GLAM&TECH – Elon Musk, la crisi infinita e profonda

Neanche l’annuncio di allontanamento dalla politica e di un ritorno alle sue aziende ha avuto effetto. Il marchio Tesla soffre di inedia, il social X è in emorragia di utenti mentre sulle batterie stanno per abbattersi i dazi di Donald. E il futuro di Elon resta assai incerto

C’è chi è convinto che la mirabolante avventura di Elon Musk nel mondo dell’imprenditoria abbia imboccato la strada del non ritorno, quella che porta all’oblio. Per altri non è affatto così: Elon è soltanto un po’ confuso, forse spiazzato, ma trattandosi di un genio tornerà più energico di prima a dominare il mercato dell’auto e quello dei viaggi spaziali.

Una delle poche certezze è che Elon ha tirato in remi in barca, azzerando la forte esposizione mediatica a cui si era sottoposto accettando la guida del “Doge”, il famigerato dipartimento per l’efficienza statale che ha messo sulla strada senza complimenti migliaia di dipendenti. Quanto basta per trasformarlo in uno degli uomini più odiati d’America, come dimostrano gli atti vandalici verso i possessori di Tesla e gli infiniti cortei in ogni angolo degli States che chiedevano la testa di Musk. A confermarlo sondaggi recentissimi, come quello realizzato dalla “Marquette University Law School”, secondo cui il 60% degli intervistati pensa peste e corna di Elon, ed il 58% trova il suo lavoro al Doge un vero insulto verso il popolo americano. E c’è anche di peggio, come racconta un altro sondaggio, questa volta firmato YouGov/Yahoo News, che svela il 67% degli americani ben decisi a tenersi lontani da tutto ciò che è marchiato Tesla.

“Ricordate lo scandalo delle emissioni di Volkswagen? Una sola crisi costò all’azienda decine di miliardi e la reputazione. Ecco dove si trova ora Tesla – racconta Sue Benson, ceo The Behaviours Agency, società inglese di marketing – solo che questa volta non si tratta del prodotto, ma della persona. E ormai è troppo tardi per separare l’uomo dal marchio. Ma nel frattempo, Tesla ha perso il suo vantaggio nelle auto elettriche”.

Effetti collaterali di un’infelice discesa in politica, che non si sono fatti attendere e proseguono fra tonfi sempre più rumorosi. Nella settimana che si chiude, Tesla ha registrato forse i peggiori e più bassi risultati trimestrali dei quattro anni precedenti. Significa un secco -9% di vendite e un altrettanto preoccupante -71% di profitti. A rendere ancora peggiore la situazione, la gelida reazione della borsa all’annuncio di ritorno di Musk alle sue aziende a tempo (quasi) pieno.

In realtà, dicono gli esperti, i problemi sono ben altri: Tesla, che all’inizio è riuscita a mettere in riga il pachidermico mercato dell’automotive mondiale, inizia a pagare anni di galleggiamento sonnacchioso senza altre idee capaci di continuare a renderlo un marchio all’avanguardia, veloce, giovane, schizzante e pronto. Un vantaggio rosicchiato un pezzo per volta dai marchi cinesi, che muovendosi come una pattuglia acrobatica occupano tutti gli spazi, da quelli lasciati incustoditi a quelli presidiati.

E all’orizzonte di Tesla, a parte il richiamo di 46mila Cybertruck per problemi tecnici e il Model Year 2025 che si limita a qualche dettaglio di stile disseminato qua e là, non sembrano intravedersi nuovi modelli, mentre i sistemi di accumulo di energia, fonte di guadagno del marchio, sono in crisi mistica. Per non parlare del destino social “X”, che nel giro di appena un anno ha perso milioni di utenti e buona parte del suo valore.

“Lasciare modelli invariati troppo a lungo significa trasformarli in zombie – ha spiegato efficacemente l’analista Glenn Mercer – e se invece di fare un vero restyling, Tesla si limita ad abbassare i prezzi togliendo elementi, come già ha fatto rimuovendo i sensori di parcheggio ultrasonici, l’effetto finale sarà ancora peggiore”.

A complicare ulteriormente la faccenda si sono messi anche i dazi imposti dal suo amico Donald, che colpirebbero in modo pesante le celle Lfp per le batterie che Tesla importa dalla Cina.

È vero, a tutto questo manca un finale, che non è ancora possibile scrivere. Ma sono sempre più a credere che la fiaba si stia avviando mestamente verso le ultime pagine, senza uccellini in festa, funghetti felici e tramonti incantati.

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