MOBILITÀ – L’Italia, capitale UE delle colonnine fast (inutilizzate)
Da queste parti possiamo vantare 64.391 punti di ricarica, 19 ogni 100 auto elettriche contro i 14 della Francia, gli 8 della Germania e i 7 del Regno Unito. Peccato che le EV non si vendano
Che l’Italia sia la patria dei paradossi non è una novità, e ad ulteriore conferma arriva un recentissimo studio realizzato dall’associazione “Motus-E” ripreso dal “Corriere della Sera”, secondo cui siamo primi in Europa per numero di colonnine elettriche veloci, ma fra gli ultimi per diffusione delle auto elettriche. In pratica, le prime sono quasi sempre vuote perché mancano le seconde. Et voila.
L’istinto suggerirebbe di rispolverare un vecchio quesito, bandiera di Gigi Marzullo: “Si faccia una domanda e si dia una risposta”. Perché se è ovvio che qualcosa da queste parti non funziona come dovrebbe, allora è altrettanto scontato che buona parte delle colpe di quest’anomalia non abbiano nulla a che fare con prese di posizioni, motivi religiosi o scarso rispetto verso l’ambiente. Per carità, non c’è italiano che non sappia a memoria il teorema delle auto elettriche (zero emissioni e zero accise, più efficienza e meno costi di manutenzione), peccato resti fuori un solo e unico problema che i costruttori e la classe politica proprio non riescono a capire: i costi elevati. Fin quando le elettriche costeranno come un monolocale non ne verremo fuori.
Ed è un vero peccato, perché secondo dati aggiornati al 31 dicembre 2024, una manciata di mesi fa, il numero dei punti di ricarica presenti sul territorio nazionale aveva raggiunto quota 64.391, portando l’Italia ai vertici nella classifica europea dei Paesi più virtuosi nelle infrastrutture create per accompagnare lo sviluppo dei veicoli a batteria. Per chi ama le percentuali, significa aver chiuso il 2024 con un aumento del 27% di punti di ricarica, che diventa un confortante 75% se il calcolo si sposta sul biennio precedente. Ma non solo, perché nell’aumento generalizzato di colonnine si aggiunge un altro dato, addirittura da record: il 47% dei punti installati nel 2024 è di tipo Fast o Ultrafast.
È anche vero che l’Italia ha un’altra penalità da pagare, rappresentata dal gap fra settentrione e meridione, con il Nord che si tiene stretto il 57% dei punti di ricarica a fronte del 20% presente al centro e il 23% al Sud. E a questo si aggiunge un’altra carta “imprevisto”: la necessità di semplificare e rendere omogenei gli iter autorizzativi, così complicati da rendere ancora inutilizzabili il 16% delle infrastrutture già installate.
Ma lo studio è anche utile per capire lo stato dell’arte italiano: da queste parti vantiamo 19 punti di ricarica a uso pubblico ogni 100 auto elettriche circolanti, contro i 14 della Francia, gli 8 della Germania e i 7 del Regno Unito. Peccato, come si accennava prima, che la quota di mercato di veicoli elettrici oscilli sul 5%, quasi ridicola rispetto al 17,4%registrato in Francia, il 16,6% tedesco e il 21,3% anglosassone.
Una soluzione, secondo un’analisi di “T&E” (Transport & Environment), per evitare l’effetto “cattedrali nel deserto” potrebbe essere imprimere una spinta sulle flotte aziendali elettriche, sufficienti a garantire alle case automobilistiche UE e alle infrastrutture ferme per inedia due milioni di veicoli in più. Ma anche in questo caso, l’Italia va controcorrente: le percentuali di vendita dei veicoli elettrici nelle flotte aziendali sono in calo continuo dal 2021, con lo scorso anno a testimonianza di un tonfo del 4,7%.
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