Via col vento

Impatto a velocità “bassa”, con angolo favorevole. Pochi danni visibili sulla vettura. Un incidente apparentemente come tanti, anche se non c’è una testimonianza video, o almeno non ce la fanno vedere. Una “toccata” comunque apparentemente molto simile a quelle che accadono tutti gli anni contro il “muro dei campioni” di Montreal, dopo la chicane che immette al traguardo. Eppure è un incidente anomalo. Inconsueto. Tanto banale quanto incomprensibile. Ancora più incomprensibile perché avvenuto (sembra) intorno ai 150 km/h, in una curva lunga ma “tranquilla”, percorsa normalmente a velocità decisamente superiori.

Una nuvola misteriosa avvolge la ricostruzione dell’incidente di Alonso alla curva 3 di Barcellona. Ma anche il ricovero del pilota, peraltro doveroso, secondo prassi, perché la botta c’è stata. I controlli dei sanitari, giusti, di routine, secondo prassi. La sedazione, magari un po’ meno normale, soprattutto se (come sembra) prolungata, per tranquillizzare un pilota particolarmente agitato. Il tutto mentre le persone coinvolte recitano che “è tutto a posto”. Eppure Fernando Alonso rimane ricoverato. In terapia intensiva. Da domenica pomeriggio. E le dimissioni sono arrivate mercoledì sera. Per cui il ricovero, alla fine, non si può certo dire che sia stato solamente “formale”…

E se parliamo della vettura… Tracce di frenata, violenta o, forse meglio, brusca. Una frenata che sembra asimmetrica con bloccaggio della ruota interna. Ma attenzione che in curva è sempre la ruota interna che blocca per prima, perché più scarica… Una frenata comunque testimonianza di un pilota in forze. Magari spaventato da qualcosa di inatteso. Ma comunque apparentemente in forze. Nessun malore mentre guidava, quindi, come ha ventilato qualcuno. Forse. O forse un’estrema reazione mentre sopraggiunge qualcosa…

Una vettura che (sembra) non ha scodato. Un pilota che non reagisce con alcuna correzione di sterzo. Se non uno scarto sorprendente verso destra. Uno solo. Verso l’interno della curva. Verso il muro, non verso l’enorme spazio di fuga all’esterno. Come se ci sia stata una “perturbazione” anomala e violenta da spingere la vettura “in dentro”. Doppiamente anomala, perché Alonso stava andando “piano”. Triplamente anomala perché un “due-volte-campione-del-mondo” come Alonso non è stato in grado di gestirla.

Una reazione plausibile in caso di guasto tecnico. Forse. Ma se per esempio si rompe l’ala anteriore, si va dritti per la tangente, non all’interno. Se si rompe una sospensione o un tirante sterzo, il moto della vettura non è mai così “lineare”. E invece qui, a parte lo scarto a destra, poi la vettura è andata dritta. In frenata. E ha colpito il muro con la ruota posteriore (e poi quella anteriore) strisciandoci poi contro con la fiancata.

L’urto è stato comunque forte, anche se Alonso andava “piano”. Perché il muro era comunque lì, abbastanza vicino. E i “g” di decelerazione massima, quando si va a sbattere contro un muro, sono comunque tanti. Sicuramente tali da superare la soglia di taratura del sensore FIA, quindi più di 15 g. Che non dicono ancora nulla se non associati al tempo in cui si è verificata una simile sollecitazione.

L’angolo di impatto è minimo. Non male, almeno secondo quanto dice la teoria che governa il fenomeno del crash. Non è di certo un impatto frontale. La vettura non si “ammucchia” contro il muro. E infatti la Mc Laren regge molto bene, riportando pochissimi danni (sembra solo il cerchio posteriore destro rotto). Come quasi sempre capita in impatti di quel tipo, “leggeri”. Dai quali, di solito, il pilota si sgancia le cinture, sfila il volante e salta fuori dalla vettura con un balzo. Come se niente fosse. Quasi sempre, ma non stavolta. Come se le sollecitazioni del crash non siano state per nulla assorbite dalle sospensioni (rimaste intatte) ma trasferite in toto al pilota.

Certo che rimane comunque piuttosto difficile giustificare un ricovero così lungo dopo un impatto così apparentemente “normale”. E soprattutto un riserbo così stretto non solo sulle condizioni del pilota, che magari sarebbe anche logico in termini di privacy. Ma anche e soprattutto dal punto di vista tecnico.

Quindi… impatto a velocità “bassa”, con angolo favorevole, pochi danni sulla vettura, un incidente apparentemente come tanti, anche se non si capisce come sia potuto accadere… Ma soprattutto pilota che non si muove. Non esce dall’abitacolo. I soccorritori che parlano di perdita dei sensi. I tecnici Mc Laren che parlano di silenzio in cuffia.

E da qui la nuvola densa che avvolge questo evento anomalo diventa ancora più misteriosa. Il recupero della vettura e dei pezzi rotti dentro casse sigillate con la scritta “under investigation” sono indicatore chiaro della delicatezza e dell’accuratezza tipici del “qualcosa è andato storto”. Quando c’è qualcosa da scoprire e magari anche da coprire.

E poi silenzio di team e organi ufficiali. Durato due giorni. Un silenzio accompagnato da mille ipotesi, più o meno fantasiose, sul cosa sia successo. Interrotto solo l’altro ieri da una dichiarazione ufficiale di McLaren, che propone una ricostruzione “curiosa” dell’incidente tentando di riportarlo alla normalità. Un banale, seppure forte, colpo di vento laterale che ha scomposto la vettura. Di fatto, un comunicato che conferma tutte le perplessità che stanno attanagliando le persone con un minimo di buonsenso, prima ancora che competenti.

Ho evitato di commentare finora. Proprio perché lo ritengo un incidente estremamente anomalo, che potrebbe anche nascondere situazioni particolarmente delicate. Potrei anch’io esprimere delle ipotesi ma non essendo presente al momento dell’incidente e non avendo accesso a nessun dato della vettura, preferisco astenermi elencando solo i fatti come sembrano essere accaduti.

Ora però, dopo aver letto il comunicato ufficiale della McLaren, una cosa la devo dire. Cortesemente, non si parli di colpo di vento. Un colpo di vento, per quanto forte, produce un impulso di imbardata sulla vettura andando ad alterare la sua traiettoria.

Per prima cosa, la deviazione laterale che una vettura subisce per effetto di una raffica di vento dipende dalle velocità in gioco: quella del vento e quella della vettura. Maggiori sono le velocità in gioco e maggiore è la sollecitazione applicata e, di conseguenza, la deviazione laterale imposta alla vettura. Le due velocità, tuttavia, interagiscono,  andando ad alterare il “margine di stabilità” della vettura. Ovvero, basta una raffica contenuta per “intraversare” una vettura lanciata ad alta velocità. Ma se il pilota va piano, per rendere instabile la vettura ovvero per ottenere la stessa deviazione laterale il vento deve essere molto più forte.

Detto questo, dobbiamo comunque considerare che il pilota, prima o poi, correggerà la traiettoria della vettura modificata dalla raffica di vento. Il “prima o poi” tiene conto di tre ritardi. Un primo “ritardo di elaborazione”, ovvero il tempo necessario per elaborare i segnali provenienti dalla vettura e decidere la correzione da applicare, che dipende dalla “qualità” di chi guida, differenziando ovviamente il guidatore di tutti i giorni dal pilota professionista. Un secondo “ritardo neuromuscolare”, ovvero il tempo che intercorre tra la decisione e l’esecuzione del comando. Infine un “ritardo di attuazione” inteso come il tempo necessario per impartire la correzione dovuta.

Bene… visto che lo scarto laterale dell’assale anteriore della vettura sembra essere stato piuttosto evidente e che sembra assodato che la vettura andasse relativamente piano per essere una F1, ci sono solo due possibilità. O il vento si è scatenato con una raffica tremenda proprio quando Alonso è passato alla curva 3 (e non c’era più quando, un paio di secondi dopo, è passato Vettel). Oppure Alonso si è fatto trovare impreparato alla sollecitazione del vento. Oppure un mix delle due possibilità precedenti.

Nel primo caso, però, se davvero la McLaren di Alonso è stata così sensibile alla raffica di vento laterale, d’ora in poi occorrerà valutare con molta attenzione se e quando far scendere le vetture in pista in giornate ventose. E sarebbe una fortunata casualità che nella giornata di domenica così tremendamente ventosa, solo una vettura abbia avuto problemi di stabilità.

Parlando invece di tempi di reazione, la letteratura scientifica considera che la somma dei ritardi prima descritti sia compresa tra 0,08 sec e 0,7 sec, discriminando, come dicevo prima, tra piloti professionisti e allenati e guidatori “della domenica”. Se la vettura viaggiava intorno ai 150 km/h, considerando il caso peggiore, dopo 0,7 sec aveva percorso meno di 30 metri. Obiettivamente non troppi, in quel punto del circuito, per non riuscire a riportare la vettura nella traiettoria corretta prima di finire fuori pista. E stiamo parlando di 7 decimi di secondo prima di correggere lo sterzo o frenare… Un’enormità per un pilota di F1 con l’esperienza e la condizione fisica di Alonso.

In conclusione, l’incidente è stato e rimane anomalo e la nuvola di mistero in cui è stato avvolto non contribuisce certamente a dipanare la matassa, scoprendo cos’è veramente successo. I dati in nostro possesso sono davvero pochi, frammentari e incerti. E soprattutto non abbiamo accesso alle immagini video. Ma parlare di instabilità della vettura ad una raffica di vento improvvisa è francamente una stupidaggine, a meno che non sia associato al pressoché totale annebbiamento delle capacità reattive del pilota. Per distrazione. Per improvvisa incapacità. O per un mancamento.

E in nessuno dei tre casi, è un bel segnale. In generale, per come è stato trattato questo incidente da tutto il sistema F1. Dal punto di vista dei rapporti McLaren-Alonso, col team (e anche il procuratore) che scarica la responsabilità al pilota tacciandolo, di fatto, di scarsa lucidità. E nei confronti di Fernando Alonso. E se poi dovesse saltare fuori che il vento non era per nulla tremendo… forse, sarebbe anche peggio.

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