EVENTI – Donne e motori, ma parlando di lavoro
Nel settore automotive, le donne affrontano ancora molte sfide, con solo il 7,7% che lo considera ideale per lavorare. Tuttavia, l’inclusione e la parità di genere sono cruciali per la competitività aziendale, offrendo nuove opportunità per un futuro più equo e aperto a tutti
“Donne e motori, gioie e dolori” dice il vecchio detto che oggi deve essere considerato giustamente sessista. Oltretutto visto che nel settore automotive le gioie per le donne sono ancora poche e le opportunità professionali ancora meno. Questo è stato il tema al centro del “Pink Motor Day” evento che ha riunito manager, imprenditrici e giornaliste per discutere di inclusione e parità di genere nel mondo della mobilità. Se il rombo dei motori può essere elettrizzante, quello delle disuguaglianze lo è decisamente meno.
Un percorso a ostacoli
I numeri parlano chiaro: secondo un’indagine internazionale condotta da Gi Group Holding, in 11 Paesi, solo il 7,7% delle donne considera l’automotive il settore ideale in cui lavorare, tre punti percentuali in meno rispetto al dato complessivo che include anche gli uomini. E chi già lavora nel comparto? Il 52% lo trova interessante, ma molte lamentano ostacoli importanti: difficoltà nel conciliare vita privata e carriera (45%), pressione lavorativa elevata (44,7%), scarse prospettive di crescita (42,9%) e stipendi poco competitivi (41,7%). Insomma, più che un viaggio su un’auto sportiva, sembra un percorso a ostacoli.
Eppure, qualcosa si muove. L’82% delle lavoratrici intervistate riconosce che la propria azienda sta adottando misure per incentivare la parità di genere. “Il settore automotive è tradizionalmente maschile – spiega Cristina Reduzzi di Gi Group – ma offre opportunità di formazione, trasferte internazionali e l’uso di tecnologie avanzate. La sfida è migliorare l’immagine del settore e garantire un vero work-life balance”.
Inclusione lavorativa tra obblighi e opportunità
Tuttavia, la questione dell’inclusione non si ferma alle donne. In Italia resta ancora irrisolta la questione dell’inserimento lavorativo delle categorie protette. Secondo i dati della UIL, in Lombardia (regione tra le più avanzate industiralm,ente) ci sono oltre 23 mila posti di lavoro disponibili per persone con disabilità, ma solo 7.200 assunzioni: quasi 16 mila posizioni restano scoperte. Molte aziende preferiscono pagare sanzioni piuttosto che assumere, eludendo così gli obblighi di legge. Un paradosso che stride con esperienze come quella di Pizzaut, il ristorante gestito da giovani autistici che ha dimostrato come l’inclusione possa trasformarsi in un valore aggiunto. “Chi non investe in inclusione è solo una persona normale” sottolinea il fondatore Nico Acampora, lanciando una provocazione che fa riflettere.
Il motore della competitività
Inclusione e parità non sono solo questioni di equità, ma fattori chiave per la competitività aziendale. Le aziende che investono nell’inclusione hanno il 39% di probabilità in più di superare i competitor secondo le indagini. Insomma, il futuro dell’automotive non sarà solo elettrico o autonomo, ma dovrà essere anche più equo. E forse, la prossima volta che sentiremo il rombo di un motore, potremo pensare a un settore finalmente aperto a tutti.
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