8 MARZO – Le Donne, l’altra metà dell’auto

In rigoroso ordine alfabetico, un omaggio ad alcune delle donne che – spesso in silenzio – hanno contribuito a sviluppare l’antico concetto di automobile, rendendolo decisamente migliore

Almeno in occasione dnella Giornata Internazionale della Donna, è cosa buona e giusta ammettere che il mondo dell’auto è sempre stato il giardino dell’infanzia del popolo maschile. Da quando Dio ha ideato le case e l’uomo i garage, è “roba da maschi” sporcarsi le mani di olio e grasso, smontare marmitte e rimontare pistoni. E le donne? Nell’immaginario collettivo relegate sul sedile a fianco, a ripetere “vai piano” al marito, badando ai bambini più che al resto.

Ma la storia sa bene che non è andata esattamente così, anzi: senza un manipolo di signore e signorine testarde, coraggiose, fantasiose e intraprendenti, oggi l’auto non sarebbe quel che è diventata.

E allora abbiamo voluto citarne qualcuna, per rendere omaggio alle donne – tutte – quelle di allora come quelle di adesso, che gareggiano, guidano, vincono, progettano e dirigono aziende dell’automotive. Semplicemente per dire sorry, ci eravamo sbagliati.

Mary Anderson

È grazie alla sua intuizione, confermata dal brevetto US n. 743.801, se oggi le auto sono dotate di tergicristalli. Accessorio scontato e perfino banale, prima che Mary Anderson ne intuisse la necessità significava scendere dall’auto e con la manina, o uno straccio, togliere acqua, neve e grandine dal parabrezza prima di schiantarsi contro qualche palo. La sua idea, “un dispositivo di detersione dei vetri di auto e altri veicoli”, era una primordiale leva montata all’altezza del volante da azionare manualmente, ideata per caso nel 1903. Da quel momento, Mary proverà inutilmente a proporre il suo brevetto, più volte bollato come “superfluo e inutile”, e malgrado fosse convinta della bontà dell’idea, non riuscirà mai a guadagnarne nulla. In compenso, nel 1922, la Cadillac diventa la prima casa ad adottare i tergicristalli di serie.

Bertha Benz

La leggendaria moglie di Karl Benz, dal 1888 titolare del record per il primo viaggio sulla lunga distanza a bordo di un’auto, più precisamente una Benz Patent-Motorwagen. Caricati a bordo i due figli della coppia, Eugene e Richard, frau Benz intraprende un’epica avventura lunga 106 km, da Mannheim a Pforzheim, per mostrare al mondo l’incredibile invenzione di suo marito Karl. Attraversando strade dove l’asfalto era solo una speranza futura, usando l’etere di petrolio venduto in farmacia come carburante, arriva a destinazione e qualche giorno dopo torna pure indietro da suo marito Karl, fino ad allora depresso come solo gli uomini sanno essere quando i giocattoli che hanno inventato sembrano non piacere a nessuno.

Camille Du Gast

Prima donna a ottenere la patente di guida nel 1897, e prima anche ad essere multata per eccesso di velocità al Bois de Boulogne di Parigi, superando di 3 km/h il limite di 12. È passata alla storia per aver partecipato alla Parigi-Berlino, corsa automobilistica massacrante nella quale Camille mostra al mondo un incredibile carattere e un innegabile talento alla guida, coronato tempo dopo dall’essere la prima donna a ricoprire una posizione apicale nell’allora Ministero dell’Automobilismo.

Wilhelmine Erhardt

Il 3 agosto 1901, manda il suo nome alla storia degli sport automobilistici partecipando ad una gara sulle montagne fra Eisenach e Meiningen, dove sfiora il podio fra lo stupore del pubblico. Era riuscita a coronare un sogno nato nel 1899, quando la Automobilwerk Eisenach”, casa automobilistica diretta dal marito Gustav, aveva avuto un’idea folgorante: organizzare un’uscita di tutti i veicoli prodotti. Fra le quattro vetture che quel giorno avevano sfilato fra due ali di folla c’era anche Wilhelmine, che non aveva più alcuna intenzione di scendere, anzi.

Maria Teresa De Filippis

Napoletana di nobili origini, classe 1926, figlia del ricco proprietario di un’azienda elettrica, a 20 anni sfinisce la famiglia fino a farsi concedere il benestare per il primo “Giro di Sicilia”, ma è costretta al ritiro. Ci riprova iscrivendosi nella categoria Sport, dove vince tutto quel che c’era da vincere fino a spalancarsi da sola le porte di un Gran Premio valido per Mondiale di F1. Soprannominata “La Diavola”, si ritira nel 1959, dopo il dolore per la morte di piloti che erano diventati veri amici come Castellotti, De Portago e Musso. Da allora, secondo la leggenda, non è mai più salita su un’auto.

Simone Louise des Forest

Una vera ‘pasionaria’ del femminismo applicato ai motori passata alla storia per la patente di guida che caparbiamente pretende, diventando una delle prime donne al mondo a potersi sedere legalmente al posto di guida. Non contenta, partecipa a numerose gare, coniando un proprio grido di battaglia che voleva anche essere una chiamata alle armi del popolo femminile: “En voiture, Simone”.

Jutta Kleinschmidt

Se l’automobilismo sportivo è sempre stato un club esclusivo con ingresso riservato ai soli soci maschi, perfino peggio sono le competizioni più dure, da veri “macho”, quelle dove non basta sapere guidare ma servono forza, coraggio, spirito di adattamento e fegato in abbondanza. Jutta Kleinschmidt, tedesca di Colonia, la sua strada l’ha trovata fra la sabbia della Parigi-Dakar. Inizia nel 1988 salendo sul sellino di una BMW, e ci riprova nel 2001 sul più ampio sedile di un Mitsubishi Pajero con cui arriva prima lasciando al secondo in classifica ben due minuti e mezzo di distacco.

Stephanie Kwolek

Chimica statunitense di origini polacche, è passata alla storia per aver inventato il “kevlar”, una super-fibra inedita ad alta resistenza refrattaria alle fiamme e al calore che aveva in mente da tempo, talmente rivoluzionaria da diventare componente indispensabile nell’industria automobilistica come nel settore aerospaziale e nei giubbotti antiproiettili. Per poter studiare il progetto, depositato all’ufficio brevetti nel 1968, Stephanie accetta un posto come ricercatrice in un laboratorio di fibre tessili della DuPont, a Buffalo, New York. Ma il destino per lei aveva in mente ben altro.

Florence Lawrence

Canadese di origine, è stata una delle prime star di Hollywood, richiesta al punto da prestare il proprio volto in 270 pellicole, ma è ricordata anche per aver intuito l’importanza degli indicatori direzione e della luce posteriore dello stop. Due idee brillanti di cui tuttavia non depositerà mai il brevetto, lasciandole alla mercé della famelica industria automobilistica. Nel 1915 rimane gravemente ferita nel corso delle riprese di un film, incidente che la costringe ad un lungo ritiro dalle scene. Quando torna, decisa a riprendersi il proprio posto, il cinema è ormai cambiato, l’America sta vivendo la Grande Depressione del 1929 e quasi nessuno si ricorda più di lei: senza più denaro e speranze, si toglie la vita a 52 anni ingerendo dell’insetticida.

Danica Patrick

Il suo nome è scritto sulla pietra nella storia della velocità come una delle donne di maggior successo delle categorie NASCAR e IndyCar, dove gareggia tra il 2005 e il 2018 conquistando anche il titolo di prima donna a guadagnare la pole position alla Daytona 500 del 2013. Nel 2018, quando si rende conto che la sua stella è ormai al tramonto, mostra ancora una volta tutto il coraggio di cui è capace una donna scegliendo di ritirarsi prima di essere messa da parte.

Clärenore Stinnes

Una ragazza di buona famiglia cresciuta con la convinzione che le donne non siano inferiori agli uomini in nulla. Per dimostrarlo, a 26 anni compiuti diventa la prima persona nella storia dell’umanità a fare il giro del mondo in auto. Al volante di una Adler Standard 6 con 35 CV, impiega 35 mesi per coprire 47mila km lungo 23 Paesi senza poter contare su nulla a parte l’orizzonte davanti a sé.

Suzanne Vanderbilt

Designer industriale alla GM, alla metà degli anni ’50 si unisce alle “Damsels of Design”, un collettivo di donne designer di automobili voluto dalla General Motors per raggiungere in modo più efficace il target femminile, nuovo obiettivo del marchio. Ma la squadra si scioglie qualche anno dopo con l’arrivo di Bill Mitchell, nuovo capo designer che non nasconde di non volere donne fra i piedi quando si parla di auto. Suzanne Vanderbilt non solo resiste, ma sale tutti i gradini della carriera diventando nel 1972 la designer a capo dello “Chevrolet’s Interior Studio”, grazie a cui mette la firma su capolavori come la Nova, la Camaro e la Chevette.

Margaret Wilcox

Ancora una volta, se viaggiare in auto in inverno non è tortura grazie al riscaldamento, si deve ad una donna, questa volta americana: Margaret Wilcox. Una delle prime ingegnere a trovare occupazione nell’industria automobilistica, ha messo il proprio nome su molti altri brevetti, anche se il più celebre resta nel sistema dotato di una camera di combustione sistemato al di sotto l’auto e dotato di un sistema di tubi che faceva scorrere l’acqua riscaldata lungo la parte inferiore dell’abitacolo. Muore nel 1912, senza aver avuto il piacere di vedere la sua idea montata su un’auto.

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