Mercedes: il segreto delle Frecce d’Argento

L’Ospite di Autologia: Enzo Caniatti.

È consuetudine definire le Mercedes-Benz di F1 “Frecce d’Argento”, ma pochi sanno la vera origine di tale appellativo. La storia ci proietta a Berlino nel cuore del Terzo Reich.

Nel periodo 1934-1937, i massimi organi dell’automobilismo sportivo stabilirono per le monoposto da Grand Prix la cosiddetta formula dei 750 kg. In pratica ai progettisti fu lasciata ampia libertà di “creare”, ponendo sostanzialmente solo due vincoli: non superare il peso massimo stabilito e dotare la monoposto di una carrozzeria con larghezza minima di 85 cm. Chissà cosa potrebbero fare gli attuali “maghi” della F1 se potessero godere di una simile libertà.

Già allora tuttavia i geni della meccanica non mancavano. Ma anche in quegli anni realizzare una nuova monoposto da Grand Prix costituiva per la Casa costruttrice un ingente impegno economico. Nella Germania nazista Adolf Hitler, anche se non aveva mai preso la patente, era un grande appassionato di automobili, con una particolare predilezione per le Mercedes.

Il Führer considerava le corse automobilistiche un mezzo ideale per reclamizzare la supremazia tedesca in campo tecnologico, ordinò quindi al Ministero dei Trasporti di sovvenzionare l’industria automobilistica tedesca al fine di realizzare vetture da corsa in grado di imporsi sulla scena mondiale.

I progettisti della Mercedes, capeggiati da Hans Nibel, con Max Wagner responsabile del telaio (e relative sospensioni) e Albert Heess (affiancato da Otto Schilling) incaricato di sviluppare il motore, realizzarono una vettura molto semplice e molto compatta, dotata di un otto cilindri in linea. Il telaio era in profilati di acciaio e alluminio con avantreno a ruote indipendenti e retrotreno De Dion; i freni erano a tamburo di grandi dimensioni con comando idraulico e lo sterzo era a vite senza fine.

Nel 1934, il debutto avvenne sulla pista dell’Avus, nei sobborghi di Berlino, gara in cui la W 25 accusò problemi meccanici, mentre in quella successiva, sulla pista del Nurbürgring, Manfred von Brauchitsch, pilota ufficiale, conquistò la vittoria. In questa occasione i commissari sportivi avevano sottoposto, il giorno prima della gara, la W 25 al controllo del peso, risultato di 751 kg, un chilogrammo in più del consentito.

Dopo aver cercato in tutti i modi di ridurlo, ad Alfred Neubauer, direttore sportivo della Mercedes, venne un lampo di genio: fece asportare tutta la vernice bianca dalla carrozzeria in alluminio, rimasta quindi nel colore del metallo leggero, notoriamente simile all’argento. Il peso rientrò così nei limiti dei 750 kg e da quel momento tutte le Mercedes non furono più bianche. La raffica di vittorie che iniziarono a collezionare ovunque furono schierate, finirono per valere loro l’appellativo di Frecce d’Argento.

Quando nel 1938 entrò in vigore un nuovo regolamento, le Mercedes vennero di nuovo verniciate, ovviamente in argento, e continuarono a mietere successi sino a quando, lo scoppio della seconda guerra mondiale, decretò la sospensione di tutte le corse automobilistiche.

Da notare che per progettare la W 25, i tecnici della Mercedes esaminarono a fondo un’Alfa Romeo P3 che il pilota Rudolf Caracciola aveva acquistato in proprio e che aveva poi pesantemente danneggiato a Montecarlo. La Mercedes acquistò il relitto e lo ricostruì perfettamente, utilizzando poi la P3 per una lunga serie di prove su strada e in pista. L’otto cilindri della W 25 era in pratica costituito da due quattro cilindri montati in linea con distribuzione a due alberi a camme e quattro valvole per cilindro; inizialmente la cilindrata era di 3.360 cc ottenuta con alesaggio e corsa di 78 x 88 mm, l’alimentazione era fornita da due carburatori Mercedes-Benz e la sovralimentazione affidata a un compressore volumetrico Roots. La potenza inizialmente era di 354 CV a 5.800 giri.

(Nella foto: Rudolf Caracciola, il pilota “faro” di Mercedes in quegli anni, al Gran Premio di Francia del 1935.)

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