sole cocente (con la protezione civile che porta le bottigliette d’acqua per non far disidratare soprattuto i bambini) invece di uscire dall’autostrada a Redipuglia e farsi la bellissima strada costiera triestina, gratis, senza ingorghi e in tutta tranquillità. Senza contare della vignetta slovena che nella maggioranza dei casi non serve, basta passare sotto l’autostrada e percorrere le statali o regionali, alle volte parallele, dalle quali “ammiri” quelli che pagano, in fila in autostrada. Finchè ci saranno questo tipo di automobilisti (lascio a te il termine più appropriato per classificarli), sarà veramnete dura ottenere qualcosa di meglio. Intanto pensiamoci su!
    Buon anno a tutti!

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