Una “Smart Road” anche in Italia. Ma è proprio necessaria ?

La E45, la strada più stramaledetta dagli italiani, tornerà presto a fare da cavia.
Dopo le sperimentazioni del passato che hanno visto testare proprio su questo tracciato i fondi stradali in cemento e quelli con gli asfalti idrodrenanti, i guard-rail intelligenti, le segnaletiche euroresponsabilmente corrette e perfino il telelaser e il fu temutissimo Provida, adesso scocca l’ora del grande salto: quello nel futuro ipertecnologico.
L’Anas punta a trasformare proprio la E45, nel tratto che va da Orte a Cesena, in una “Smart Road” per sperimentare l’uso e l’applicazione delle tecnologie più all’avanguardia in fatto di connessioni wi-fi in movimento. Un progetto che rientra in un piano pilota più ampio che coinvolge anche altre strade italiane e che, se darà buoni risultati ,potrebbe essere esteso nel giro di pochi anni a tutte le principali arterie del Paese.
Secondo l’azienda delle strade, quindi, a lavori ultimati gli automobilisti avranno a disposizione, su tutto il tracciato della superstrada che va da Orte a Cesena sfiorando Perugia, il segnale di una rete wi-fi. “Anche a velocità autostradali” viene sottolineato dimenticando, però, che il progetto E45 autostrada è comunque per ora abbandonato e i limiti massimi di velocità su questa strada sono, talvolta, fissati a 110 chilometri orari e non a 130 come le autostrade (lapsus o desiderio?).
E – si legge ancora in una nota inviata ai giornali – “il conducente potrà essere informato in tempo reale sulle condizioni dell’arteria e sugli eventuali percorsi alternativi che dovessero rendersi necessari in caso di incidenti, cantieri o chiusure improvvise per maltempo o emergenze”.
Grazie a queste tecnologie il conducente avrà a disposizione pure un servizio di “SOS on board”, “tramite un’app installata sul proprio dispositivo dotata di funzionalità simili alle colonnine SOS, consentendo all’utente di non scendere dal veicolo in caso di emergenza”. Speriamo, però, che si ricordi almeno dell’obbligo di collocare il triangolo d’emergenza…
Il progetto – spiega ancora Anas – “prevede anche un nuovo standard (Dedicated Short Range Communications – Dsrc) che consentirà in un prossimo futuro l’implementazione di servizi innovativi e interattivi di infomobilità, sicurezza e connettività, nell’ottica della gestione intelligente di tutte le infrastrutture stradali e lo sviluppo di servizi orientati al dialogo veicolo-infrastruttura e tra i veicoli stessi”. Annunciata inoltre, la realizzazione di “Green Island” che, oltre a garantire il funzionamento a impatto zero di tanta tecnologia, funzioneranno anche da aree di ricarica (si spera rapida, ma Anas non lo specifica) di veicoli elettrici.
Insomma, lette così sembrano davvero novità futuristiche e da accogliere con trepidazione. Ma… Ma serve davvero tutto ciò alle strade italiane?
Serve una rete “wi-fi on motion” quando ormai un semplice smartphone si collega via etere alle reti iperveloci sia se ci troviamo sulla E45, sia se percorriamo una mulattiera alpina e un abbonamento carico di giga per la navigazione costa come un panino del McDonald’s?
Serve avere un servizio “SOS on board” quando lo stesso smartphone ci permette di chiamare i numeri d’emergenza gratis anche se abbiamo terminato il credito?
Serve affidarsi a una nuova app per avere tutte quelle informazioni che sempre il nostro inseparabile smartphone è in grado di darci, ormai da anni e perfino direttamente sui monitor dell’auto, da decine di altre app e, nel caso dei più moderni iPhone, anche autonomamente non appena ci siamo seduti in auto? E serve far dialogare le infrastrutture con i veicoli quando quest’ultimi stanno sperimentando i sistemi di guida autonoma proprio per non affidarsi solo alle migliori infrastrutture che devono percorrere e valutare invece tutte le variabili possibili nell’uso più elementare e reale urbano, extraurbano di tutto il pianeta?
Non sarebbe stato meglio e più semplice – solo per rimanere in tema di necessità tecnologiche – spendere i soldi, invece, per incrementare il segnale della telefonia mobile nelle zone d’ombra che ancora rimangono? E migliorare, magari, quel pessimo segnale radio che, soprattutto sui tratti appenninici, trasforma anche le migliori autoradio in un grammofono o in un Radio Balilla trivalvole? E perché no, piazzare qualche trasmettitore di radio Dab?
Le domande e i dubbi, insomma, sono tanti e giustificati da un dato di fatto: negli ultimi decenni le strade italiane hanno sempre cercato di viaggiare spedite, ma puntualmente si sono ritrovate superata dai tempi. E, spesso, per colpa di problemi strutturali, più che infrastrutturali.

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