In arrivo una tassa sulle auto d’epoca?

Come ogni anno al momento di impostare la manovra finanziaria i nostri governanti, sempre alla ricerca disperata di nuove risorse, trovano molto più facile “inventare” nuove tasse, piuttosto che cercare di individuare tagli alle spese.

Fra le novità attese per il 2018 ha fatto la sua comparsa per la prima volta la plusvalenza sulle opere d’arte, cioè il guadagno ottenuto dai privati nella vendita di un oggetto d’antiquariato e da collezione (anche quando viene ereditato), detraendo il prezzo d’acquisto da quello di vendita e applicando un’aliquota che, in base a quanto è stato ventilato, potrebbe raggiungere il 43%.

Per ora, nell’avanzare ipotesi su questa nuova tassa, si è parlato di quadri, mobili, gioielli e altre opere d’arte, tutti oggetti peraltro che quasi mai hanno alle spalle una documentazione certa sulla proprietà, la provenienza, l’epoca, la plusvalenza ottenuta e la valutazione reale di mercato: sarebbe quindi l’ennesima tassa “stupida”, destinata a mettere in crisi un mercato già in difficoltà come quello dell’antiquariato senza che lo Stato ricavi il gettito previsto.

C’è però un settore delle opere d’arte che prevede certificati di proprietà, indicazioni sull’anno di costruzione e sulla provenienza, prezzi certi decretati dalle aste internazionali e dai listini riportati dalle riviste specializzate: è un settore in costante crescita, che stranamente finora non è stato “bastonato” dai nostri governanti, è quello delle auto d’epoca.

Anche se per ora la parola “auto d’epoca” non è stata accomunata a questa ventilata tassa sugli oggetti d’antiquariato, non ci vuole molta fantasia a pensare male e ritenere che proprio questo mercato è l’obbiettivo a cui in realtà puntano i nostri legislatori.

Il risultato quale sarebbe?

L’inevitabile crollo delle quotazioni per le auto d’epoca di minore importanza storica, quelle che raccolgono l’interesse solo o quasi fra gli appassionati italiani, con la creazione quindi di minusvalenze, più che plusvalenze, con il conseguente blocco del mercato e la perdita di posti di lavoro nel settore dei restauratori, dei carrozzieri e dei semplici meccanici (ma non dei rottamatori!).

Per le auto più importanti, quelle ricercate sui mercati internazionali, si assisterà invece inesorabilmente a una fuga all’estero, in mercati dove continueranno a esserci i compratori e dove individuare e calcolare eventuali plusvalenze sarà molto più difficile. L’Italia perderà così vere e autentiche opere d’arte, dopo che in questi anni già troppe auto d’epoca hanno lasciato il nostro Paese.

A quel punto i nostri governanti cosa faranno? Forse si inventeranno un blocco delle esportazioni delle auto d’epoca, che inevitabilmente porterà a un crollo delle quotazioni sul mercato nazionale (e quindi addio alle plusvalenze), oppure capiranno che questa è l’ennesima tassa che porta più danni che risorse.

È successo lo stesso pochi anni fa per il settore delle imbarcazioni da diporto, e i risultati si sono visti: vogliamo ripeterlo per le auto d’epoca?

Oggi l’ASI, che dovrebbe difendere questo settore e i suoi appassionati, si trova in un difficile momento dirigenziale e non è in grado di fare sentire pienamente la sua voce, ma qualche altra voce dovrebbe alzarsi per evitare l’ennesimo scempio di un tesoro nazionale.

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