RIEVOCAZIONI – Il Raid Pechino-Parigi, anno di grazia 2025
Riportato in vita nel 2019 con le stesse regole primordiali del 1907 e riservato a vetture d’epoca, il challenge giunto alla nona edizione è pronto ad affrontare 37 giorni di viaggio per 14.500 km attraverso 12 Paesi
Giusto per orientarsi a livello storico, nel 1907 Maria Montessori apre la sua prima scuola, e nello stesso anno a Londra entrano in servizio i primissimi taxi a tassametro, mentre in Ungheria esce “I ragazzi della via Pál”, romanzo di formazione di Ferenc Molnár destinato a diventare un classico della letteratura per ragazzi.
Nello stesso anno, il 10 di agosto, il decimo principe di Sulmona Luigi Marcantonio Francesco Rodolfo Scipione Borghese ed Ettore Guizzardi, il suo umile autista, vincono – facendo il vuoto dietro di loro – la prima edizione del massacrante “Raid Pechino-Parigi”.
Vista con gli occhi e le tecnologie di oggi poco più di una scampagnata di difficoltà media, ma se riportato a quasi 120 anni fa diventa un’impresa epica per gente tosta, disposta a salutare mogli, figli e servitù senza lasciare in pegno nessuna certezza di ritorno. Detto in cifre, un trastullo da 16mila km, esattamente quelli che dividono la capitale della Cina da quella francese, disseminati di tratti di strade spesso inesistenti, senza nessun appoggio logistico, tangenziali o distributori, e men che meno coppe e premi ad aspettare i primi, ma fatto con la sola e unica consapevolezza di voler mettere il proprio nome su una pagina epica della lunga storia dell’automobile.
Tutto era inizia nel gennaio dello stesso 1907 con un breve annuncio comparso sul quotidiano “Le Matin” che invitava chi si sentiva pronto “a dimostrare che dal momento in cui l’uomo ha l’automobile, può fare e andare ovunque”. Non è ancora del tutto così oggi, figuriamoci allora.
Ma la storia è fatta soprattutto di incoscienze che a volte si trasformano in tragedie e altre – con il benestare del destino – diventano eroismi: rispondono 40 equipaggi, quasi tutti affidati a rampolli annoiati della nobiltà europea, gli unici disposti a versare 2.000 franchi di iscrizione, restituiti solo alle vetture realmente presenti alla partenza. Partono in cinque: un triciclo Contal e due De Dion-Bouton che portano alti i colori francesi, una Spyker che si tiene stretti quelli olandesi ed un’Itala a cui basta il nome per capire da dove arrivi.
Come in quelle barzellette che iniziano raccontando c’erano dei francesi, degli olandesi e degli italiani, sono sufficienti una manciata di ore per capire che l’equipaggio tricolore non ha rivali a livello organizzativo grazie anche alla scelta dell’auto, caduta sull’Itala 35/45 HP, oggi conservata con tutti gli onori al Museo dell’Automobile di Torino, una vettura per l’occasione dotata di tre serbatoi per la benzina e un cambio a 4 marce per una tonnellata e mezza di peso totale, affidata ad un motore 7 litri da 40 CV, oggi una miseria che non basterebbe neanche per un rasoio elettrico, ma ai tempi un mostro di potenza. E malgrado i social fossero ancora lontani, non mancava neanche un’attenzione particolare alle pubbliche relazioni, grazie alla presenza a bordo di Luigi Barzini, giornalista e inviato di guerra del “Corriere della Sera”.
Il 10 agosto 1907, nel cuore della notte, il principe, l’autista e l’uomo con la penna in mano entrano trionfanti a Parigi, accolti dalla folla delle grandi occasioni e dai flash al magnesio dei fotografi. Per la cronaca: la Spyker e le due De Dion Bouton sarebbero arrivate 20 giorni dopo, mentre il triciclo Contal è ancora oggi perso in qualche angolo del deserto dei Gobi, con l’equipaggio che è riuscito a salvarsi solo grazie ad una tribù di mongoli.
Ed è quasi scontato che un’impresa così leggendaria abbia messo a qualcuno l’idea di riproporla: è successo la prima volta nel 2019, da un’idea di “HERO-ERA” che tuttavia non ha voluto adattare l’antico raid ai tempi spalancando il regolamento a differenziali, navigatori satellitari e droni, ma preferendo riproporlo così com’era nato del 1907: con auto d’epoca, senza assistenza, caricando a bordo tutto quello che può servire per affrontare percorsi che perfino le capre cercano di evitare.
In programma dal 17 maggio al 22 giugno prossimi, la nona riedizione – a cadenza triennale – del Raid più celebre della storia significa 37 giorni di viaggio per 14.500 km attraverso dodici Paesi: si parte dai piedi della Grande Muraglia Cinese per poi attraversare la Cina, la Mongolia, il Kazakistan e il Mar Caspio fino all’Azerbaigian, proseguendo verso le difficili piste della Georgia e della Turchia, con un colpo di coda finale attraverso Bulgaria, Romania, Ungheria, Austria e Svizzera per comparire, forse un po’ impolverati, in Place Vendome, nel cuore più elegante di Parigi.
Tre le categorie ammesse: le “Pioneer”, per vetture prodotte fino a dicembre 1920, le “Vintage & Vintageant”, da gennaio 1921 a dicembre 1947 e infine le “Classic”, da gennaio 1948 a dicembre 1975.
Ai nastri di partenza, fra un centinaio di equipaggi iscritti, anche il debutto di una Fiat 500 con targa sanmarinese, la più proletaria vetturetta simbolo dell’italianità alla prima Pechino-Parigi della sua lunga epopea. Al principe sarebbe piaciuta, è matematico.
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