STORIE – Le “Boda Girls”, le motocicliste che stanno cambiando il Kenya

Sono nate come un gruppo di moto-tassiste, ma grazie alla collaborazione con un ospedale locale, oggi garantiscono un servizio di trasporto sanitario gratuito per le donne di ogni età

Non è semplice vivere in Kenya, uno dei Paesi africani più battuti dal turismo ma non dalla ricchezza, che resta nelle mani dei soliti pochi, costringendo chi ci nasce a inventarsi ogni giorno qualcosa di nuovo per sopravvivere.

Monica Atieno, tre figli da mantenere e un marito che lavorava quando riusciva, un giorno si è stancata delle regole che in qualche modo sembravano imporre alla sua famiglia miseria e povertà. Senza dire niente a nessuno si è iscritta ad un programma di guida per donne, uno dei tanti progetti creati dalle organizzazioni umanitarie che agiscono in Kenya per dare opportunità alle donne.

Dopo mesi di corso, con la patente in mano, è riuscita ad acquistare da un vicino una vecchia e scassatissima moto che avrebbe pagato un po’ per volta. Aveva in mente di diventare una “boda boda”, una tassista, secondo la tradizione uno dei mestieri riservati agli uomini almeno fino a quel giorno, quando Monica forse senza saperlo ha dimostrato quanto fosse vera una celebre frase di Albert Einstein: “Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, fin quando arriva uno che non lo sa e la inventa”.

Monica Atieno non aveva inventato nulla, non aveva studi alle spalle e forse neanche le capacità tecniche, ma semplicemente ha deciso di voltare pagina fregandosene se fino ad allora salire su una moto era considerato un gesto sconveniente per una donna. E ancora di più mettendoci tutto il coraggio di cui disponeva, perché accettare sulla propria moto uomini sconosciuti significava mettere in conto il rischio di molestie e violenze sessuali.

Per garantirsi la sicurezza, Monica ha iniziato a girare per i villaggi vicini al suo reclutando donne disperate come lei, fino a formare poco alla volta le “Boda Girls”, un gruppo di motocicliste vestite di rosa dalla testa ai piedi per rendersi riconoscibili, che hanno deciso di lanciare la sfida ad un mondo costruito dagli uomini su misura per gli uomini.

Oltre a imparare a guidare la moto su sentieri polverosi che le piogge rendono spesso delle paludi, le Bonda Girls sanno riparare da sole le proprie moto, si allenano per imparare tecniche di difesa e viaggiando in gruppo sanno di essere al riparo dai malintenzionati.

Quando il primissimo gruppo è formato, la notizia delle Boda Girls ha fatto in fretta il giro dei villaggi arrivando anche a Dan Ogola, fondatore del “Matibabu Hospital” di Ukwala, un pugno di capanne ai piedi dell’equatore, che dopo aver chiesto la collaborazione della “Tiba Foundation”, ha un’idea: l’ospedale era pronto a reclutare a pagamento le moto-tassiste per offrire alla popolazione un servizio di trasporto gratuito per visite, ricoveri, terapie e controlli, ma a disposizione anche per scortare le donne che vanno al lavoro e assicurarsi che le bambine arrivino a scuola e a casa dopo l’uscita.

All’inizio, il gruppo era formato da 10 donne, mentre oggi si contano 51 Boda Girls che in questi anni sonio riuscite ad accompagnare in ospedale circa 6.000 donne, facendo aumentare il numero di parti in ambiente ospedaliero del 67%, con conseguente calo delle morti premature dei bimbi.

Da donne inizialmente considerate ribelli su cui fiorivano aneddoti e pettegolezzi, le Boda Girls sono diventate un simbolo di speranza, resilienza e determinazione per chiunque da quel giorno, com’era successo a Monica Atieno, si sveglia una mattina e decide di voler cambiare il proprio destino.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *