La locomotiva tedesca è un po’ meno elettrica
La Germania è ancora il maggiore mercato automobilistico europeo (2,817 milioni di immatricolazioni), ma al termine del sofferto 2024 ha perso il primato elettrico. Lo ha ceduto al Regno Unito, dove malgrado la Brexit i volumi dei veicoli a zero emissioni sono schizzati del 21% a 381.970 esemplari, contro le 380.609 registrazioni (-27,5%) contabilizzate dalla KBA, l’ufficio federale dei trasporti tedesco.
La Norvegia, dove lo scorso anno l’88,9% delle immatricolazioni è stato di BEV, è ancora lontana ma in termini di quota il mercato d’Oltremanica ha dato un segnale di grande vivacità raggiungendo il 19,6%, mentre in Germania si è fermato al 13,5%. I volumi tedeschi totali sono rimasti pressoché stabili (-1%), grazie soprattutto alle vendite di veicoli ibridi (+12,7%) con una penetrazione, plug-in incluse, che ha sfiorato il 34%.
Il governo di coalizione a tre (socialdemocratici, verdi e liberali) nel frattempo sfiduciato – in Germania si va a elezioni anticipate il 23 febbraio – aveva eliminato anzitempo le sovvenzioni all’acquisto di auto elettriche anche per i privati. Che sono poi i clienti che mancano: attraverso questo canale lo scorso anno è stato targato appena il 32% delle auto nuove. Nel 2020 era il 37%.
Il mercato non si è ancora ripreso: prima della pandemia viaggiava attorno ai 3,6 milioni di esemplari e anche rispetto alla media del lustro che ha preceduto il Covid ha volumi inferiori di circa un quinto (il 19% per le aziendali e il 27% per le famiglie). Nemmeno il mercato dell’usato è tornato sui livelli che hanno preceduto la crisi, ma è sotto “solo” del 10%.
Le difficoltà riguardano il mercato più che i costruttori tedeschi, che pure hanno ceduto quote: nel 2019 avevano una penetrazione del 60%, che a fine 2024 è scesa al 55%. La flessione è ascrivibile soprattutto a Ford, che nella contabilità della Germania è considerato nazionale pur essendo americano. In cinque anni l’Ovale Blu è passato da una quota del 7,8 ad una del 3,5%.
La temuta concorrenza cinese è ancora sostanzialmente irrilevante malgrado quasi tutte le case automobilistiche (inclusa la turca autarchica Togg) scelgano generalmente la Germania come uno dei primi Paesi per l’offensiva europea. Lo scorso anno l’auto cinese non ha raggiunto le 35 mila immatricolazioni con una penetrazione attorno all’1,2%, con la sola MG che vale 21 mila targhe e lo 0,7% di quota. La situazione è certamente destinata a cambiare, anche per la stessa Tesla, i cui volumi sono schizzati del 251% tra il 2019 e il 2024 nonostante una flessione significativa (-41%) nel 2024. In termini percentuali, nell’ultimo lustro sono lievitate anche le consegne di Lotus (riconducibile alla cinese Geely), +143%, e di Ferrari (+85%). Lo scorso anno il miglior risultato percentuale lo ha ottenuto la rivale americana (con fondi sauditi) della casa automobilistica guidata da Musk, ossia la Lucid Motors (+296%). Volkswagen è il solo marchio con una quota in doppia cifra (19,1%), tra l’altro in crescita del 3,4%, seguito da Mercedes-Benz con il 9,2% (-7%) e Bmw con l’8,3% (-0,1%) con Skoda solitamente primo marchio straniero addirittura ai piedi del podio con il 7,3% (+22%) grazie al sorpasso a spese di Audi (7,2%, -18,1%).
Il futuro del mercato si gioca sull’elettrico, il cui calo di vendite ha penalizzato anche il dato medio delle emissioni di CO2, tornate a salire del 4,2% a quasi 120 g/km. Il segmento è più che effervescente e nel 2025 è atteso l’esordio di modelli più accessibili: nel 2019 a listino esistevano appena 30 modelli, diventati 106 nel 2023 e schizzati a 141 lo scorso anno. L’offerta, insomma, c’è: per il momento mancano ancora i clienti, ma non è escluso che il prossimo esecutivo possa reintrodurre gli incentivi per il rinnovo del parco auto proprio in concomitanza con l’arrivo di compatte del gruppo Volkswagen a prezzi interessanti.
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