Il machismo non va di moda

L’Ospite di Autologia, Giulia Marrone, giornalista

È il machismo che distrugge il settore dell’auto e della moto.
Ecco, questo in sintesi il pensiero costruito e confermato dai fatti negli anni. E i giornalisti hanno una responsabilità enorme. Sono i primi emissari di questo delitto.
Perché?
Perché sulla volontà di raccontare un prodotto (sotto forma di notizia e/o approfondimento) prevale la necessità di indossare la tuta da pilota, sfoggiare il più complicato dei linguaggi tecnici, dare sfogo alla necessità di dimostrare la propria capacità di aprire il gas, impennare, fare un burn out, superare ogni limite, meccanico e mentale.
Tutto questo da una parte.
Dall’altra, spesso ci si dimentica che auto e moto raccontano e interpretano la società civile. Sono inseriti in un determinato periodo storico, accompagnano la rinascita o meno di intere nazioni.
Sono icone di stile.
Oggetti aspirazionali che moltiplicano la propria potenza sul grande schermo, grazie alla puntina su un 45 giri, nell’I Phone, tra le righe di un e book.
Il bello di questi mezzi, e il bello di lavorare per raccontarli, è avere il privilegio di guardare, con un volante tra le mani o il sedere su una sella, il mondo intorno.
E offrire uno spaccato economico, la sensazione di una tendenza, l’evoluzione del progresso, il fascino dell’ingegneria, la naturalezza con la quale la forma incontra la funzione.
E chi più ne ha più ne metta.
In mezzo ci sono le abitudini delle donne e degli uomini. La propensione a spostarsi. La voglia di viaggiare. L’esigenza di sentirsi sicuri. L’acquisizione di uno status sociale. Questione di fenomenologia, per scomodare la filosofia.
Mentre le case costruttrici si affannano a intercettare, con anni di anticipo, necessità e mode, per poi tradurle concretamente sul prodotto e nei piani editoriali e nelle campagne pubblicitarie, spesso la stampa se ne infischia.
Ho partecipato a centinaia di presentazioni, nazionali e internazionali. Ho visto motori fondersi, polizia accorrere sul posto per far rispettare i limiti di velocità, bordi di aiuole pubbliche trattati come fossero cordoli in pista, impennate in autostrada, curve cieche senza un minimo di prudenza.
Alla guida giornalisti, colleghi, più o meno esperti.
Durante le conferenze stampa, complete di tutti gli aspetti (dai numeri del mercato ai dettagli tecnici ed estetici), l’interesse per capire dove sta la differenza con altri prodotti o quello che veramente ha portato a quel risultato o come si racconta il mondo dentro quell’automobile, o su quella moto, è veramente fragile.
Nella cena di rito, che segue la presentazione, le chiacchiere sono tutte sulle performance o sull’angolo di camber, anche nel caso protagonista sia una utilitaria.
Tutto corredato da un uso eccessivo del pronome “io” e l’ansia di mostrare i muscoli.
Il machismo esagerato che ti fa dimenticare di essere in una trasferta di lavoro. E non si tratta della passione travolgente che comunque è necessaria per fare questo mestiere.
No, è la virilità che deve trovare il proprio sfogo.
Quando poi viene pubblicato il pezzo, cosa ci trovi dentro? Il solito, la cartella stampa spesso senza un minimo di argomentazione. Spariscono così le curiosità che invece contribuirebbero a creare l’identificazione con il pubblico potenziale: quando fu lanciato il primissimo modello che montava l’autoradio, chi vinse il festival di Sanremo?
Non è forse la consapevolezza del passato e la conoscenza della storia, anche quella infarcita di notizie semplici e banali, che può permetterci di stare a proprio agio nel futuro prossimo?
È più coinvolgente costruire un personaggio alla James Bond, con abiti sartoriali e gusto per l’eccellenza, per lanciare una vettura premium che parlare solo di cavalli.
Insomma, il romanzo popolare, che ti fa sorridere o sognare o credere che sia possibile, è un ottimo strumento anche per raccontare poi la scheda tecnica.
L’automotive è un settore carico di sfumature, di complessità ed è uno dei pochi ancora in grado di generare un minimo di tam tam mediatico.
E tante domande.
Ma non sull’Euro 6, sulle stelle dell’Euro NCAP, sui newton metri. Quanto sul fascino, sul costo, sul risparmio, sulla comodità, sulla sicurezza.
Con il tempo ho maturato il dubbio che la responsabilità sia della componente prevalentemente maschile dell’ambiente, e non di rado maschilista aggiungo. All’interno del quale si muovono, con un po’ più di fatica, anche ottime professioniste.
Lo so, avete letto righe fastidiose, che generalizzano e fanno di tutta l’erba un fascio, antipatiche e anche un po’ sessiste.
Provocatorie ovviamente.
Ma perché siamo quasi a fine anno, pronti a fare buoni propositi. Tra questi anche l’intenzione di cambiare rotta, modo di comunicare, parole per raccontare.
Perché se vogliamo dare il nostro contributo, mantenere il nostro lavoro, sollecitare vagamente l’attenzione delle generazione degli “sdraiati”, per dirla alla Michele Serra, sarà pure il caso di metterci in gioco.
E il machismo, tra i ragazzini, non va più di moda.
Urge un rinnovato romanticismo. Magari con un briciolo di ironia.

1 commento
  1. Renato Ronco
    renato ronco dice:

    Premesso che fornire certi dati di una nuova auto è canonico ed indispensabile perchè noi dobbiamo fornire un servizio al fruitore – lettore o spettatore che sia – è più che logico e giusto che nel dopo prova, a cena o nelle chiacchiere, ci si confronti sui dati e sulle impressioni ( e non sul cazzeggio che a volte è pure irrispettoso nei confronti dell’azienda che non invita certo per fare gossip). Ma non capisco questa accusa di machismo, seppur provocatoria, nelle descrizioni. Intanto io ho sempre fatto e chiesto ai miei collaboratori di fornire sensazioni personali, disancorate dalla cartella stampa, e posso garantire che avendo lasciato le pur parecchie e valide collaboratrici ( da Patricia Pilchard a Maria Leitner, da Carla Consalvi a Beatrice Campani) libere di scrivere i loro testi, gira e rigira le analisi si son ritrovate sempre a gravitare sulle stesse tematiche ora definite “machiste”. Ben vengano quindi nuovi parametri, il più originali possibili, senza venir meno però al dovere dell’informazione corretta e documentata. Ma non certo ” sdraiata”! Come ho già scritto in miei precedenti pezzi il fatto di aver espresso critiche non mi ha mai provocato ritorsioni. Anzi, forse più rispetto. Auguri e buon lavoro

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