IL CASO – Dr. Elon & Mr. Musk, la partita doppia che non funziona
Da imprenditore geniale a simbolo del male assoluto: una mutazione genetica di cui a risentirne in modo pesante è il marchio Tesla, in perdita verticale di denari e consensi
Forse perché impegnato a licenziare migliaia di dipendenti federali, magari perché continua a sognare Marte o ancora perché troppo preso dal conto esatto del numero di figli e assegni di mantenimento, sempre un po’ in divenire, ma Elon Musk sembra aver perso di vista la sua creatura più celebre, “Tesla”, il rivoluzionario marchio di auto full-electric fondato nel 2003 che ha il merito di aver gettato lo scompiglio nel mondo dell’automotive e la colpa di aver pensato che bastasse quello per conquistare il mondo terracqueo.
L’ultima buca in cui è caduta l’azienda di Austin è il richiamo di 46mila Cybertruck, il pick-up futuristico ultimo nato nella clinica genetica Tesla, necessario per la sostituzione di pannelli esterni che rischiano di staccarsi mentre l’auto è in marcia. L’ha imposto la NHTSA (National Highway Traffic Safety Administration) e la parte più curiosa è che 46mila veicoli sono esattamente le vendite totali del pick-up.
Ma questo problema, dovuto pare ad un difetto del collante, è solo l’ultimo del marchio che più di tutti sta subendo le conseguenze della doppia immagine di Elon Musk, prima un geniale e vulcanico inventore sempre un po’ sopra le righe, diventato per sua stessa scelta una figura tossica e divisiva dalle uscite imbarazzanti.
INVESTITORI IN FUGA IN ORDINE SPARSO
A testimoniare il momento delicato, se mai ce ne fosse bisogno dopo le previsioni nefaste della JP Morgan, un calo di vendite del 76% e un altrettanto secco -46% di perdite in Borsa registrato dall’inizio dell’anno ad oggi, sufficienti a far scattare in piedi gli investitori per richiamare Elon ai suoi compiti aziendali. Ma cifre, soprattutto, che hanno portato gente che se ne intende, come il magnate Murdoch, uno che vede più lontano degli altri per mestiere, a vendere i 13 milioni di azioni Tesla che possedeva poco prima che toccassero il minimo storico, così come ha fatto un certo Kimbal Musk, nientemeno fratello di Elon, che si è privato di 75mila azioni incassando 27 milioni di dollari prima che fosse troppo tardi.
Al codazzo di chi gli ha girato la schiena si è aggiunto il Canada, Paese nelle mire di Trump insieme alla Groenlandia, dove il marchio Tesla è stato rigorosamente escluso dagli incentivi statali per l’acquisto di auto elettriche, con la ciliegina sulla torta del divieto assoluto di ingresso al Salone dell’auto di Vancouver di qualsiasi oggetto marchiato Tesla.
I PROBLEMI DELLA CLIENTELA
Ma non va dimenticato il malcontento che circola tra milioni di clienti Tesla in tutto il mondo, un tempo che sembra lontano gente guardata come un popolo di eletti e oggi loro malgrado diventati testimonial di una fede politica in cui magari neanche credono ma che li costringe a nascondere le proprie vetture per timore che qualcuno “scriva” con un cacciavite sulle fiancate il proprio disprezzo verso Elon.
C’è chi, sparando di salvare il cofano, preferisce attaccare volontariamente adesivi che recitano “L’ho comprata prima di scoprire che Elon era un pazzo”, o ancora “Amo questa macchina, non Elon Musk”, per finire con il più chiaro di tutti: “Elon, stai zitto”. Un popolo che il prossimo 29 marzo ha indetto una mobilitazione generale di protesta che si concentrerà davanti agli showroom di tutto il pianeta. Marte compreso.
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