ACCADDE OGGI – Dalle ruote alle stelle: quando l’auto portò gli USA nello spazio
La storica missione Mercury-Atlas 6 del 20 febbraio 1962 non fu solo il trionfo dell’esplorazione spaziale statunitense, ma anche dell’industria automobilistica di Detroit. Infatti, la tecnologia automotive si rivelò cruciale per il successo del primo volo orbitale di John Glenn
Chi l’avrebbe mai detto che la stessa tecnologia che faceva girare i motori delle auto statunitensi avrebbe contribuito a far girare un astronauta attorno alla Terra? Eppure, il 20 febbraio 1962, John Glenn scrisse la storia non solo dell’esplorazione spaziale, ma anche dell’industria automobilistica degli Stati Uniti.
La missione Mercury-Atlas 6, che vide Glenn completare tre orbite attorno alla Terra a bordo della capsula Friendship 7, rappresentò un trionfo dell’ingegneria spaziale americana in cui l’industria automobilistica giocò un ruolo fondamentale. La capsula Mercury era un capolavoro di tecnologia che incorporava numerose innovazioni sviluppate originariamente per le automobili.
Quando Detroit incontrò Cape Canaveral
I sistemi di controllo della temperatura – cruciali per la sopravvivenza di Glenn nello spazio – erano derivati dai sistemi di raffreddamento automobilistici. Gli ingegneri della General Motors e della Ford contribuirono con le loro competenze nella gestione termica dei motori per creare un sistema in grado di mantenere temperature vivibili all’interno della capsula, nonostante gli estremi termici dello spazio.
I materiali isolanti utilizzati nella capsula erano evoluzione di quelli sviluppati per i motori delle auto da corsa, mentre i sistemi elettrici si basavano su tecnologie già collaudate nell’industria automotive. Addirittura i controlli manuali della capsula si ispiravano ai comandi delle automobili dell’epoca, permettendo a Glenn di pilotare il suo veicolo spaziale con estrema facilità.
La missione durò 4 ore, 55 minuti e 23 secondi, durante i quali Glenn raggiunse i 28 mila chilometri orari – decisamente più della velocità che raggiungevano le auto sportive dell’epoca. Ma il vero record fu quello dell’integrazione tra industrie diverse: l’automotive e l’aerospaziale si unirono in uno sforzo comune che dimostrò come l’innovazione in un campo possa catalizzare progressi inaspettati in un altro.
Auto con destinazione spazio
Quella missione non solo diede agli Stati Uniti il suo primo uomo in orbita, ma dimostrò anche come l’industria automobilistica fosse molto più che semplice produttrice di mezzi di trasporto terrestre. Era un incubatore di innovazioni che potevano spingersi ben oltre i confini della Terra.
Glenn, tornato sulla Terra da eroe, sembra non abbia dimenticato di ringraziare i tecnici della NASA, ma anche gli ingegneri dell’industria automobilistica che avevano contribuito al successo della sua missione. Sembra abbia detto: “Non è stato molto diverso da un lungo viaggio in auto… solo con una vista decisamente migliore”.
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