Quando la rottamazione diventa un’arte
Oggi il “pensionamento” di un’auto sta diventando una scienza esatta, con regole precise e obiettivi ambiziosi che farebbero impallidire qualsiasi manager aziendale.
Il mondo automotive sta vivendo una rivoluzione silenziosa ma decisiva: quella del fine vita dei veicoli. Non parliamo più di semplici rottamai dove le auto finiscono ammassate come in un cimitero di lamiere, ma di un ecosistema complesso e tecnologicamente avanzato che l’Unione Europea sta ridisegnando completamente.
Il nuovo Regolamento ELV (End of Life Vehicle) continentale sta per cambiare in modo radicale le carte in tavola del settore automotive. Come ha spiegato Paulius Saudargas, relatore della proposta al Parlamento Europeo, l’obiettivo è ambizioso: “Sostenere la transizione dell’Europa verso un’economia pulita e circolare entro il 2050”.
Ma cosa significa tutto questo in pratica? Semplice: ogni auto che oggi esce dalla fabbrica dovrà già sapere come morirà. L’ecodesign diventerà obbligatorio, rendendo i veicoli più facili da smontare e riciclare, un po’ come quando IKEA fornisce le istruzioni per montare un mobile, ma al contrario.
Il vero colpo di scena di questa storia è che gli autodemolitori – spesso considerati gli ultimi della fila nella catena automotive – si ritrovano improvvisamente sotto i riflettori. Dal 2030, ogni impianto dovrà raggiungere l’85% di recupero del veicolo demolito. Non è un obiettivo da poco: significa che di un’auto da 1.000 kg, solo 150 kg potranno finire in discarica.
“Solo chi raggiungerà questo target potrà restare sul mercato” ha chiarito Anselmo Calò, Presidente dell’Associazione Demolitori di Autoveicoli (ADA). Una sorta di Hunger Games della demolizione, dove la sopravvivenza dipende dalla capacità di essere efficienti e sostenibili.
La vera novità è che costruttori e demolitori dovranno imparare a ballare insieme. Le case automobilistiche saranno responsabili finanziariamente del recupero dei loro veicoli, dovendo coprire i costi non già ammortizzati dalla vendita di pezzi di ricambio usati e materie prime riciclate.
Xavier Kaufman di Renault, intervenuto a un evento ADA, ha messo in evidenza un segnale importante: i grandi costruttori stanno iniziando a guardare agli autodemolitori non più come a un male necessario, ma come a partner strategici per l’economia circolare.
Ma c’è anche un aspetto più inquietante in questa storia: ogni anno in Europa spariscono nel nulla 3 milioni di veicoli a fine vita. Sì, avete letto bene: 3 milioni. Dove vanno a finire? Probabilmente esportati illegalmente fuori dall’Europa o smantellati nel mercato nero dei pezzi di ricambio.
Il nuovo Regolamento punta a contrastare anche questi fenomeni, con controlli più stringenti e maggiore tracciabilità. Perché un’auto che sparisce senza essere riciclata correttamente è una risorsa perduta per sempre.
Non tutti però sono destinati a sopravvivere a questa rivoluzione. Come ha sottolineato il deputato europeo Stefano Cavedagna, molte piccole e medie imprese del settore – spesso aziende familiari – rischiano di essere schiacciate dalla nuova burocrazia e dai costi degli adeguamenti tecnologici.
È stata proprio la lobby italiana, guidata dai parlamentari Cavedagna, Maran e Sardone, a ottenere alcune modifiche cruciali al testo, distinguendo chiaramente il ruolo dei demolitori da quello dei frantumatori e limitando gli obblighi burocratici più gravosi.
La prossima volta che vedrete un’auto abbandonata in un parcheggio, non pensate a un semplice rottame. Pensate a una miniera di materiali preziosi che aspetta solo di essere estratta nel modo giusto. Perché in un mondo dove le risorse scarseggiano e l’ambiente ci presenta il conto, anche l’ultima corsa di un’auto può diventare l’inizio di una nuova storia. La domanda è: siamo pronti a scrivere questa storia in modo intelligente, o continueremo a sprecare opportunità che letteralmente ci passano sotto il naso ogni giorno?
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