SCENARIO – Tra dazi e contromosse, auto costose come un rene?

Il settore automobilistico globale sarà particolarmente colpito dalla guerra dei dazi, con la case produttrici che potrebbero subire cali degli utili tra il 5 e il 15%. Ma gli effetti negativi potrebbero estendersi oltre il settore auto, coinvolgendo numerosi prodotti d’importazione USA verso l’Italia

Se pensavate di concedervi un’auto nuova nel 2025, meglio iniziare a mettere da parte qualche migliaio di euro in più. I prezzi potrebbero infatti subire una brusca impennata e la colpa è della politica dei dazi inaugurata dall’amministrazione Trump e delle inevitabili ritorsioni internazionali che stanno iniziando a seguire. Secondo Federcarrozzieri, l’aumento medio per un’auto nuova potrebbe oscillare tra i 2.500 e i 3.000 euro. Ma attenzione: questo è solo l’inizio di una catena di rincari che potrebbe colpire a tappeto l’intero comparto automobilistico, e non solo.

Un nodo intricato

L’effetto domino potrebbe essere devastante per molti marchi, perché gli Stati Uniti e l’Europa sono legati a doppio filo nella produzione automobilistica. Volkswagen, Audi, BMW, Stellantis, Honda, Hyundai, Kia, Mazda, Toyota, Nissan… nessun “colosso” del settore è esente dal subire subire duri contraccolpi. Ma c’è di più, perché gli analisti del settore mettono in evidenza che i dazi potrebbero causare un calo medio degli utili tra il 5 e il 15%, costringendo i vari marchi a rivedere i loro listini.

Le case automobilistiche più esposte sono quelle che utilizzano il Messico come hub produttivo per il mercato statunitense. Nel 2024, il 44% delle auto Volkswagen vendute negli Stati Uniti proveniva dagli stabilimenti messicani, mentre Stellantis dipende per il 40% dalle sue fabbriche in Messico e Canada. Nissan è esposta per il 31%, Mazda per il 23% e Honda per il 13%. È evidente che un rincaro dei costi di produzione si rifletterà inevitabilmente sui consumatori finali.

Effetto a catena

Ma non è solo il settore automobilistico a tremare. Il Codacons ha lanciato l’allarme su una possibile “raffica di rincari” nel caso in cui l’Unione Europea decida di rispondere ai dazi americani con contromisure equivalenti.

Secondo i dati, l’Italia importa ogni anno dagli Stati Uniti beni per un valore di circa 25,2 miliardi di euro. Nel dettaglio, si tratta di 1,4 miliardi in prodotti agricoli, alimentari e bevande; 1,41 miliardi in computer e prodotti elettronici; 4,3 miliardi in farmaci e prodotti farmaceutici; 500 milioni in apparecchiature elettriche per la casa; 406 milioni in autoveicoli e rimorchi; 350 milioni in prodotti cartacei; 270 milioni in articoli in pelle e abbigliamento.

Qualsiasi misura protezionistica dell’UE potrebbe comportare rincari su questi prodotti, penalizzando imprese e consumatori italiani.

Quindi, chi paga?

A complicare il quadro c’è la situazione dell’economia tedesca che, secondo diverse analisi, sta già attraversando una fase critica. La Germania è il cuore pulsante dell’industria automobilistica europea e una sua crisi potrebbe avere conseguenze ancora più devastanti rispetto agli effetti dei dazi americani. Con una domanda in calo e un’industria in affanno, il rischio è che il settore europeo dell’auto finisca in una spirale recessiva senza precedenti.

A pagare, alla fine, saranno sempre i consumatori. Che si tratti di una berlina di lusso tedesca, di un SUV giapponese o di un’utilitaria prodotta tra Europa e Stati Uniti, il risultato sarà lo stesso: un aumento dei prezzi che graverà sulle tasche di chi, magari, aveva semplicemente bisogno di una nuova auto per andare al lavoro.

E se qualcuno sta già pensando di rimandare l’acquisto in attesa di tempi migliori, gli esperti avvertono: il peggio potrebbe ancora dover venire. Nel frattempo, forse, conviene iniziare a guardare le biciclette elettriche… almeno finché non mettono dazi pure su quelle.

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