Fiat Uno Turbo i.e.: 40 anni di grinta, tecnica e leggenda italiana
Quarant’anni fa nasceva un mito: la “piccola bomba” che ha fatto sognare una generazione. Oggi è una delle youngtimer italiane più ricercate.
Era il 1985 quando Fiat decise di rompere gli schemi, presentando una delle auto più sorprendenti e controcorrente mai uscite dai cancelli di Mirafiori: la Uno Turbo i.e.. Non si trattava semplicemente di una versione potenziata della auto compatta lanciata sul mercato un paio di anni prima, ( che aveva già superato il milione di unità vendute) ma un audace esperimento ingegneristico e culturale allo scopo di racchiudere il carattere di un’auto sportiva pura nel “corpo” di una utilitaria. Una provocazione ben riuscita, che ancora oggi – quarant’anni dopo – viene celebrata come uno degli esempi più riusciti di “hot hatch” all’italiana.
La Uno Turbo i.e. prima serie arrivò con un cuore pulsante da 1.301 cm³ sovralimentato da un turbocompressore IHI VL2 raffreddato ad acqua e abbinato a un intercooler aria/aria. L’iniezione elettronica Bosch e l’accensione digitale Magneti Marelli completavano un pacchetto tecnico che, per l’epoca, era quanto di più avanzato disponibile in quella fascia di mercato.
Con 105 CV, 147 Nm di coppia a 3.200 giri/min, 845 kg di peso e una velocità massima dichiarata di 200 km/h, la Uno Turbo sfidava a viso aperto concorrenti ben più blasonate. Lo 0-100 veniva coperto in 8,3 secondi, ma era l’erogazione “on/off” del turbo, l’impeto con cui si veniva proiettati in avanti oltre i 3.000 giri, a segnare l’esperienza di guida.
Il telaio, irrigidito con barra antirollio anteriore e sospensioni ottimizzate, era affiancato da un impianto frenante con dischi anteriori ventilati. Il cambio a 5 marce derivava dalla Ritmo 105 TC e contribuiva ancora di più alla sportività del pacchetto. Il tutto condito da una strumentazione da cockpit ( analogica Veglia-Borletti o, su richiesta, completamente digitale firmata Nippon-Seiki) con manometri per pressione e temperatura olio, indicatori per temperatura acqua, livello carburante contagiri, manometro del turbo e l’innovativo “check panel” – un display che avvertiva il conducente di eventuali anomalie su porte, luci, olio e acqua. Una rarità per l’epoca, soprattutto su un’auto compatta.
L’estetica della Uno Turbo prima serie esprimeva una sportività sobria, senza ostentazioni. Paraurti ridisegnati con fendinebbia integrati e feritoie per il raffreddamento dell’intercooler e dell’olio, minigonne e archi passaruota della Uno SX e portellone con spoiler in vetroresina. Inoltre, i cerchi in lega diamantati da 13 pollici montavano pneumatici ribassati 175/60 e coprimozzi con lo scorpione Abarth su sfondo rosso. All’interno dominava il velluto nero, con inserti rossi sulle sellerie che evidenziavano le cinque barrette del logo Fiat, e la moquette in tinta, cinture nere e un volante a quattro razze, oltre a un orologio digitale rosso a cristalli liquidi. Senza dimenticare il sound profondo, grazie al terminale di scarico cromato dalla forma schiacciata. Ogni dettaglio parlava di sportività, ma con gusto.
Una grande potenzialità confermata anche su pista. Nel 1985, Michele Alboreto, all’epoca pilota ufficiale Ferrari in Formula 1, portò, infatti, la Uno Turbo sul circuito di Jacarepaguá in Brasile per un test esclusivo. L’esito fu sorprendente: “Divertente, sincera nella risposta, con un’erogazione del turbo che regala emozioni. Con qualche cavallo in più, sarebbe perfetta anche in pista”, disse il campione. Parole che risuonarono come una benedizione e sancirono l’ingresso della Uno Turbo tra le sportive vere.
La seconda serie: maturità tecnica ed estetica
Nel 1986 ci fu il primo aggiornamento con nuovi colori, mascherina e specchietti in tinta, strisce adesive “Turbo i.e.” lungo le fiancate, e il debutto di un cruscotto digitale verde più leggibile. Il restyling del 1987 introdusse il rivoluzionario (ma problematico) “Antiskid”, un sistema antibloccaggio progettato da AP Lockheed che agiva solo sulle ruote anteriori.
Nel 1989 debuttò la seconda serie. Più matura e moderna ma sempre fedele allo spirito originale. Il motore salì a 1.372 cc, la turbina fu sostituita da una Garrett T2, la potenza aumentò a 116 CV, con uno 0-100 in appena 7,7 secondi. Venne introdotta anche la versione catalizzata da 112 CV per rispettare le normative Euro 1.
Esteticamente, la linea divenne più sobria e raffinata: paraurti con filo rosso, nuovi cerchi a quattro razze, sedili ergonomici a quadretti grigi e neri, volante Momo in pelle. Il comfort aumentò, ma senza rinunciare al carattere. Spiccava la versione Racing, con la scritta in corsivo e dotazioni full optional da vera sportiva: tetto apribile, chiusura centralizzata con telecomando, alzacristalli elettrici, lavafari e vernice metallizzata.
Un capitolo a parte meritano le rare versioni personalizzate da carrozzerie artigianali italiane come Moretti, Giannini, Scioneri, Hormann e Coriasco (Style), che acquistavano le scocche direttamente da FIAT, complete solo della meccanica, per poi trasformarle in esemplari unici, con allestimenti speciali, spesso riportati sul libretto e su targhette identificative. Ogni vettura era rifinita con interni in pelle o Alcantara, cruscotti con radica, verniciature esclusive e accessori di alto livello come l’aria condizionata. Veri e propri pezzi unici, oggi ambitissimi dai collezionisti.
La Uno Turbo i.e. uscì di produzione nel 1994 (con alcune immatricolazioni anche nel 1995), passando idealmente il testimone alla Punto GT. Ma il suo spirito, fatto di coraggio progettuale e di voglia di osare, rimane più vivo che mai. Le sue quotazioni continuano a salire: le migliori versioni originali superano i 20.000 euro, e gli esemplari perfettamente conservati o restaurati sono tra le youngtimer più ambite.
Quello della Uno Turbo i.e. non è stata solo un successo commerciale (oltre 50.000 esemplari venduti), ma un fenomeno culturale. È l’auto che ha permesso a una generazione di ragazzi di sognare ad alta velocità, che ha accompagnato chi cercava emozioni forti ma accessibili. Una Fiat che sapeva osare, che parlava il linguaggio della libertà e della tecnica, e che ancora oggi continua a far battere i cuori degli appassionati.
“La Uno Turbo i.e. è stata molto più di una piccola sportiva: era un sogno a portata di mano, un simbolo di libertà per un’intera generazione cresciuta con il cuore che batteva al ritmo del turbo” – dice Roberto Giolito, Head of Stellantis Heritage. “Aveva grinta, carattere e quel suono inconfondibile che ti faceva voltare al suo passaggio. Era un’auto che parlava ai giovani, ma lo faceva con un linguaggio adulto, fatto di tecnica e innovazioni. Ancora oggi, a quarant’anni di distanza, chi l’ha guidata la ricorda con un sorriso. Perché certe auto non invecchiano: diventano simboli di un’epoca o di una generazione che vuole continuare a sognare.”
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