ACCADDE OGGI – Mario Andretti, il campione con la minigonna

Nato il 28 febbraio 1940 il pilota italoamericano è una leggenda vivente del motorsport, con un palmarès che include il titolo mondiale di Formula 1 del 1978 e numerose vittorie negli Stati Uniti. Oggi rimane un ambasciatore del motorsport

Se fosse nato con un volante tra le mani, nessuno si sarebbe stupito. Mario Andretti è venuto al mondo il 28 febbraio 1940 a Montona (provincia di Pola in Istria, allora regione italiana) ma si trasferì presto negli USA, dove prese la cittadinanza. Da allora, ha corso così veloce che la storia stessa dell’automobilismo sportivo ha dovuto accelerare per stargli dietro.

Andretti è una leggenda vivente, un nome che ha attraversato decenni di motorsport con la stessa naturalezza con cui sorpassava gli avversari in pista. Il suo palmarès parla da sé: campione del mondo di Formula 1 nel 1978 con la bellissima Lotus di Colin Chapman, tre campionati USAC (1965, 1966 e 1969), un campionato CART (1984), la vittoria alla 500 Miglia di Indianapolis del 1969 e tre affermazioni (1967, 1970, 1972) alla 12 ore di Sebring nel campionato internazionale sport prototipi. Ma più delle vittorie, è il suo carisma a renderlo immortale.

Una corsa attraverso le epoche

Gli inizi in Formula 1 sono sporadiche partecipazioni con la Lotus e la March ad alcuni Gran Premi tra il 1968 e il 1970 ma è con la Ferrari nel 1971 che ottiene il primo grande exploit della carriera. Chiamato dalla scuderia di Maranello, Andretti vince il Gran Premio del Sudafrica al debutto sulla Rossa, dimostrando di avere il talento e la grinta per competere ai massimi livelli anche in Formula 1 oltre che nelle competizioni statunitensi. In carriera – divisa a lungo tra Formula 1 a gare USA – conquista il gradino più alto del podio di F1 altre 11 volte.

Il titolo mondiale del 1978 con la Lotus 79 è stato il coronamento di una carriera straordinaria. La vettura progettata da Colin Chapman, con il rivoluzionario effetto suolo (e le famigerate minigonne), si adattava perfettamente allo stile di guida di Andretti – il quale non per niente si conquistò il significativo soprannome di “piedone” – che dominò la stagione con sei vittorie. Il trionfo lo consacrò come uno dei pochi piloti capaci di imporsi sia in Europa sia negli Stati Uniti.

La carriera di Mario Andretti è una corsa attraverso le epoche, dalle monoposto rombanti degli anni Sessanta fino alle più moderne degli anni Ottanta: basti pensare che nel 1982 a 42 anni suonati fu richiamato dalla Ferrari per sostituire l’infortunato Tambay (nella stagione della morte di Villeneuve e dello schianto con ritiro di Pironi) e nel GP d’Italia a Monza si presentò con la pole postion! Scusate se è poco… Il tutto con una passione che non ha mai conosciuto il freno a mano. La sua versatilità è stata il suo marchio di fabbrica: ha corso (e vinto) in quasi tutte le categorie possibili, dalle gare su pista a quelle su strada, fino alla leggendaria Pikes Peak.

L’eroe dei due mondi

Negli Stati Uniti, Andretti ha trovato la sua seconda patria. Ha vinto quattro titoli nel campionato USAC e ha collezionato successi in gare prestigiose come la 12 Ore di Sebring e la 500 Miglia di Indianapolis. La sua rivalità con A.J. Foyt e Al Unser ha infiammato gli anni d’oro dell’IndyCar, creando alcune delle pagine più epiche della storia dell’automobilismo americano. E ha dato vita a una vera e propria stirpe di piloti con il cognome Andretti, fatta di figli e nipoti che hanno seguito le sue orme.

Il suo segreto? Una fame insaziabile di velocità e una capacità innata di leggere e interpretare la gara, trovando spesso il ritmo giusto per andare più veloce dei rivali e tagliare il traguardo per primo. Ma Andretti non è solo un pilota straordinario: è un simbolo di determinazione e di quel proverbiale “American Dream” che lo ha visto emigrare dall’Italia negli Stati Uniti per diventare uno dei più grandi sportivi di sempre.

Oggi, a ottantacinque anni, continua a essere un ambasciatore del motorsport, con lo stesso sguardo vispo e la battuta pronta di chi ha visto tutto, ma ha ancora voglia di stupirsi. Se esistesse un Gran Premio della longevità, Mario Andretti partirebbe sicuramente in pole position.

Buon compleanno, Mario: il cronometro si ferma, ma tu continui a correre.

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