SENSO CIVICO – Nella cultura giapponese, perfino gli automobilisti sono gentili

Dalla norma di parcheggiare lontano per lasciare a chi è in ritardo i primi posti, all’estremo rispetto dovuto ad anziani e neopatentati. Norme di civiltà automobilistica spicciola che da queste parti sono impensabili

In giapponese si chiama “Omoiyari”, ed è il senso di altruismo disinteressato, di condivisione e di empatia verso un prossimo che non per forza si conosce di persona, ma merita comunque rispetto.

Un sentimento che in Italia, e a questi livelli probabilmente nel resto del mondo, non ha eguali. Perché se per la cultura giapponese è fondamentale sviluppare una sensibilità che porti a comprendere i sentimenti e le necessità degli altri, in ciò che resta del pianeta vale l’esatto contrario: del prossimo ci importa meno di zero, e di quello dopo ancora meno.

I modi per mettere in pratica l’Omoiyari sono tanti e innumerevoli, anche se uno dei più sintomatici riguarda i parcheggi pubblici, o quelli di scuole, uffici o eventi. Chi arriva per primo, senza cartelli o indicazioni che lo obblighino, tende a lasciare la macchina il più lontano possibile dall’ingresso, per permettere a chi invece arriva in ritardo – per un ritardo, o ancora perché anziano o disabile – di parcheggiare vicino all’uscita, perdendo così meno tempo e facendo meno strada a piedi.

Non è incredibile? Da queste parti vale l’esatto contrario: chi arriva per primo, se può parcheggia direttamente sotto la sbarra, e i malcapitati in ritardo sono costretti a vagare spingendosi sempre più verso il fondo del parcheggio, costretti a fare km a piedi.

Ma non basta, perché il rispetto profondo va anche verso chi espone il marchio “Shoshinsha” o “Wakaba”, ufficialmente il segno dei principianti, un simbolo verde e giallo a forma di V che i neopatentati giapponesi devono sistemare nella parte anteriore e posteriore delle loro auto fino ad un anno dopo aver l’arrivo della patente. Così come il “Fukushi” o il “Kōreisha”, di colore arancione e giallo, indicano i conducenti anziani e sono utilizzati per avvertire gli altri automobilisti di possibili manovre “strane” e improvvise dovute all’età avanzata.

Due categorie di persone “delicate”, verso cui serve compensione e soprattutto contro cui nessuno da quelle parti immagina sia pensabile stordirli a colpi di clacson fin quando non si fanno da parte. Come invece accade in un Paese che non forse non è più neanche il caso di citare, almeno come forma di pietà.

Ma curiosità che suona al limite dell’incredibile è quanto un paio d’anni fa era stato concesso agli automobilisti di Fukuoka, città nel sud del Paese. Lì, in accordo con la polizia e le autorità locali, le scuole guida avevano incluso nelle diverse prove pre-patente anche la guida in stato di ebbrezza. Prima di mettersi alla guida i candidati bevevano alcolici in misura sufficiente per non crollare a terra per poi affrontare il traffico – affiancati da istruttori consapevoli e addestrati – con l’obiettivo di toccare con mano quanto sia pericoloso bere e guidare.

Questo perché secondo l’agenzia di polizia nazionale giapponese, molti degli automobilisti che guidano in stato di ebbrezza ma riescono a evitare incidenti sviluppano un senso di invincibilità che li porta a confidare troppo sulle proprie capacità. Peccato che i dati dicano l’esatto contrario: la probabilità che in un incidente stradale ci scappi il morto è sette volte superiore quando il conducente ha bevuto alcol rispetto a chi è sobrio. Almeno questo, lo sapevamo anche noi.

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