Tesla’s secrets
Qualcuno non lo capisce. Non lo vuole capire. Lo ignora. Non ne vuole sapere.
Nella testa di moltissimi giornalisti ci sono ancora i Flinstones e le loro strambe macchine fatte di tronchi e rulli di pietra. O, nel migliore dei casi, descrizioni che si elevano ben poco oltre le vette raggiunte da Corrado Guzzanti e il suo geniale spot dove elogia le incredibili doti della “’na macchina”.
Inizio ironico e un po’ irriverente serve per chiedere che l’innovazione non sia vista da una prospettiva usuale. In questo periodo della storia dell’evoluzione dell’auto occorre fare tabula rasa, resettare i cervelli e aprire la mente.
Se non si fa così una vettura molto innovativa come la Tesla Model S finisce per essere descritta dallo stesso punto di vista con il quale si osserva una normale “’na macchina” (sigh!).
Occorre renderle giustizia a questo oggetto star & stripes e parlarne in modo diverso.
Intendiamoci: non è un articolo contro le vetture tradizionali. Non è neppure una critica ai giornalisti specializzati in auto. E’ solo separare questo concetto da quello della Tesla.
I visionari come il designer Mike Robinson, che già qualche tempo fa (in tempi non sospetti) profetizzavano le teoria della guida autonoma e – udite udite – della scomparsa del volante, oggi sono anche gli ingegneri che narrano l’attualità e il prossimo futuro.
Ma emergono anche sagge considerazioni come quella di Marcello Gandini: nel corso di un’intervista rilasciata qualche anno fa ha detto che l’auto in questi anni si è evoluta pochissimo, perché le sono state solo aggiunte delle cose. E che la sfida del futuro sarà quella di togliere. Fermatevi a pensare e osservate il vostro smartphone: quanti tasti lo separano da quello che usavate nel 2005?
Ma ecco alcune considerazioni che rendono la Tesla un’altra cosa rispetto a “”na macchina”.
Spenta o accesa?
Su una Tesla questo concetto è evaporato. Semplicemente la vettura è sempre connessa. Il che la rende simile ad un enorme smartphone con il design di una vettura. Altro che “’na’ macchina”. Esattamente come un telefono portatile la cosa veramente importante è la quantità di energia disponibile. Tutto sulle Tesla funziona come un’app. Tramite il telefono si può gestire la vettura a distanza. Compresa, naturalmente, l’aria condizionata. La connessione perenne serve anche per aggiornare i vari software della vettura e permettere alla vettura di “interagire” con l’ambiente circostante. Nell’epoca dell’internet delle cose, dove gli oggetti dialogano fra di loro, questo è fondamentale anche per motivi di sicurezza. Il canale è aperto, state sintonizzati. Le trasmissione parlano di vetture in grado di “vedere” l’ambiente circostante, di dialogare con gli altri veicoli, di avvertire il guidatore in caso di manovra errata. O, semplicemente, di adattarsi alla strada che stanno percorrendo (buche e dossi compresi).
Il tappeto volante.
Le uniche componenti meccaniche che può apprezzare sulla Tesla Model S un (bravo) tecnico “old style” (cresciuto a pane e pistoni) sono le sospensioni. Ma se ci sofferma su quella si rischia di “inquadrare” la vettura sempre con la lente usata per le vetture tradizionali, perdendo di vista le varie “magie” che sono in grado di fare questi componenti.
Tra queste una in particolare (praticamente dimenticata da tutti i giornalisti italiani che hanno avuto in prova la vettura californiana): le sospensioni con memoria. Nelle macchine normali al massimo erano intelligenti, ma inesorabilmente smemorate. Quella della Tesla riconosce non solo la qualità e il tipo di strada che sta percorrendo, ma si ricorda anche quali sono le strade che ha già percorso e quando. Abbinando l’intelligenza alla memoria si ottengono cose straordinarie (senza scomodare Isaac Asimov e le sue leggi sulla robotica). Non si capisce l’utilità della connettività tanto pubblicizzata nelle vetture con motore termico (fonte di molte distrazioni) se non è legata anche all’ambiente esterno che sta “vivendo” in quel momento il veicolo. Nella vettura americana questa dote è utilizzata per “abbinare” il veicolo con il percorso. La Tesla sa dov’è in ogni secondo. Se per esempio percorrete spesso una strada con i dossi o dissestata “lei” impara il percorso e agisce di conseguenza: alza le sospensioni e le ammorbidisce.
SUV
No, non è la Model X. E’ sempre la S: grazie alle sospensioni pneumatiche raggiunge un’escursione simile a quella di qualche vettura nata per il fuoristrada.
Modalità camper
Questa è una funzione che non c’è nemmeno sui manuali dati agli utenti della Tesla: se ci si ferma per dormire (abbattendo i sedili si ottiene una superficie piatta) si può riscaldare o rinfrescare l’abitacolo a piacimento, facendo mantenere una temperatura costante dai computer di bordo. Senza accende il motore (ci siete cascati vero? Ah ah…).
Tasti, tastini, tastoni? What?
L’impostazione dell’inizio del secolo scorso è scomparsa. Qui c’è una mega schermo centrale, personalizzabile a piacimento: ci si può mettere quello che si vuole. Di fronte al guidatore c’è una strumentazione digitale. Ma l’abitacolo è essenziale. Niente manopolone e schiere di comandi: tutto smaterializzato. E’ la strada che porta ad una diversa concezione dell’abitacolo. Grazie alla guida autonoma sarà sempre più un ambiente da vivere, simile a una stanza.
Stereo su 4 ruote.
C’è un musicista americano che usa la sua Model S in un modo molto particolare. Talvolta va giù in garage, “l’accende” e ascolta musica. Tranquilli, non stiamo parlando di alcuni tentativi di suicidio andati a vuoto. Se fosse così questo amante della musica dovrebbe prendere una vettura con motore tradizionale. Lui usa la sua Tesla per ascoltare la musica dall’eccellente stereo, magari godendosi il fresco garantito dall’aria condizionata. Ah: sulla Model S c’è tutta quella del mondo grazie a Spotify (servizio di musica online). Grazie alla connessione perenne il computer la scarica in tempo reale da server lontani migliaia di chilometri. Ciao ciao cd, mp3, pennette e compagnia bella. Puff…svanite.
Autopilot, il più bravo
Ormai la sanno tutti (spero anche dalle parti di Bedrock, la città dei Flintstones): il sistema di guida automatica della Tesla è quello che ha più “esperienza” in assoluto. Grazie all’uso degli utenti, i dati immagazzinati dall’azienda di Elon Musk sono superiori a quelli di qualsiasi altro concorrente che si sta cimentando in questo progetto (Google compreso). E sono tutte belle esperienze, perché raccolte su strada da utenti normali: non collaudatori su strade “conosciute”. La vettura della Casa di Freemont se la cava bene anche nei parcheggi (sia perpendicolare sia parallelo). Piccola perla: da qualche settimana l’autopilot è ulteriormente migliorato e rallenta prima delle curve per affrontarle alla velocità giusta). Il bambino sta imparando a correre, tra poco andrà in bici (senza rotelle).
Modalità “Valet”.
Talvolta capita. Capita di lasciare la vettura in sosta in un parcheggio custodito, dove dovete lasciare la vettura aperta per poter permettere al personale di spostarla. In questo caso si possono bloccare il baule anteriore e il cassetto portaoggetti. E, ciliegina sulla torta, limitare la potenza.
Speed holiday on ice.
Con le versioni D (dual, doppio motore e quindi trazione integrale) anche miti come l’Audi Quattro rischiano la depressione. La P90D fa lo 0/100 sul ghiaccio in 6 secondi. Senza un bel po’ di ferro: oltre a alberi di trasmissione, differenziali e altri aggeggi la Tesla riesca fare meno anche di chiodi sulla gomme. In un millesimo di secondo il sistema dosa la potenza su ogni singola ruota, con una precisione difficilmente raggiungibile da qualsiasi sistema meccanico. Consiglio a chi guida le Audi Quattro sulla neve di tenersi lontano da una P 90 D. Per la serie: anche i miti cadono. E si fanno male.
La batteria di casa.
Un altro concetto rivoluzionario che veicola Tesla (inteso come azienda) è la possibilità di utilizzare una batteria di sua invenzione per accumulare l’energia prodotta dalla casa tramite pannelli solari. Questo grazie alla powerwall: una batteria alta 1300 mm, larga 860, profonda 180, che è in grado di garantire una quasi totale autonomia energetica alla propria abitazione. E- perché no, in futuro – ricaricare la Model S di notte. In parole povere la casa diventa – per qualche ora del giorno – una fonte di energia (quella in eccesso può essere ceduta alla rete). E, in casi di necessità, si può integrare con la vettura.
Concetto di rifornimento (e di tempo).
Per chi guarda le Tesla da una vettura con motore termico non c’è santo che tenga: l’attenzione (negativa) si sposta subito sull’autonomia e sulla scarsità di colonnine di rifornimento. Probabilmente la stessa cosa che pensavano quelli che andavano a cavallo mentre osservavano i primi automobilisti. Il rifornimento (disponibilità di “prese in giro” a parte) è strettamente legato al concetto di tempo: invece di mettere la quantità di energia in breve tempo (leggasi benzina) nel caso delle vetture elettriche gli elettroni ci mettono un po’ di più. Ma c’è un vantaggio: il distributore – per chi ha un garage – è a casa: la presa elettrica. Tenuto conto che la maggior parte degli automobilisti europei percorre mediamente circa 80 km al giorno per gli spostamenti casa-lavoro-casa si comprende come una carica possa bastare per circa 3 giorni.
Prospettive e prenotazioni.
Quasi 400 mila prenotazione per la Model 3. Quale altro amministratore delegato di una casa automobilistica può vantare questo portafoglio ordini relativo ad un modello appena lanciato? Se anche solo il 50% di queste si trasformerà in ordini il successo sarà clamoroso. A proposito: Elon Musk cerca uno stabilimento in Europa. Si sono fatti avanti Francia e Germania. Dall’Italia – e da Torino in particolare – nessuno si è fatto sentire. Eppure qualche anno fa avevano fatto ponti d’oro per lo strampalato piano industriale di Gian Mario Rossignolo, che prevedeva la costruzione di un SUV con marchio De Tomaso. Per un distretto industriale che ormai lavora moltissimo anche per i tedeschi questa mancanza d’iniziativa è inspiegabile e fa riflettere.
Tecnologia del gruppo
Forse lo sapete tutti: Elon Musk, “patron” (definizione italica molto kitsch) è l’inventore di PayPal. Ma è anche l’imprenditore che ha creato Space X, una piccola aziendina che fa cosine da niente: la sua capsula Dragon fa avanti e indietro per rifornire la stazione orbitante di vettovaglie varie , mente il Falcon 9 è un missile che, dopo aver messo vari satelliti in orbite geostazionarie diverse, ritorna “in retromarcia” a terra (sembra di vedere un film di Ridolini che scorre all’indietro, ma è vero). Insomma, le sorelle e i fratelli della Model S sono questi aggeggi qui. Meditate gente, meditate…
Per saperne di più
Il manuale per gli utenti, disponibile sul sito www.teslamotors.com.
Per essere al corrente di tutto c’è invece il mitico teslaforum.it utile punto di riferimento per avere informazioni dai svariati proprietari di vetture Tesla. Difficile che un giornalista riesca a comprendere una vettura così complessa provandola per un breve periodo: meglio affidarsi anche agli utenti più esperti. E’ il giornalismo ai tempi del web, bellezza. Fine della liturgia letta sulla carta stampata e della “messa cantata”. E’ stato bello. Amen.
Sistema contro le armi biologiche
Di sicuro piacerebbe a James Bond. Da pochissimo la Model S ha un sistema di filtraggio dell’aria HEPA di qualità ospedaliera, in grado di rimuovere dall’aria in ingresso il 99,97% dei gas di scarico e di non far entrare nell’abitacolo polline, batteri, virus e inquinamento vario. Per i 007 “de’ noantri” c’è la modalità “difesa da armi biologiche”, in grado di creare una pressione positiva all’interno dell’abitacolo. Quel che basta per proteggere i passeggeri da qualsiasi minaccia.
Ottima decisione…godiamocela!
è una “Vettura”, ed è innegabilmente il futuro del trasporto.
Toccherà adattarsi sia per il bene del pianeta che dell’economia domestica.
Ma, intanto, mi sono preso una Corvette del ’68 con cambio manuale per ricordarmi come sono fatte le “Macchine”.
Tutto bello, ma a tanta tecnologia toccherà abituarsi perché prende il sopravvento.
Io non amo le sportive, specie in città, e avevo impostato le sospensioni alte tipo fuoristrada. Dopo dieci metri aveva già deciso da sé di tornare in assetto sportivo rasoterra.
Con un’auto che fa quello che vuole toccherà reimparare a guidare. Soprattutto ad imporsi