MOBILITA’ – L’asfalto autoriparante, una speranza per le strade del futuro

Gli scienziati di due università, supportati da un sofisticato sistema di Intelligenza Artificiale sono riusciti a creare un sostituto del bitume in grado di ripararsi da solo, e per di più non inquinante

Secondo l’Istat, ogni anno 1.500 indicenti stradali si potrebbero evitare con una corretta e puntuale manutenzione delle strade. E molti di più sono i casi in cui automobilisti e motociclisti se la cavano, ma devono mettere mano al portafoglio per i danni subiti dai loro mezzi.

Nel Regno Unito, si stima che risarcire buche e crepe delle strade costi quasi 580 milioni di sterline ogni anno, mentre dal 2010, lo Stato della Carolina del Sud, negli Stati Uniti, spende più di 40 milioni di dollari per risarcire i guasti subiti da chi circola sulle proprie strade, ridotte a colabrodo. Inutile gioire, perché neanche in casa nostra va meglio: la città di Roma, dove le buche sfiorano l’allarme sociale, spende da sola 400 milioni di euro all’anno in manutenzioni stradali. Ma per sanare tutto non basterebbe neanche il doppio.

Finora, grosse soluzioni all’orizzonte non se ne sono viste, e a parte l’ignobile scaricabarile ad ogni nuova vittima della strada che riempie le cronache e indigna i politici, tutto resta così, in un immobilismo dannatamente italiano fatto di sciatteria, fondi che mancano, materiali scadenti e menefreghismo diffuso.

Ma adesso, anche se è troppo presto per considerarla una soluzione definitiva, arriva un progetto messo a punto da un team multidisciplinare di scienziati della “Swansea University” del Galles e del “King’s College” di Londra, a cui si è aggiunta l’intelligenza artificiale di “Google Cloud”. Obiettivo: unire le forze per trovare una soluzione definitiva alle strade killer. L’idea su cui hanno lavorato i cervelloni (e quello di Google) è un asfalto autorigenerante in grado di provvedere autonomamente a riparare crepe e buche senza dover attendere invano le squadre di manutenzione comunali.

Lo studio è partito dal bitume, altrimenti detto asfalto, miscela di idrocarburi da secoli considerato il migliore dei materiali possibili per realizzare il manto stradale. Peccato che l’azione di pioggia, sole e umidità, a forza di allargare e comprimere tutto in base alle temperature, tenda a ossidarlo, rendendolo sempre più fragile soggetto a rotture improvvise.

L’IA, dal canto suo, è riuscita a simulare il comportamento molecolare, consentendo agli scienziati di arrivare ad un modello in grado di autoriparare una crepa dell’asfalto nel giro di un’ora, e senza alcun intervento umano. E non basta ancora, perché grazie alla presenza di scarti di biomasse e di minuscole spore a base di oli riciclati che riducono la presenza di derivati del petrolio, diminuire la produzione di asfalto tradizionale avrebbe un impatto positivo anche nei confronti dell’ambiente.

Ma la scienza ha fatto quel che poteva, ha specificato Joe Norambuena-Contreras, professore all’Università di Swansea, e ora la palla passa ai governi e al settore privato.

Secondo i calcoli del team, e per di più relativi ad una sperimentazione che è solo all’inizio, il nuovo asfalto potrebbe durare fino al 30% in più di quello attuale, abbattendo anche in modo drastico l’enorme dispendio di denaro pubblico per la manutenzione e soprattutto facendo scendere il dato in assoluto più inaccettabile di tutti: il numero delle vittime della strada.

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