HERITAGE – Coccodrilli e motori: le eccentricità automobilistiche di D’Annunzio

Gabriele D’Annunzio non è stato solo un poeta e drammaturgo, ma anche un autentico appassionato di automobili. In un’epoca in cui le vetture iniziavano a rappresentare il simbolo del progresso e della modernità, il Vate riconobbe subito il loro potenziale, trasformandole in strumenti per esaltare il suo stile di vita unico. Per D’Annunzio, ogni auto era più di un mezzo di trasporto: era un’estensione della sua personalità, un simbolo di lusso, velocità e, talvolta, di stravaganza.

Nei primi anni del Novecento, quando l’automobile iniziava a conquistare le strade italiane, D’Annunzio fu tra i primi a coglierne l’essenza rivoluzionaria. La sua prima vettura, una Fiat 3½ HP, rappresentava un vero gioiello tecnologico per l’epoca, capace di raggiungere la velocità di 45 km/h. Tuttavia, per un uomo come lui, sempre alla ricerca dell’eccezionale, una semplice automobile non bastava: doveva essere unica, personalizzata, capace di riflettere il suo spirito visionario.

Auto da poeta

Tra le automobili più celebri appartenute a D’Annunzio spicca la Isotta Fraschini Tipo 8, una delle più raffinate del suo tempo. Questo modello, noto per il motore potente e il design elegante, incarnava alla perfezione il gusto del poeta. La sua Isotta Fraschini non era solo un’auto, ma un’opera d’arte in movimento: gli interni, modificati su richiesta del Vate, erano rivestiti in pelle di coccodrillo e arricchiti con inserti in legno pregiato. Non sorprende che, durante i suoi viaggi l’auto attirasse sguardi ammirati.

Altre significative auto di D’Annunzio sono la Fiat Tipo 4 – con la quale lo scrittore entrò trionfalmente a Fiume il 12 settembre del 1919 alla testa di un drappello di legionari – e la Florentia 35 HP, prodotta da un’azienda fi Firenze che tuttavia ebbe vita breve, cessando la prosuzione dopo meno di un decennio di attività nel 1910.

La quadriga moderna e una tartaruga d’oro

Sebbene il poeta non fosse un pilota particolarmente abile, partecipò a diverse competizioni, non per vincere ma per il piacere di immergersi in un mondo elitario e vibrante. “L’automobile è la moderna quadriga – scrisse – uno strumento che amplifica il mio essere e la mia brama di libertà”.

In una lettera indirizzata al senatore Agnelli, scrisse anche “l’automobile è femmina”, definendo per sempre il genere del mezzo di trasporto che stava per cambiare la storia dell’umanità.

Durante un incontro che si svolse al Vittoriale il 28 aprile 1932, D’Annunzio consegnò a Tazio Nuvolari un piccolo portafortuna, la nota tartaruga d’oro con l’incisione benaugurate “all’uomo più veloce, l’animale più lento”. E il poeta si fece fotografare insieme con il pilota entrambi seduti sul predellino di una Alfa Romeo 1750 berlina, altro simbolo di lusso e velocità dell’epoca.

Quando la velocità divenne poesia

A proposito di velocità, D’Annunzio condivideva con i futuristi, ispirati da Filippo Tommaso Marinetti, l’entusiasmo per la celerità e per le macchine come simbolo di progresso. “La velocità è poesia” amava ripetere, e il suo parco auto rifletteva questa convinzione. Della sua collezione faceva parte anche una Lancia Lambda, famosa per l’innovativa carrozzeria portante, che rappresentava l’avanguardia tecnologica del tempo.

Molte delle automobili appartenute a D’Annunzio sono oggi esposte al Vittoriale degli Italiani, il complesso monumentale che egli stesso progettò sul lago di Garda. Ogni veicolo racconta non solo una parte della vita del poeta, ma anche un pezzo della storia italiana, un periodo in cui l’automobile diveniva simbolo di emancipazione e innovazione.

Tra il 1910 e il 1930 la produzione di auto in Italia passò da circa 2.500 a oltre 50 mila all’anno, segno di un Paese in piena trasformazione. In questo contesto, D’Annunzio incarnò l’ideale dell’uomo moderno, sempre un passo avanti rispetto ai contemporanei.

Le automobili di D’Annunzio erano molto più che semplici veicoli: rappresentavano la sua filosofia di vita, fatta di bellezza, lusso e un pizzico di follia. Come le sue poesie, erano espressioni di un uomo che non si accontenta mai, sempre alla ricerca della perfezione e dell’eccellenza, anche su quattro ruote. E così, ancora oggi, al Vittoriale, queste vetture continuano a parlare di un tempo in cui la modernità si univa all’arte, guidata da un poeta che amava la vita in tutte le sue forme.

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