AMBIENTE – La sfida della rimozione del carbonio

La cattura della CO2 rappresenta una delle strade più promettenti per mitigare il cambiamento climatico, ma è ancora molto lo scetticismo. Si tratta di una soluzione essenziale per limitare i danni e costruire un futuro più sostenibile

Probabilmente subito prima del 2030 le persone incaricate di trovare una soluzione alla riduzione delle emissioni di CO2 saranno tipi divorati dall’ansia, con l’agenda piena di meeting per trovare compromessi tra politici e industriali e con sempre meno tempo a disposizione. I target di riduzione delle emissioni di CO₂ sembrano ormai una corsa contro il tempo destinata a concludersi con il fiatone, mentre il 2050 ci osserva da lontano con le braccia conserte. Di fronte a questa situazione, molti esperti suggeriscono di spostare l’attenzione dall’impossibile missione di domare il cambiamento climatico a quella più pragmatica di adattarsi alle sue conseguenze. Ma se ci fosse una terza via, più complessa ma potenzialmente decisiva?

Sogno tecnologico tra speranze e delusioni

Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), una delle strade più promettenti per migliorare le performance di mitigazione è quella della cattura, assorbimento e rimozione del carbonio. Una tecnologia affascinante, ma ancora avvolta in un alone di scetticismo. Come funziona e, soprattutto, è davvero realizzabile su larga scala?

La storia della cattura del carbonio inizia quasi per caso nel 1972 in Texas, quando il CO₂ veniva pompato nel sottosuolo per facilitare l’estrazione di petrolio. Solo nel 1996 si è assistito al primo progetto su larga scala, con il giacimento di gas di Sleipner in Norvegia, dove il CO₂ estratto dal gas naturale veniva immagazzinato nei fondali del mare del Nord.

Questa tecnologia, oggi nota come Carbon Capture and Storage (CCS), era già stata proposta come soluzione per ridurre le emissioni localizzate ai tempi del Protocollo di Kyoto del 1997. Da allora, diverse aziende e istituti di ricerca hanno perfezionato i processi di cattura e individuato siti geologici adatti allo stoccaggio del carbonio.

In Spagna, uno dei più grandi programmi di CCS al mondo ha subito una brusca interruzione con la crisi economica del 2008, ma di recente alcuni esperti stanno cercando di riportarlo in vita. Un destino che sembra comune a molte iniziative di questo tipo: grandi speranze, seguite da altrettante delusioni.

Dalla cattura alla rimozione

Negli ultimi anni, la CCS ha lasciato spazio a un concetto ancora più ambizioso: la rimozione del carbonio o Carbon Dioxide Removal (CDR). L’idea è semplice: se catturare le emissioni è come pareggiare una partita, rimuoverle dall’atmosfera è come segnare il gol della vittoria.

Tra le tecnologie più promettenti ci sono il BECCS (bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio), che cattura il CO₂ prodotto dalla combustione della biomassa, e il DACCS (cattura diretta dall’aria e stoccaggio del carbonio) che aspira direttamente il CO₂ dall’atmosfera. Entrambe, però, hanno ancora un potenziale molto limitato, coprendo appena lo 0,1% delle emissioni globali annue.

Parallelamente, si stanno esplorando usi alternativi per il CO₂, come la produzione di bevande gassate o materiali da costruzione. Ma se l’idea di sorseggiare una bibita che aiuta il pianeta sembra allettante, è evidente che servono soluzioni più incisive.

La natura stessa offre una serie di strumenti preziosi per la rimozione del carbonio. Dalle foreste alle zone umide, passando per le torbiere e i suoli agricoli, gli ecosistemi terrestri rappresentano un potente pozzo di assorbimento di CO₂. Tuttavia, questi processi sono spesso incerti e vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico.

Alcune soluzioni innovative, come il biochar (carbone vegetale), i microrganismi che consumano CO₂ e le rocce frantumate ricche di magnesio e calcio, stanno iniziando a dimostrare il loro potenziale. Progetti come il C-SINK stanno sperimentando questi approcci con il sostegno delle normative europee.

Problema complesso, soluzioni complesse

La transizione energetica è una maratona più che uno sprint, e ogni nuova tecnologia richiede tempo, investimenti e pazienza. Se da un lato la cattura e la rimozione del carbonio non possono essere la bacchetta magica per risolvere la crisi climatica, dall’altro rappresentano un’arma indispensabile per limitare i danni.

In un mondo dove le emissioni continuano a crescere senza controllo, non possiamo permetterci di scartare nessuna opzione. La strada è lunga, ma ogni tonnellata di CO₂ catturata è un piccolo passo verso un futuro più sostenibile.

La sfida climatica – ha affermato lo scienziato ambientalista di fama mondiale Jonathan Foley – non è un problema da risolvere, ma una condizione con cui dovremo convivere per il resto della nostra esistenza”. La vera domanda è se saremo abbastanza saggi da usare tutte le risorse a nostra disposizione, senza lasciare nulla di intentato.

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