Mercato dell’auto, mentre i cinesi corrono l’Europa arranca
Nel maggio dell’auto europea si vede un po’ di sole, ma l’orizzonte resta grigio. E mentre l’Europa conta le briciole, i cinesi crescono.
Sembra una di quelle gare di Formula 1 in cui, dopo qualche giro promettente, la vettura europea comincia a perdere potenza, mentre i bolidi cinesi sfrecciano indisturbati verso il traguardo.
È un’immagine un po’ forte, certo, ma serve a raccontare una realtà che i dati di maggio mettono in evidenza con chiarezza: il mercato auto dell’Europa Occidentale è in stagnazione. Una parola elegante per dire che siamo fermi.
Infatti, nel maggio 2025 le immatricolazioni nei Paesi dell’area UE, più EFTA e Regno Unito sono cresciute solo dell’1,9% rispetto allo stesso mese del 2024, raggiungendo 1.113.194 unità.
Ma se allarghiamo lo sguardo ai primi cinque mesi dell’anno, il risultato è ancora più modesto: appena +0,1%, con 5.572.458 nuove immatricolazioni. Un soffio. Un nulla, considerando che siamo ancora quasi il 20% sotto i livelli del 2019, prima della pandemia.
Nel frattempo, nel resto del mondo l’automotive non solo ha recuperato, ma è cresciuto del 7,5% rispetto ai livelli pre-Covid. Segno che il problema è soprattutto europeo.
Ma perché?
La risposta è sotto gli occhi di tutti: la transizione ecologica a colpi di bastone.
L’Unione Europea ha puntato tutto sull’auto elettrica, imponendo scelte drastiche alle case automobilistiche, agli Stati membri e agli automobilisti. Una politica fatta più di diktat che di incentivi, con l’aggiunta di multe miliardarie per chi non si adegua.
Ma i risultati, almeno finora, non sembrano giustificare lo sforzo. Le elettriche raggiungono nei primi cinque mesi dell’anno una quota del 17,1%, in crescita rispetto al 13,4% dello stesso periodo 2024. Ma è sufficiente per giustificare la crisi profonda che vive il settore?
Guardando ai principali mercati europei, l’unico sorriso arriva dalla Spagna (+13,6%) anche grazie alla necessità di sostituire le auto danneggiate dalle alluvioni (DANA) nella zona di Valencia.
Seguono Regno Unito (+2,8%) e poi, con andamenti negativi, Italia (-0,5%), Germania (-2,4%) e Francia (-8,2%). Non proprio uno scenario brillante per l’industria continentale.
E mentre l’Europa si dibatte… la Cina avanza. Le case automobilistiche cinesi procedono in Europa a passo trionfale, con modelli sempre più competitivi per prezzo e tecnologia. E a nulla sembrano valere gli appelli e le preoccupazioni espresse anche nei consessi ufficiali, come al recente Festival dell’Economia di Trento.
Persino la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha dovuto ammettere alla Camera che “il settore automobilistico europeo sta attraversando una crisi profonda che ci impone di rispondere con coraggio”.
Ma il punto è proprio questo: dov’è il coraggio?
“L’analisi è perfetta – osserva Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – ma quello che manca è proprio il coraggio da parte di chi governa l’Unione Europea, il coraggio di ammettere che sono stati commessi errori colossali e che il tempo per rimediare, ammesso che sia ancora possibile, è sempre più stretto”.
Parole che pesano come macigni, e che riassumono il clima di preoccupazione crescente in cui si muove l’intero settore.
Il rischio? Non solo economico, ma industriale e strategico. Se l’auto europea continua a perdere competitività, non sarà solo un problema di vendite o di occupazione: sarà una perdita di sovranità tecnologica e industriale, a favore di competitor extraeuropei che hanno saputo affrontare la transizione in modo più flessibile, strategico e, perché no, meno ideologico.
Insomma, forse è davvero ora di smettere di guardare lo specchietto retrovisore e iniziare a correggere la rotta. Prima che la corsa finisca.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!