Nel 2020, nonostante gli incentivi, in Italia vendute 535mila vetture in meno (-27,93%)
Chiude in profondo rosso il mercato automobilistico nel 2020. In dicembre sono state immatricolate 119.454 autovetture con un calo del 14,95% su dicembre 2019. Nell’intero 2020 le immatricolazioni in Italia hanno toccato quota 1.381.496, un livello da anni ’70 del secolo scorso. La contrazione sul 2019 è stata del 27,93%. Questo risultato sarebbe stato decisamente peggiore se non vi fosse stato l’apporto del pacchetto Benamati che, per la seconda metà dell’anno, ha previsto incentivi, oltre che per le auto ad emissioni zero e a basso impatto, anche per quelle ad alimentazione tradizionale con emissioni di CO 2 non superiori a 110 gr/km.
Le prospettive per il 2021 sono legate all’andamento della pandemia, che, al momento, non sembra lasciare spazio ad eccessivo ottimismo. Il 49% dei concessionari interpellati dal Centro Studi Promotor nell’inchiesta congiunturale mensile condotta negli ultimi giorni di dicembre, considerando anche i nuovi incentivi varati con la Legge di Bilancio, si attende per il prossimo anno immatricolazioni sostanzialmente stazionarie sui livelli del 2020, mentre gli altri concessionari si dividono equamente tra ottimisti e pessimisti.
Con il calo del 2020, il fatturato delle immatricolazioni di autovetture in Italia, secondo le stime del Centro Studi Promotor, ha subito una contrazione di 12,17 miliardi rispetto al 2019, mentre il gettito Iva è calato di 9,97 miliardi. E’ del tutto evidente che per il comparto dell’auto un’altra annata come il 2020 avrebbe effetti catastrofici. Per evitarli sarebbe necessario rifinanziare gli incentivi già varati per il 2021 per le auto con alimentazione tradizionale (ed emissioni comunque contenute) che, se la pandemia non imporrà nuovi lockdown, potrebbero rimanere senza fondi già nel corso del primo semestre dell’anno, ma soprattutto occorrerebbe affrontare la crisi con un nuovo approccio.
Il permanere della pandemia impone infatti al settore dell’auto, come all’economia, di superare la logica degli interventi congiunturali volti a tamponare le falle per adottare provvedimenti di carattere strutturale volti a risolvere i problemi che già erano emersi con grande evidenza prima della pandemia e che la pandemia ha ulteriormente aggravato. Per quanto riguarda l’auto, la grande emergenza italiana prima della pandemia era avere il parco circolante più vecchio d’Europa con un forte impatto negativo, oltre che sull’ambiente, anche sulla sicurezza della circolazione, come emerge dai tassi di mortalità per incidente stradale (55 morti per milione di abitante nel 2019 in Italia, contro i 48 della Francia, i 37 della Germania e i 28 del Regno Unito).
Il Paese, con il “superbonus 110%”, ha varato un grande piano di riqualificazione del patrimonio immobiliare. Dovrebbe ora varare anche un grande piano pluriennale per riqualificare il parco circolante italiano di autovetture, tenendo conto che l’auto, dopo la casa, è il secondo bene delle famiglie italiane per importanza economica. Non ci sarebbe bisogno di coprire il 110% della spesa, come si fa con le ristrutturazioni immobiliari, ma basterebbe un piano di incentivi pluriennali costruito privilegiando le vetture a basso impatto, ma tenendo anche conto che l’apporto delle auto elettriche e a basso impatto nel rinnovo del parco circolante nel 2020 è stato modesto nonostante gli incentivi particolarmente generosi in vigore. Le immatricolazioni di auto elettriche non hanno infatti superato il 2% del totale, mentre per le ibride plug-in (cioè con la spina per la ricarica della batteria) si sono attestate all’1,7% e queste quote non potranno incrementarsi significativamente nel giro di pochi anni.
Il piano di riqualificazione del parco circolante italiano dovrebbe quindi prevedere incentivi strutturali e poliennali per l’acquisto con rottamazione anche di autovetture con alimentazioni tradizionali, ma con emissioni contenute. L’auto elettrica resta la priorità dell’Unione Europea, ma per ottenere questo obiettivo il settore dell’auto sta traendo e continuerà a trarre ancora per diversi anni le risorse necessarie dalle vendite di auto ad alimentazione tradizionale sempre più pulite, che, tra l’altro, sono le sole che possono assicurare in tempi ragionevoli un significativo rinnovo del parco circolante.
L’industria non è ancora in grado di fornire auto elettrica alle masse.
Ci sono pochi modelli e lunghe attese.
Meglio sarebbe accettare qualche anno di crisi e successivamente incentivare l’acquisto di auto che siano veramente nuove.
Evitiamo di spendere soldi e risorse per vecchi motori a pistoni.