EVENTI – Auto, crisi e green deal: quando il motore europeo fa fumo

Il #FORUMAutoMotive celebra 10 anni con politica, sindacati e industria che affermano: “No alla conversione militare dell’industria, ma sostegno e investimenti sul settore, con scelte strategiche e non ideologiche”

È andato in scena ieri pomeriggio l’evento promosso da #FORUMAutoMotive, il movimento di opinione che si batte per una mobilità libera da pregiudizi e ideologie, in occasione dei primi dieci anni di attività. Al centro dell’evento il Piano UE sull’auto, la revisione del Green Deal, l’attuale stato di salute del settore automotive, in particolare quello italiano, alle prese con una crisi produttiva che non si arresta e che sta facendo i conti con i mutevoli scenari geopolitici.

Il promotore di #FORUMAutoMotive, il giornalista Pierluigi Bonora, ha introdotto i lavori sottolineando che “oggi celebriamo i suoi primi 10 anni e molti dei problemi rilevati nel 2015 si stanno riproponendo ora, come quello dell’esigenza di svecchiare il parco circolante e quello della razionalizzazione della fiscalità. A tutto questo, complice la lunga pausa causata dalla pandemia, si sono aggiunti seri problemi di carattere ideologico che hanno condizionato importanti scelte politiche in Europa, purtroppo con il colpevole silenzio di buna parte del settore. Noi di #FORUMAutoMotive abbiamo messo subito in guardia sui rischi e sulle pesanti conseguenze che ne sarebbero derivati e che puntualmente si sono manifestati in tutta la loro drammaticità occupazionale. Ed eccoci ora a discutere su come rimediare e rilanciare il sistema automotive Ue anche alla luce delle attuali discutibili volontà di riconvertire la filiera nella produzione di materiale bellico allo scopo di rafforzare militarmente l’Europa. Questi i temi dibattuti nel tavolo di #FORUMAutoMotive”.

In apertura di evento si è tenuto il confronto tra i rappresentanti di schieramenti diversi del mondo della politica sugli scenari presenti e futuri del settore automotive, anche alla luce degli annunci del Presidente americano Trump e del Piano di azione UE, moderata da Pierluigi Bonora, con interventi dei giornalisti David Giudici e Umberto Zapelloni.

Carlo Fidanza, Capodelegazione di Fratelli d’Italia – ECR e membro Commissione TRAN (Trasporti e turismo), ha dichiarato: “Credo che il tema della riconversione del settore automotive sia prematuro. Bisogna prima cercare di salvare ciò che dell’automotive è possibile salvare, grazie a decisioni strategiche in grado di sostenere una filiera strategica per il nostro Paese e per l’Europa”.

Marco Rizzo, Coordinatore di Democrazia Sovrana Popolare, ha sottolineato: “È un periodo di veloce cambiamento con la politica che si sta mostrando inadeguata ad assecondare questo passaggio. Oggi siamo vicini alla tempesta perfetta con il fallimento dell’Europa e della proposta green. Non ritengo credibile una riconversione militare della nostra industria dell’auto. Al massimo l’Italia potrebbe assemblare mezzi”.

Ha chiuso gli interventi politici Isabella Tovaglieri, Eurodeputata Membro Titolare della Commissione Industria: “Riteniamo già un primo successo che si sia riaperto un dibattito sull’auto su un tema che sembrava chiuso, ma non siamo ancora soddisfatti. In primis riguardo alle sanzioni previste per le Case automotive che sono state solo rinviate e non eliminate, come invece avevamo auspicato. Quindi solo una parziale vittoria. Abbiamo poi chiesto che i biocarburanti rientrino nell’agenda della Commissione europea”.

È toccato poi intervenire alle tre sigle sindacali. Stefano Boschini, Responsabile Nazionale Settore Automotive FIM-CISL: “L’economia militare non deve sostituire quella civile, dobbiamo difendere l’industria automotive. Una transizione giusta non si può fare senza risorse in grado di salvaguardare il lavoro, anche attraverso ammortizzatori sociali straordinari e la riconversione dei lavoratori”.

Sulla stessa linea Samuele Lodi, Segretario nazionale FIOM Cgil, responsabile automotive: “Abbiamo chiesto alla Commissione europea politiche industriali che partano dall’Europa. Abbiamo bisogno di risposte concrete e risorse. La scelta dello stop alle immatricolazioni diesel e benzina al 2035 è corretta, ma va accompagnata con misure che tengano conto della tenuta economica e sociale. Il processo di transizione verso l’elettrico è inarrestabile. Temiamo moto per il progetto della gigafactory a Termoli, con il lento graduale disimpegno di Stellantis in Italia”.

Rocco Palombella, Segretario Generale UILM: “Nessun politico che ha sostenuto il passaggio al tutto elettrico al 2035 oggi rivendica questa scelta. Molte Associazioni solo pochi anni fa parlavano di grandi opportunità con addirittura una previsione di crescita dell’occupazione nel settore. Oggi il quadro è chiaro: abbiamo sacrificato il nostro mercato e l’eccellenza della nostra componentistica per la Cina. L’annuncio di 1 milione di veicoli prodotti in Italia è rimasto tale e siamo lontanissimi da tale obiettivo. Gli stabilimenti nazionali sono quasi tutti fermi”.

Al cospetto del mondo della politica europea i diversi rappresentanti della filiera della mobilità presenti hanno potuto condividere il proprio contributo sul tema “Produzione italiana, stato di salute della filiera, impegni del Governo, situazione UE”.

La situazione nell’ultimo anno e mezzo è diventata ancora più drammatica – ha commentato Gianmarco Giorda, Direttore Generale ANFIA – Abbiamo lavorato con il Governo per affrontare questa crisi e per portare il nostro Paese ad avere una forte competitività rispetto ai Paesi in cui si continuano a produrre le auto. Purtroppo le nostre proposte sono rimaste inascoltate, se si fa eccezione per il tema delle spese per ricerca e sviluppo assoggettate a credito d’imposta. In Europa abbiamo perso in pochi anni 3 milioni di veicoli venduti e oggi anche i progetti dei costruttori cinesi nel vecchio Continente sono stati messi in stand by”.

Andrea Cardinali, Direttore Generale di UNRAE ha dichiarato che “le previsioni per le immatricolazioni auto nel 2025 restano molto negative. Aver spalmato le multe per i costruttori in un lasso temporale dilatato non produrrà effetti positivi per i car maker. Pensare che il Green Deal sia la causa della crisi del mercato è illogico. Il settore sta investendo centinaia di miliardi sulle auto elettriche. L’Unione Europea ha sbagliato quando, avendo come obiettivo la transizione ecologica, ha parlato di sostegno economico, alla domanda e all’occupazione senza però mettere in campo misure concrete. E in merito alla riconversione bellica, mi chiedo quanto ci vorrebbe per poterla mettere in piedi?”.

Plinio Vanini, Vicepresidente di Federauto con delega al Settore Auto, ha sottolineato: “Politica e sindacati non hanno fatto i conti con le esigenze dei clienti, non hanno preso in considerazione i consumatori. Noi siamo sempre stati a favore della neutralità tecnologica. È stato ucciso un settore, stiamo uccidendo la distribuzione, il cliente è totalmente confuso. Abbiamo 20 milioni auto ante Euro4 e i proprietari non le cambiano perché non sono economicamente in grado di farlo. Bisogna tenerne conto. Gli incentivi non servono. Lo slittamento delle multe è solo lo spostamento in avanti di una condanna. Dobbiamo iniziare a pensare a promuovere iniziative di protesta in piazza”.

Alberto Viano, Presidente di ANIASA, ha poi portato il punto di vista del settore del noleggio e della mobilita pay-per-use: “Il nostro obiettivo è rendere i servizi di mobilità sempre più flessibili in modo competitivo; siamo cresciuti in un mercato che si stava riducendo per ragioni demografiche e per la minore necessità di avere un’auto di proprietà. Da due anni registriamo un rallentamento della domanda di nuove immatricolazioni, con una flotta che però continua a crescere. Con la stretta sulle vetture in fringe benefit si è scelto di penalizzare il comparto delle auto aziendali, frenando il ricambio del circolante e appesantendo le buste paga dei dipendenti delle imprese”.

In rappresentanza della filiera elettrica è intervenuto Fabio Pressi, Presidente di Motus-E: “Il calo delle vendite di auto non è collegato alla svolta elettrica. A fare da contraltare rispetto ai bassi numeri di e-car vendute in Italia, c’è una struttura di ricarica più consistente rispetto ad altri Paesi. Bisogna lavorare sulla sensibilizzazione delle persone sull’utilizzo delle colonnine di ricarica. Nel settore elettrico c’è un problema di incertezza che rischia di frenare gli investimenti, anche quelli in ricerca e sviluppo”.

Gianni Murano, Presidente di UNEM, ha rimarcato come: “La Commissione ha finalmente riconosciuto la necessità di una revisione del percorso sinora intrapreso dall’Europa per la decarbonizzazione dei trasporti. Tuttavia il piano d’azione UE insiste sulla monocrazia tecnologica e non c’è traccia di soluzioni pragmatiche e reali per una crisi, come quella dell’automotive, che si avvia a diventare irreversibile. Bisogna lavorare affinché la Commissione si convinca ad aprire a tutte le tecnologie disponibili calcolando le emissioni di CO2 non solo allo scarico ma sull’intero ciclo di vita”.

Simonpaolo Buongiardino, Presidente di Confcommercio Mobilità-Federmotorizzazione ha poi evidenziato: “Sono felice di vedere che il mio scetticismo espresso qualche anno fa nei confronti del diktat sul tutto elettrico oggi raccolga consenso. Ci siamo accreditati come Associazione presso il Parlamento Europeo per portare la voce del mercato. Come si fa parlare di prodotto, senza tener conto di chi lo deve acquistare o noleggiare?”.

Michele Moretti, Responsabile del settore Moto di Confindustria ANCMA ha aperto un focus sulle due ruote: “Il mercato delle due ruote cresce da più di dieci anni. Il tema della neutralità tecnologica è anche per noi centrale. Dal nostro Osservatorio ‘Focus 2 R’ emerge che tutte le amministrazioni locale parlano di mobilità dolce e di misure che possano arginare il problema del traffico. Il tema dei dazi ci preoccupa non poco, soprattutto nell’eventualità in cui gli Stati Uniti decidessero di porli sulle moto provenienti dal nostro Paese”.

Maria Rosa Baroni, Presidente di NGV ha poi osservato: “Rappresentiamo il trasporto con carburanti alternativi e siamo a favore della neutralità tecnologica e per questo abbiamo creato un Osservatorio che sarà presente ai tavoli di confronto al MIT e al MISE per affermare questo principio”.

I numeri dicono che quando il consumatore può scegliere, predilige l’opzione più vantaggiosa e i dati sulla diffusione del GPL lo testimoniano. Siamo favorevoli alla pluralità di scelta e non agli obblighi di una sola strada”, ha dichiarato Matteo Cimenti, Presidente Federchimica-Assogasliquidi.

L’approccio del legislatore UE deve essere realistico, frutto della consultazione e della condivisione con l’industria di riferimento e gli stakeholder tecnici. Ad esempio: un pneumatico come pure un articolo tecnico non possono contenere il 20% di gomma riciclata perché non è tecnicamente possibile. In un’auto ci sono 70kg di gomma di cui 35 kg di pneumatici: senza la gomma il mondo dell’automotive si ferma. L’industria lancia un messaggio chiaro: costruiamo insieme il nostro futuro con scelte ponderate, sostenibili sia tecnicamente sia economicamente, come pure ambientalmente”, ha osservato Fabio Bertolotti – Direttore Assogomma.

Spazio poi a Mario Verna – manager automotive: “Gli ultimi dieci anni sono stati per il settore automotive particolarmente intensi. Oggi le posizioni degli addetti ai lavori del mercato automotive sembrano decisamente più realistiche. Le performance del settore automotive in termini di riduzione delle emissioni sono uniche dal punto di vista industriale”.

Tra gli interventi di interesse anche quelli di due esperti Pier Luigi Del Viscovo, Direttore del Centro Studi Fleet & Mobility e Andrea Taschini, Manager e Advisor Automotive. Del Viscovo ha indicato come: “Chi ha sbagliato a livello europeo oggi dovrebbe non chiedere scusa, ma dimettersi. Chi ha votato la Commissione europea e ora la critica, deve assumersi le proprie responsabilità. Oggi si vendono macchine su cui le case automobilistiche producono maggiori margini”.

Gli ha fatto eco Taschini: “ormai è condivisa l’idea che il Green Deal sia causa della crisi industriale europea. Gli Stati Uniti sono cresciuti negli ultimi 5 anni del 5%, l’Europa sostanzialmente è in stagnazione. È impossibile fabbricare batterie in Europa in modo economicamente sostenibile”.

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