La mobilità sostenibile spicca il… volo
Quando si parla di mobilità sostenibile, tutti pensano immediatamente alle grandi città, all’inquinamento urbano e alle congestioni del traffico. Come funghi dopo la pioggia sbucano i cosiddetti grandi esperti che propongono soluzioni che durano lo spazio di una campagna mediatica (car pooling), che resistono per ideologia (car sharing) e altre ancora che diventano fenomeni sociali di finta ribellione, come per esempio i monopattini usati contromano e senza casco.
In realtà, la mobilità andrebbe valutata a tutto tondo e un livello accettabile di sostenibilità dovrebbe essere raggiunto non solo dalle automobili, ma da ogni genere di trasporto.
Anche l’industria dell’aviazione, da sempre simbolo di progresso e connessione globale, sta affrontando – sebbene più lontano dai riflettori mediatici generalisti – una delle sfide più cruciali della sua storia: diventare sostenibile. Ma come può un settore così complesso, che brucia miliardi di litri di carburante all’anno, reinventarsi per ridurre il proprio impatto ambientale? Ecco un’analisi delle strategie più promettenti, supportate da numeri su cui vale la pena riflettere.
Due docenti universitari dell’University College of London (Mark Maslin professore di Scienze Naturali e Iain Hanson professore onorario di Costruzioni Sostenibili) hanno analizzato le tattiche più valide per rendere maggiormente sostenibili i trasporti aerei e hanno pubblicato le loro opinioni su The Conversation, il sito che dà spazio ad accademici e giornalisti e che nel giro di una decina d’anni è diventato il principale editore di notizie e analisi basate sulla ricerca.
Per i due docenti, le ultime generazioni di aerei commerciali sono un capolavoro di ingegneria aerodinamica e tecnologia dei motori. Risultato? Una riduzione del consumo di carburante e delle emissioni fino al 25 per cento rispetto ai modelli precedenti. Per esempio, un Airbus A320neo consuma circa 2,5 litri di carburante per passeggero ogni 100 chilometri, contro i 3,5 litri del suo predecessore A320ceo.
Tuttavia, non basta. Le compagnie aeree devono investire in velivoli moderni ed efficienti, ma anche ottimizzare le flotte esistenti. Soluzioni come l’aggiunta di winglet (quelle pieghe alle estremità delle ali che riducono la resistenza indotta) possono migliorare l’efficienza del carburante del 4-5 per cento. Inoltre, l’uso di cabine leggere e la redistribuzione strategica del peso a bordo possono portare ulteriori risparmi.
Il cherosene è responsabile della maggior parte delle emissioni del settore. Per questo, la transizione ai carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF, Sustainable Aviation Fuel) è una priorità. I SAF, derivati da biomasse o sintetizzati artificialmente, possono ridurre le emissioni di CO2 fino al 98 per cento. Eppure, rappresentano meno del 1 per cento del carburante usato oggi a livello globale. L’obiettivo è ambizioso: raggiungere il 10 per cento di utilizzo globale di SAF entro il 2030.
Alcune compagnie stanno già tracciando la rotta, come Lufthansa che ha investito milioni di euro nella produzione di SAF, o United Airlines che prevede di alimentare il 50 per cento dei suoi voli con SAF entro il 2050. Il problema rimane il costo: i SAF sono attualmente fino a 5 volte più costosi del carburante convenzionale.
Non solo gli aerei, anche gli aeroporti possono fare la loro parte. Attualmente, circa il 38 per cento degli aeroporti mondiali utilizza energie rinnovabili, ma c’è ancora molto da fare. L’energia solare e quella eolica possono alimentare terminal e attrezzature di terra, mentre veicoli elettrici come rimorchiatori e caricatori bagagli possono ridurre drasticamente le emissioni.
Le operazioni a terra sono un altro punto critico. Ridurre al minimo il tempo di accensione dei motori durante il rullaggio potrebbe tagliare le emissioni di CO2 fino a 8 milioni di tonnellate l’anno a livello globale. E con 575 nuovi progetti aeroportuali in corso, per un valore complessivo di 488 miliardi di dollari, c’è un’opportunità straordinaria per ripensare l’intero modello aeroportuale.
Il viaggio sostenibile non si limita agli aspetti tecnici, ma coinvolge anche l’esperienza del passeggero. Raccogliere i bagagli direttamente da casa – già in fase sperimentale presso alcuni aeroporti asiatici – e promuovere l’uso di trasporti pubblici per raggiungere l’aeroporto potrebbero abbattere le emissioni indirette.
Un altro approccio innovativo è ridurre il peso dei bagagli fornendo equipaggiamenti essenziali a destinazione. Immaginate di non dover più trasportare sci, attrezzature sportive o addirittura articoli da toilette, con un risparmio di carburante che potrebbe superare il 2 per cento per volo.
Come per la mobilità urbana, anche in questo caso alcune proposte sono al limite della praticabilità o poco sostenibili dal punto di vista economico, ma in entrambi i casi è come gettare un sasso nello stagno, provocare un’onda e innescare un cambiamento sistemico che potrebbe trasformare radicalmente il settore.
Del resto, bisogna considerare che l’aviazione rappresenta circa il 2,5 per cento delle emissioni globali di CO2 e il suo impatto è destinato a crescere con l’aumento della domanda. La sfida è enorme, ma anche le opportunità lo sono. Investire in tecnologie innovative, promuovere l’uso di carburanti sostenibili e ripensare l’intera esperienza di viaggio sono passi indispensabili per un futuro più verde.
L’industria non può più aspettare: è tempo di spiccare il volo verso la sostenibilità. E chissà, magari un giorno potremo dire addio ai voli low-cost da incubo e accogliere una nuova era di voli “green-cost” dove l’ambiente è la vera first class.
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