Chi ha ucciso l’auto in Italia?

Perché l’industria automobilistica italiana si trova al centro della più grave crisi della sua storia? Perché gli stabilimenti del gruppo Stellantis in Italia lavorano al regime minimo, se non sono addirittura fermi? Perché il numero delle auto prodotte nella nostra nazione è ai minimi assoluti da oltre mezzo secolo? Queste domande se le sono poste tutti, dai lavoratori ai sindacati fino agli amministratori e ai politici, e la grande colpevole della crisi è stata trovata nell’elettrificazione forzata della produzione europea, che non ha incontrato il favore della maggioranza degli automobilisti, proprio coloro che quelle vetture dovrebbero comprarle.

In realtà i motivi della crisi sono molto più profondi e risalgono al momento stesso della nascita di Stellantis, un Gruppo con troppi marchi generalisti presenti nella stessa fascia di mercato e con limitate possibilità di investimento rispetto alle dimensioni e alla presenza globale della Società.

Per quanto riguarda l’Italia bisogna però guardare molto più indietro, alla nascita di FCA e prima ancora ai vari passaggi della Fiat fin dalla metà degli anni Ottanta, quando la presenza al vertice di un abile tecnico come Vittorio Ghidella aveva portato il Gruppo torinese al top della produzione automobilistica europea.

Da quel momento sono stati compiuti decine di errori, dal licenziamento di Ghidella, agli investimenti destinanti alla finanza invece che allo sviluppo delle gamme, dall’alleanza con General Motors alla presentazione di modelli che hanno venduto dieci volte meno delle serie precedenti. L’arrivo di Sergio Marchionne e il debutto di vetture di successo come la Grande Punto e la 500 hanno salvato la Fiat e l’hanno portata al matrimonio con Chrysler. Proprio in quegli anni sono stati però commessi altri incredibili errori, come il blocco dei progetti della 4×4 Alfa Romeo Kamal e della coupé Maserati Alfieri, la presentazione di modelli Lancia completamente “sbagliati” e l’assenza quasi totale di station wagon e SUV nelle gamme del Gruppo.

Tutto questo e molto altro è raccontato nel libro “Chi ha ucciso l’auto in Italia?” scritto dal collaboratore di autologia.net Mario Simoni, per quasi trent’anni una delle “firme” del mensile Auto.

A ritmo incalzante vengono analizzati una cinquantina di modelli italiani: si scoprono così i segreti che hanno portato alla loro nascita e alla fine della carriera, gli “errori” compiuti dal marketing, gli annunci ufficiali sul debutto di auto che poi non sono mai arrivate sul mercato e infine le decisioni di non rinnovare modelli importantissimi come la Punto, la Giulietta o le ammiraglie Maserati, in attesa di puntare “solo” sulle motorizzazioni elettriche.

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