Auto e virus, come il ricircolo dell’aria può diventare un pericolo
In pochi parlano dell’aria carica di CO₂ che prolunga la vita dei virus negli abitacoli delle nostre auto. L’industria automobilistica deve affrontare presto un problema sanitario che potrebbe migliorare la qualità della vita a bordo vettura
Durante la pandemia da COVID-19 il mondo si è abituato a pensare alla distanza fisica, alle superfici igienizzate, alle mascherine. Ma c’è un silenzioso protagonista dell’aria che respiriamo che potrebbe aver giocato un ruolo molto più importante del previsto nella trasmissione dei virus respiratori: l’anidride carbonica, o CO₂.
Uno studio pubblicato su The Conversation ha sollevato un allarme importante in quanto i livelli di CO₂ negli ambienti chiusi non solo indicano quanto un luogo sia affollato e mal ventilato, ma influenzano direttamente quanto a lungo un virus può sopravvivere nell’aria. Un’informazione che, sebbene emersa in ambito medico, potrebbe influire anche nel futuro dell’industria automobilistica.
Secondo gli autori dello studio (Allen Haddrell, ricercatore chimico all’Università di Bristol, e Henry Oswin, ricercatore post-dottorato alla scuola di scienze della Terra e dell’atmosfera della Queensland University of Technology) quando parliamo, tossiamo o respiriamo, rilasciamo minuscole goccioline – aerosol – cariche di virus o batteri. Queste goccioline nascono in un ambiente umido, caldo e saturo di CO₂, fino a 38mila ppm nei polmoni. Ma una volta fuori, subiscono un brusco cambiamento, con temperatura più bassa, meno umidità e una concentrazione di CO₂ drasticamente inferiore.
Questo passaggio modifica il pH delle goccioline. La CO₂, uscendo dalle gocce, porta con sé il bicarbonato, rendendole più alcaline (fino a pH 10). E i virus, come quello del COVID-19, non amano l’alcalinità e si disattivano più rapidamente. Ma se la CO₂ nell’ambiente è alta – per esempio sopra gli 800 ppm – questo cambiamento è rallentato, e il virus sopravvive più a lungo.
L’automobile moderna, soprattutto quelle dotate di sistemi di climatizzazione avanzati, è già pensata per proteggere chi viaggia dall’inquinamento esterno. Infatti, i filtri HEPA (High Efficiency Partciulate Air) garantiscono un livello molto elevato di filtrazione dell’aria, in grado di fermare le particelle fini sospese nell’aria provenienti dall’inquinamento atmosferico esterno, dai cosiddetti COV (composti organici volatili), dai batteri e dai virus.
Tuttavia, i livelli di CO₂ all’interno di un veicolo chiuso possono salire vertiginosamente, specialmente quando il ricircolo dell’aria è attivo e non si introduce aria fresca. Secondo un’inchiesta di The Guardian, già nel 2019 si segnalavano casi in cui, dopo soli 30 minuti con più di due persone a bordo, la CO₂ raggiungeva i 2.500 ppm.
Se, come sostiene lo studio, l’aria con alta concentrazione di CO₂ permette ai virus di sopravvivere più a lungo, allora le nostre automobili potrebbero essere potenziali “incubatori mobili” soprattutto nei mesi invernali o in condizioni di traffico urbano, dove aprire i finestrini non è sempre un’opzione gradevole.
Alcuni produttori si stanno già muovendo. Tesla, pee esempio, ha introdotto nei modelli di gamma alta un “Bioweapon Defense Mode”, un sistema di filtraggio HEPA ispirato alle camere sterili ospedaliere. Hyundai e Kia stanno testando tecnologie per la purificazione automatica dell’aria nell’abitacolo, monitorando anche la CO₂. Ma sarà abbastanza?
Nel suo rapporto sul futuro della mobilità, Bloomberg Green sottolinea che “la ventilazione e la qualità dell’aria saranno centrali nella progettazione degli interni automobilistici post-pandemia, tanto quanto lo sono stati per l’efficienza energetica e la sicurezza”.
E se oggi esistono sensori a basso costo per monitorare il livello di CO₂ in scuole, uffici e case, perché non renderli standard anche nelle auto, integrati nel cruscotto? Un segnale di allarme automatico, per esempio, potrebbe invitare il conducente ad aprire i finestrini o attivare una modalità di ventilazione più intensa.
Come suggerisce The Conversation, l’aria stessa può essere la nostra miglior difesa o la nostra peggiore minaccia. Gestire i livelli di CO₂ non è solo una questione climatica: è una priorità di salute pubblica.
E proprio nell’industria automobilistica – dove si spendono ingenti capitali per rendere le auto più connesse, autonome ed elettriche – l’inserimento di un sistema intelligente di gestione dell’aria potrebbe rappresentare il nuovo confine dell’innovazione. Non solo per comfort, ma per salvare vite. Il viaggio nel futuro dell’auto non dovrà quindi essere solo a zero emissioni, ma anche a basso contagio.
Foto tratta dall’articolo di The Conversation
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