LEGGENDE – All’asta lo Spirit of America Sonic I
Nel 1965, sulla pista del lago salato di Bonneville, guidato da Craig Breedlove, ha raggiunto i 966,573 km/h, un record di velocità rimasto imbattuto per i dieci anni successivi. Un pezzo di storia che va all’incanto
L’idea di battere i record di velocità è vecchio almeno quanto l’automobile stessa. Lo dimostra uno dei primi tentativi di cui si abbia notizia, datato 1898, quando lo scavezzacollo francese Gaston de Chasseloup-Laubat lascia tutti a bocca aperta raggiungendo i 63,51 km/h a bordo della sua elegante e potentissima Jeantaud Duc. Roba da pazzi, commentano i giornali del tempo, chissà dove finiremo.
La strada, in effetti, era ormai tracciata e da lì in poi la mania di battere il record sarebbe diventata l’ossessione per decine di piloti e qualche folle, gente che nel tempo ha formato una lunga fila di sognatori con in testa la meravigliosa idea di infrangere barriere di velocità sempre maggiori, finendo a volte per infrangere sé stessi contro qualcos’altro. Ma vabbè, capita.
Però c’è una data che fa da spartiacque fra quello che era stato fino ad allora e quello da quel momento in poi sarebbe cambiato per sempre. Succede tutto nell’agosto del 1963 sul lago salato di Bonneville, nello Utah, dove il pilota californiano Craig Breedlove supera le 407 miglia orarie a bordo di una sorta aereo senza ali. L’avevano ribattezzato “Spirit of America”, e in effetti montava motore turbojet GE J47, lo stesso dei caccia da combattimento F-86 Sabre: quanto basta per polverizzare ogni primato toccando i 655,722 km/h.
Ma i record sono fatti per essere battuti, e dopo Breedlove arrivano i fratelli Walt e Art Arfons, che affidano la loro “Wingfoot Express” a reazione a Tom Green, un professionista della velocità. La risposta di Breedlove non si fa attendere: si ripresenta sul sempre più affollato lago dello Utah con la “Sonic 1”, suppostone meccanico difficile da definire con un nome ambizioso che suggeriva l’idea di voler spappolare la barriera del suono. La Sonic I si discostava dalla Spirit of America per il numero di ruote, quattro contro le tre precedenti, ma soprattutto per la linea, con una fusoliera a forma di “bottiglia di Coca Cola” lunga più di 10 metri, necessari per ospitare un turboreattore GE J79, lo stesso montato sull’intercettore F-4 Phantom II, capace di sviluppare più o meno 45mila CV. Goodyear, sponsor dell’iniziativa, studia per l’occasione pneumatici speciali per le ruote in alluminio forgiato e freni a disco grossi come un disco a 33 giri.
Il 2 novembre 1965, tutto è pronto e testato a dovere: Breedlove taglia con Sonic I un nuovo record raggiungendo le 600,601 miglia orarie, equivalenti a 966,573 km/h. Ma la gara con i fratelli Artfons si fa sempre più tosta e la rivalità finisce per contagiare anche la signora Lee, moglie di Breedlove, diventata qualche tempo dopo la donna più veloce del mondo guidando la Sonic I fino a toccare i 1108,8 km orari.
Sebbene Craig Breedlove avesse in programma altri tentativi di record, nessuno si sarebbe più concretizzato, e il record del 1965 resta imbattuto fino all’ottobre del 1970, lasciando in pace anche la barriera del suono fino al 1997, quando a superarla ci pensa il “ThrustSSC”, che tocca i 1.227,986 km/h.
Va da sé che un’auto simile, o qualsiasi cosa fosse lo Spirit of America Sonic I, sia diventato un pezzo da museo, per l’esattezza quello dell’Indianapolis Motor Speedway, e da quel momento esposto in pubblico di tanto in tanto per la gioia di grandi, piccini e soprattutto nonnini che ancora ricordavano l’impresa.
Ma ora, dopo mezzo secolo, il museo di Indianapolis ha deciso che lo Spirit of America Sonic I può cambiare aria, magari entrando nella collezione privata di qualche appassionato con portafoglio a fisarmonica, o perché no, come attrazione di altri musei dedicati a quel meraviglioso sogno chiamato automobile.
La gestione dell’asta è stata affidata a “RM Sotheby’s”, che ha stimato il valore dello Spirit of America Sonic I tra i 500mila e il milione di dollari. Per chi sta correndo a controllare i risparmi, significa una spesa tra 470 e 950mila euro.
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