CURIOSITÀ – I piloti di Formula 1? Dilettanti rispetto agli aurighi romani!
Pensate che i piloti di Formula 1 siano l’apice dell’adrenalina? Ma se tornate con la mente indietro nel tempo, fino all’epoca dell’antica Roma, scoprirete che il brivido della velocità aveva già allora i suoi re: gli aurighi. Dimenticate monoposto da milioni di euro e dotate di sofisticatissimi sistemi di sicurezza. Pensate invece a un carro tutto sommato molto semplice, trainato da due o quattro cavalli scalpitanti, un circuito di sabbia e polvere e un pubblico inferocito che urla a squarciagola. Per gli aurighi era come guidare un bolide senza freni in un rodeo.
Immaginatevi a bordo di una di quelle bighe o quadrighe, con le redini strette in mano e il cuore che batte a mille. Un attimo dopo la partenza, i cavalli scattavano come frecce, trascinandovi in un vortice di polvere e sudore. E poi le curve, ai due vertici del circo Massimo, dove un attimo di distrazione poteva costare la vita. Non c’erano assistenti di guida, né ingegneri che analizzavano i dati in tempo reale. C’era solo l’auriga, il suo carro e quattro cavalli selvaggi da domare.
Altro che monoposto, provate con le bighe!
Un aneddoto? Si racconta che un famoso auriga romano, durante una gara particolarmente avvincente, perse il controllo del suo carro e finì rovinosamente a terra. Mentre la folla tratteneva il fiato, l’auriga si rialzò, si spolverò la tunica e, con un sorriso sardonico, rimontò sul carro, come se nulla fosse successo. Il pubblico impazzì di gioia, tributandogli un’ovazione che echeggiò per tutto il Circo Massimo.
Insomma, se finora pensavate che la Formula 1 è pericolosa, provate a immaginarvi ai tempi dei romani. A quei tempi sì che l’adrenalina scorreva a fiumi!
Oggi le corse sono ospitate in circuiti velocissimi come il leggendario tracciato di Monza o in piste cittadine dall’inconfondibile glamour come Monte Carlo. Nel mondo romano il “circuito” per eccellenza era il Circo Massimo, un’arena che poteva ospitare fino a 250 mila spettatori: altro che le tribune VIP di oggi, all’epoca si parlava di palchi dell’imperatore o dei patrizi più importanti. E nelle aree meno prestigiose degli spalti, il pubblico urlava, scommetteva e lanciava insulti agli aurighi meno veloci.
A proposito di velocità, oggi i piloti di Formula 1 posso superare facilmente i 300 km/h in rettilineo, valore inarrivabile per gli aurighi: con i cavalli migliori e un pizzico di fortuna, potevano sfrecciare a circa 60 km/h… ma tenete conto che lo facevano su un carro di legno che traballava come un moderno monopattino, con le ruote senza camere d’aria e senza pneumatici.
Ingegneri, stallieri, meccanici e… cavalli
Le carriere degli aurighi, come quelle dei piloti fino a qualche decina d’anni fa, erano spesso segnate da spettacolari e gravi incidenti. Oggi barriere di sicurezza, caschi integrali e tute ignifughe riducono drasticamente i rischi. Gli aurighi contavano solo sulla loro destrezza e, magari, su una preghiera a Marte. Se un auriga perdeva il controllo, il carro si ribaltava, i cavalli impazzivano e l’arena si infiammava.
I piloti odierni attirano milioni di fan sui social, ma anche gli aurighi erano delle superstar. Il più famoso di tutti fu Gaio Apuleio Diocle. Diocle – specializzato nel guidare quadrighe – era un po’ come l’alter ego di Lewis Hamilton: la sua carriera durò oltre 20 anni e fu caratterizzata da innumerevoli vittorie. Si stima che abbia guadagnato una fortuna equivalente a miliardi di euro odierni, soldi che lo resero uno degli atleti (e forse degli uomini) più ricchi di tutti i tempi. I suoi prodotti di merchandising erano mosaici e affreschi, altro che t-shirt e cappellini odierni…
I piloti di oggi sono seguiti da un’intera squadra ai box, tra ingegneri, meccanici e analisti. Gli aurighi? Il loro team qualche stalliere e naturalmente i cavalli: e non era facile provare a spiegare ai purosangue di seguire la traiettoria ideale.
Sia gli aurighi sia i piloti sono degli eroi del pubblico, spinti da una passione sfrenata per la velocità. Ma se dovessimo scegliere chi ha il coraggio più grande, forse dovremmo dare un punto in più agli aurighi. Dopotutto, chi di voi salirebbe su un carro trainato da quattro cavalli impazziti, senza cintura di sicurezza e con un pubblico che urla “mors tua, vita mea”?
Ah, dimenticavo un particolare: gli aurighi, oltre a dover fare i conti con i cavalli, dovevano anche guardarsi dalle lance avversarie. Perché le corse al Circo Massimo erano spesso vere e proprie battaglie campali, dove non contava solo la velocità, ma anche la capacità di schivare gli attacchi degli avversari sul carro di fianco. Insomma, una bella differenza rispetto a qualche ruotata in pista!
Quindi, la prossima volta che vedrete un pilota di Formula 1 lamentarsi per un contatto, ricordatevi degli aurighi. Loro sì che sapevano che cosa significava rischiare la pelle per l’emozione della gara.
Insomma, aurighi e piloti sono due facce della stessa medaglia: persone che inseguono la velocità, sfidano i limiti e conquistano il pubblico con il loro coraggio. Gli aurighi non avevano il problema delle gomme da cambiare… ma dovevano preoccuparsi di non finire sotto i loro stessi cavalli.
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