Un altro sogno infranto per il sud

Sembra proprio che una maledizione si sia abbattuta sul nome Isotta Fraschini, ma anche su chi (Gruppi Fca e Audi – con Lamborghini e Ducati – a parte) punti a produrre vetture in Italia.
Chiunque ci mette mano, tentando o di riportare in auge il mitico marchio, come è accaduto in tempi non lontani, o per sfruttare l’ex polo industriale di Gioia Tauro, in Calabria, finisce gambe all’aria o fa un passo indietro.
Ultima in ordine di tempo è la LCV Capital Management che, proprio ieri, ha fatto sapere di ritrattare gli impegni presi con il governo per la realizzazione di un investimento in Italia nel campo automobilistico. La società, che opera nella gestione di capitali attraverso fondi di investimento attivi esclusivamente sul mercato americano, ha stravolto gran parte del piano industriale già annunciato che avrebbe creato, nella sua prima versione, un’occupazione a oltre 1.500 lavoratori.
Il progetto riguardava la produzione di un’autovettura “Made in Italy” rivolta al segmento C del mercato automobilistico europeo, da realizzarsi negli stabilimenti ex Isotta Fraschini a Gioia Tauro ed ex OM di Modugno, in provincia di Bari.
Ne aveva parlato anche Autologia quasi un anno fa: (https://autologia.net/sta-per-nascere-un-nuovo-brand-e-una-nuova-auto-made-in-italy/)
Ad andarci di mezzo, purtroppo, è chi ci ha creduto, cioè l’anello più debole della catena: i lavoratori. Il piano, infatti, prevedeva, un finanziamento da parte di Invitalia per oltre 63 milioni di euro tra contributi agevolati e a fondo perduto, avrebbe occupato a regime 888 persone a Gioia Tauro e 636 a Modugno, in aggiunta ai 114 previsti per la Holding facente capo alla società Tua Autowork appositamente costituita.
I lavoratori interessati al progetto originario vivono da anni una situazione drammatica, gran parte di loro sono stati già licenziati per la chiusura delle precedenti società e per 190 dipendenti della ex OM Modugno scadrà a giugno la mobilità in deroga.
In alternativa nessun nuovo piano è stato presentato, ma solo generiche ipotesi di decentramento della produzione in altre aziende italiane.
Peccato, l’Italia ha bisogno di “diversificare” anche nel campo automobilistico, ma attirare investimenti di colossi risulta essere estremamente difficile per varie ragioni, in primis fiscalità e burocrazia.

2 commenti
  1. Filippo Zanoni
    FILIPPO ZANONI dice:

    Il progetto di Rossignolo non stava in piedi tecnicamente, sarebbe bastato fare esaminare il dossier da un bel pool di ingegneri specializzati. E come pensate che andrà a finire il “recupero” dello stabilimento di Termini Imerese? A me stupisce una cosa: è noto che Tesla sta cercando di realizzare uno stabilimento in Europa. In Francia e in Germania si sono mossi. Noi in Italia no. Come mai?

  2. Autologia
    Autologia dice:

    Riccardo Bellumori ha commentato il tuo aggiornamento su Linkedin
    “Direi che le premesse dell’aria fritta furono fin dal momento dell’annuncio dell’iniziativa, se non sbaglio promossa da un gruppo americano? Io, senza voler accendere polemiche e sapendo bene quello che dico, mi vergogno di più nel pensare che se fossero vere le notizie circa il fatto che il prototipo della “Deauville” (progetto finanziato dalla UE) di Rossignolo – ex grande amico e socio di Malvino – sarebbe stato fatto davvero sulla base di telaio e brevetti della vecchia “Fissore Magnum (di proprietà di Malvino, ex capitano della vergognosa iniziativa su Isotta Fraschini del 1990) …beh, là si che ci sarebbe da scandalizzarsi. Come si possono elargire fondi pubblici così, sul niente?”

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