MERCATO – Dalle auto alle salsicce, il caso Volkswagen
Una delle poche voci in bilancio a regalare sorrisi è la vendita sempre più massiccia dei wurstel prodotti dalla macelleria interna di Wolfsburg e destinati alle mense, ma così buoni da essere richiesti ovunque
Le auto non si vendono più, punto. E se la situazione sul fronte occidentale era pessima da tempo, alla tempesta perfetta di un’economia asfittica, di politiche sbagliate e incentivi che aiutano chi poteva permettersele anche senza, si sono aggiunti i dazi di Trump, il ciuffo impomatato più veloce del west, l’uomo che non chiede scusa, perdona anche meno e schiva le pallottole.
Così, mentre il mondo dell’automotive stringe la cinghia e aspetta che torni qualche sprazzo di sereno, c’è chi prova a consolarsi guardando altrove.
Ad esempio il gruppo Volkswagen – uno a caso – granitico colosso tedesco che sembrava impermeabile a tutto, sincronizzato alla perfezione nel dare spazio, visibilità e opportunità ai 10 marchi controllati, sufficienti per garantirsi un dominio inarrivabile, ma costretto a chiudere il 2024 con un utile netto calato di un pesantissimo 30%.
L’unica consolazione, dalle parti di Wolfsburg, non arriva da vendite e nuove tecnologie ma da una tradizione interna che si è trasformata in un successo esterno: i wurstel.
Dal 1973 prodotti appositamente per la mensa aziendale nella macelleria interna in due misure (13 e 25 cm), grazie ad una lavorazione che limita i grassi al 20% contro il 35% e oltre di quelli presenti sul mercati, la mancanza di fosfati e glutammato e un processo di affumicatura finale con legno di faggio, la loro bontà è diventata così leggendaria da spingerli verso mense, stadi di calcio e supermercati di tutta la Germania, al punto da diventare una vittoria esaltata da Gunnar Kilian, direttore delle risorse umane del gruppo: “Con oltre 8 milioni di Volkswagen Original Currywurst venduti, festeggiamo un nuovo record”.
Il piatto nazionale tedesco per eccellenza, a cui Berlino ha addirittura dedicato un museo che ricorda la ricetta ideata negli anni Quaranta da Herta Heuwer, con 800milioni di porzioni, in media 10 per abitante, consumate ogni anno, il wurstel è sempre stato una punta di diamante delle mense della Volkswagen, dove non può mai mancare nella variante “currywurst”, tagliato a rondelle, condito con salsa a base di concentrato di pomodoro, ketchup e curry, da mangiare accompagnato da pane bianco o patate fritte.
Secondo l’azienda, il segreto di una delle poche voci a poter dare un sorriso sta tutto nelle nuove varianti entrate in catalogo, come quella da hot dog datata 2021 che lo scorso anno è andata via in quasi 2,18 milioni di pezzi. Nulla che vedere con il primato del currywurst nazionale, fermo ad un inavvicinabile 6.317 milioni di salsicce vendute e una febbre che cresce in tutto il Paese nell’attesa delle nuove varianti in arrivo a breve.
Nel 2021, dopo aver introdotto piatti vegetariani e vegani, la mensa di Wolfsburg aveva annunciato la scomparsa di currywurst, buletten e bratwurst, gli ultimi due stufati e arrosti che ogni giorno rappresentavano la scelta dei dipendenti su circa 150 piatti preparati a rotazione. Paragonabile all’idea di eliminare la pasta dalle mense italiane, la sparizione del wurstel speziato si era trasformata in una questione squisitamente politica. Attraverso il suo profilo Twitter, l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder non aveva usato mezzi termini: “Se fossi ancora nel consiglio di sorveglianza della VW una cosa del genere non sarebbe mai accaduta. Il currywurst con patatine fritte una delle barrette energetiche dell’operaio specializzato”.
Nel 2023, dopo una campagna in difesa della salsiccia, era scattato l’inevitabile dietrofront, con la salsiccia al curry finalmente riammessa nei menu per i dipendenti.
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