Marchionne cerca marito per FCA

Sabato 23 maggio il New York Times ha pubblicato un interessantissimo articolo che racconta le azioni che Sergio Marchionne, CEO di Fiat Chrysler Automobiles, sta portando avanti per trovare un marito alla sua Azienda. Lo vuole fare perché ha più volte dichiarato che in un futuro non troppo lontano sarà vitale unirsi fra grandi aziende per dividere i costi e poter così sopravvivere. Riportiamo qua sotto quanto scritto dal prestigioso giornale americano

A metà del mese di marzo, Mary Barra, l’amministratore delegato di General Motors, ha ricevuto una e-mail lunga ed insolita da uno dei suoi concorrenti diretti, Sergio Marchionne.
Barra non aveva mai incontrato Marchionne e non poteva neanche immaginarsi che al loro primo contatto avrebbero discusso di un’offerta di fusione fra le due big dell’auto americane.
L’e-mail di Marchionne, molto dettagliata, in poche parole, voleva dimostrare come le case automobilistiche abbiano necessità per sopravvivere di fondersi per creare una superpotenza in grado di risparmiare denaro tagliando miliardi di dollari in costi.

La proposta non ha interessato ne Mary Barra ne gli altri dirigenti o consiglieri della GM. Quindi la richiesta di Marchionne per un incontro sul tema è stato categoricamente rifiutata.

Marchionne, tuttavia, non si dato per vinto e in un incontro con gli analisti finanziari ha ribadito la sua teoria dedicando l’intero suo intervento ad un appello alle case automobilistiche affinché si uniscano

Non capita spesso che un CEO annunci al mondo che la sua azienda è desiderosa di trovare un partner con cui fondersi. Qualcuno potrebbe interpretarlo come un segno di debolezza e infatti le azioni di FCA hanno perso il 10 per cento nei due giorni successivi.

Marchionne è stato molto abile a fondere due case automobilistiche in difficoltà, creando il settimo più grande costruttore automobilistico del mondo. Le vendite di FCA negli Stati Uniti sono raddoppiate dal 2009. Ma ha venduto ancora solo 4,6 milioni di auto in tutto il mondo nel 2014, circa la metà di concorrenti come GM e Volkswagen.

Il buon andamento dei suoi marchi di successo, come Jeep e Ram, non compensano il fatto che in generale guadagni meno dei suoi rivali; in Cina – il più grande mercato automobilistico del mondo – è in forte ritardo e ha investito poco nella ricerca per realizzare veicoli a combustibile alternativo che saranno fondamentali per soddisfare le prossime regole federali più severe sul risparmio di carburante.
Marchionne dice di avere un piano dettagliato per migliorare le prestazioni del FCA, ma la sua ossessione attuale sembra quella di giocare ad essere la “Cassandra” del settore automobilistico mondiale, annunciando conseguenze disastrose se continueranno a spendere senza sosta.

Ma Marchionne ha altri problemi immediati. Ha irritato l’Amministrazione nazionale Highway Traffic Safety difendendo FCA a proposito di problemi di sicurezza per i modelli Jeep più vecchi. N.H.T.S.A. proprio la settimana scorsa ha fissato un’udienza per esaminare il problema. Inoltre ha un duro confronto con i leader sindacali per le trattative contrattuali in corso a causa delle assunzioni esagerate in FCA di lavoratori a basso reddito. Unico tra i capi delle aziende automobilistiche vuole porre fine all’attuale sistema che prevede due livelli salariali.

Marchionne non sembra un tipico dirigente d’azienda. La sua uniforme è un maglione nero sopra una camicia button-down con pantaloni neri, ed è evidente che non ha tempo per trovare una spazzola per capelli. Anche se è vietato fumare si accende una Marlboro dopo l’altra.
Nato a Chieti, Italia, una piccola città sul mare Adriatico, si è trasferito in Canada con la sua famiglia da adolescente. Ha conseguito una laurea in filosofia, diritto e economia aziendale prima di entrare in uno studio commercialista a 30 anni. Successivamente ha trascorso gran parte della sua carriera in posti direttivi in ​​poco conosciute aziende chimiche e industriali canadesi ed europee. Era un oscuro membro del Consiglio Fiat quando la famiglia Agnelli, che controlla la casa automobilistica italiana, lo scelse per invertire il suo lungo declino. Si è mosso in fretta appiattendo la burocrazia aziendale, eliminando i modelli poco venduti e cercando di soddisfare la domanda del mercato, ha anche promosso una cultura imprenditoriale in cui i dirigenti hanno avuto ampia libertà per raggiungere gli obiettivi interni.

Ha intravisto un’opportunità quattro anni fa, quando ha approfittato della precaria situazione finanziaria di Chrysler per negoziare un contratto favorevole con il sindacato United Automobile Workersche che gli ha permesso di assumere nuovi lavoratori pagati solo circa 19 dollari l’ora rispetto ai 28 dei dipendenti veterani. Oggi, oltre il 40 per cento dei 36.000 operai americani guadagnano un salario entry-level, rispetto a quello che accade nelle aziende concorrenti: circa il 20 per cento a GM e il 27 per cento a Ford.

Egli ha anche riorganizzato Chrysler, sostituendo dirigenti veterani con una squadra di giovani manager. “Lui ha creato un ambiente che io chiamo a “pentola a pressione” – ha detto Bernardo Bertoldi, un professore di business presso l’Università degli Studi di Torino in Italia, che ha contribuito a scrivere uno studio recente di Harvard Business School su Marchionne. “Egli indica gli obiettivi e dà loro la libertà, ma la pressione è sul raggiungimento dei risultati.”

Dopo anni di mal funzionamento sotto la proprietà della casa automobilistica tedesca Daimler prima e della società di private equity Cerberus Capital Management dopo, Chrysler è decollata dopo l’unione con Fiat: la nuova società ha raddoppiato il fatturato, raggiungendo 109 miliardi dollari l’anno scorso. E dopo aver assorbito le perdite e restituito più di 5 miliardi di dollari in prestiti avuti dai contribuenti americani, FCA è diventato solida e redditizia, riportando 717 milioni dollari in proventi netti nel 2014, con la maggior parte delle sue entrate provenienti da Chrysler.

La rinascita di Chrysler si è imperniata sulla razionalizzazione della base produttiva e investendo risorse sui suoi marchi più forti, in particolare Jeep, che ha un’immagine in USA come il più robusto ed elegante SUV americano e un appeil in tutto il mondo che risale alla seconda guerra mondiale.
Fiat Chrysler ha aperto nuovi stabilimenti in Italia e in Brasile per accelerare le vendite Jeep nei mercati internazionali, e una fabbrica cinese venuta dopo. L’anno scorso, FCA ha venduto circa un milione di Jeep a livello globale. Marchionne vuole raggiungere 1,9 milioni nel 2018, e il successo del marchio sarà fondamentale per i risultati complessivi dell’azienda.

“Non si può fare a meno di essere colpiti da quello che Sergio ha fatto finora”, ha detto David Cole, ex presidente del Center for Automotive Research di Ann Arbor, Michigan. “Ma la questione è se può raggiungere il tipo di livello necessario per stare al passo con le case automobilistiche grandi il doppio di lui. ”

Se tutti i suoi obiettivi di crescita saranno raggiunti, Marchionne si aspetta che Fiat Chrysler raggiunga i sette milioni in tre anni. “Quel piano si basa su un mucchio di cose che voglio portare avanti senza problemi”, ha dichiarato, ma ha poi ammesso che gli eventi esterni, quali fluttuazioni dei prezzi del petrolio e recessioni economiche potrebbero affossare queste ambizioni rapidamente. “Se guardo la storia degli ultimi 10 o 20 anni” – ha anche detto – “abbiamo sempre avuto qualcosa che è venuto fuori inatteso che ci ha messo molto, molto a disagio.”

Marchionne potrebbe trovarsi inoltre in una posizione piuttosto scomoda questa estate, quando le aziende automobilistiche di Detroit apriranno le trattative contrattuali con il sindacato UAW. L’ ultimo contratto negoziato risale al 2011, quando le case automobilistiche sono state in grado di imporre il loro volere, perché l’industria automobilistica di Detroit stava appena cominciando a riprendersi dal collasso finanziario dovuto all’ultima recessione. Ora, però, F.C.A. e le altre case si vantano delle loro finanze solide, e i sindacati sono determinati a pretendere di condividere i guadagni. Questo potrebbe significare la fine di un uso senza restrizioni dei lavoratori di livello inferiore, soprattutto per FCA. Una delle priorità del sindacato è quello di far aumentare i salari per lavoratori da poco assunti e, eventualmente, mettere un limite al numero di dipendenti meno pagati.

Marchionne ha sempre rifiutato di commentare pubblicamente la sua ouverture a GM e la mancanza di volontà della signora Barra di incontrarsi con lui a questo proposito. Ma durante il colloquio di follow-up è diventato visibilmente irritato : “Guardate, se avessi voluto vendere, avrei chiamato un banchiere” – ha detto – “non avrei fatto un’analisi sulla remunerazione del capitale investito e sui margini, se non fosse che siamo tutti nella stessa buca.”

Egli sostiene che le case automobilistiche sprecano miliardi per lo sviluppo di nuovi motori, per la sicurezza e per veicoli a combustibile alternativo. L’allarme è stato dato per il bene di tutta l’industria automobilistica e non perché Fiat Chrysler sia più vulnerabile ad un aumento dei costi rispetto ai suoi concorrenti più grandi.
Marchionne ha calcolato che un accordo con una casa automobilistica più grande, come GM, può permettere di risparmiare diversi miliardi di dollari l’anno, condividendo i costi per nuove piattaforme di veicoli e componenti.
Nessun responsabile di altre case ha dichiarato di essere d’accordo con lui, almeno pubblicamente. Scettici analisti di Wall Street che faticano a immaginare pretendenti interessati.

Ford ha dichiarato che non sta guardando a fusioni. La Barra, nei suoi unici commenti pubblici sul tema, ha detto che sarebbe una “distrazione” per GM. Volkswagen si dice che abbia avuto interesse in passato per FCA, ma i suoi manager non hanno affrontato l’argomento a titolo definitivo.

Adam Jonas, analista di Morgan Stanley, ha scritto in una nota agli investitori che le aziende automobilistiche “raramente cercano volentieri partner per una fusione, a meno che siano disperati.” Eppure non ha escluso la possibilità che la posizione di Marchionne potrebbe incoraggiare investitori a spingere un’altra azienda automobilistica a prendere in considerazione una fusione con FCA “Non abbiamo conoscenza di come tutto questo andrà a finire”, ha detto Jonas.
Sin dalla sua apertura ad una possibile fusione, Marchionne ha ampliato la sua discussione sul futuro del settore includendo anche colossi tecnologici come Apple e Google.

Recentemente ha fatto una visita di tre giorni in California per incontrare i dirigenti, tra cui il CEO di Apple, Timothy D. Cook. (Un portavoce di Apple non ha voluto commentare.) Il viaggio ha ha ribadito l’evoluzione dei rapporti tra giganti della tecnologia e case automobilistiche tradizionali. Fiat Chrysler e altre case automobilistiche sono potenzialmente grandi clienti per le comunicazioni avanzate e apparecchiature di navigazione. Ma Google e Apple stanno sviluppando la propria auto, e un giorno potrebbero avere bisogno di fare squadra con grandi case automobilistiche per la fabbricazione o la commercializzazione. Se e quando ciò accadrà, Marchionne sarà desideroso di partecipare.

Per il momento, loda le società come “perturbatori” che aiuteranno a ridefinire come le auto sono sviluppate e gestite, compreso i veicoli autonomi. “Queste cose sono reali”, ha detto ai giornalisti dopo un recente discorso a Toronto. “Non è fantascienza. Stanno arrivando. ”
Che Marchionne esprima entusiasmo per la rovina della sua industria potrebbe essere una sorpresa, pochi credevano che avrebbe potuto salvare una Chrysler in bancarotta con una Fiat in panne e creare una casa automobilistica valida. Ma lo ha fatto. Piaccia o no, la grande impresa Marchionne è riuscito a farla.

1 commento
  1. Autologia
    Autologia dice:

    A compendio dell’articolo riportiamo un’intervista a Dan Ammann, Presidente di GM di Gianluca Pellegrini, direttore di Quattroruote

    “Dan Ammann, presidente della General Motors, è un tipo cauto. Incalzato dalle domande di noi giornalisti, riuniti nella sede della GM Powertrain Europe a Torino (che compie 10 anni), riesce in un’ora a evitare qualsiasi riferimento a FCA. Fa rasette micidiali, giri di parole eleganti, evoluzioni dialettiche per schivare l’interesse dei (pochi) media presenti all’incontro.

    Concentrati sul piano di crescita. La mail spedita da Sergio Marchionne a Mary Barra, buttando là l’ipotesi di un accordo/merger/joint venture? “Well, ho saputo che sarebbe successo qualcosa del genere sul New York Times”. Ok, ma lei pensa che il futuro dell’industria dell’auto sia davvero, come ha detto Marchionne al pubblico degli analisti finanziari, nel consolidamento e nella condivisione della tecnologia? “Io parlo per la GM: noi abbiamo un piano di crescita al quale siamo dedicati al 100%. E credo che ogni Casa debba pensare a svilupparsi in proprio. Certo, anche noi abbiamo collaborazioni tecniche sparse per il mondo: con la Ford per le trasmissioni e con PSA per i motori. Ma si tratta di accordi quasi naturali, per sfruttare al meglio i reciproci know-how”.

    Nessun consolidamento all’orizzonte. Insomma, Ammann, passato da big boss nelle banche d’affari (è stato lungo tempo in Morgan Stanley), non parla, e se parla lo fa con juicio: l’unica cosa chiara è che egli esclude la necessita, per l’azienda da lui diretta, di trovare marito, men che meno FCA. L’unico riferimento, alquanto indiretto, lo fa parlando di risultati finanziari: “Il nostro obiettivo è un utile del 20 per cento sul capitale investito. Negli ultimi due anni siamo riusciti ad ottenere questi livelli”, una frase che sembra una risposta al “le aziende auto bruciano valore” del leader FCA. Al punto che oggi il Corriere della Sera, per penna della sempre ben informata Bianca Carretto, si vede costretto a un’accorata difesa della linea del manager italo-canadese, evocando interviste datate addirittura 2008 e proponendo accostamenti con processi di consolidamento e/o concentrazione in altri settori come il bancario e l’aeronautico (e c’è pure una frecciata alla Lamborghini, che ha deciso di produrre il suo Suv in Emilia, “dopo aver richiesto al governo un aiuto economico, mai cercato da FCA”: e sull’inciso sorvoliamo). In attesa di vedere come va a finire, ci si rallegra per i buoni risultati di GM Powertrain Europe, che dà lavoro a 650 ingegneri e che ieri ha firmato un accordo con il Politecnico di Torino e la Regione Piemonte per realizzare uno spazio dedicato allo sviluppo dei motori all’interno del campus universitario della Cittadella Politecnica.”

    Gian Luca Pellegrini
    Quattroruote.it – 27.05.2015

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