La prudenza non è mai troppa

Nemmeno per chi scrive, ovviamente. Ma a leggere il comunicato diramato oggi da Volkswagen c’è di che rimanere basiti, soprattutto pensando ai fiumi di parole scritte e dette sul famoso Diesel gate.
http://www.volkswagengroupstampa.it/Press.aspx/ShowPublicDocument/39575/aad0ba5f-239a-b6db-1f8d-e4fd5b9dc2f2
La storia la conosciamo tutti. Ma la risposta della casa di Wolfsburg, che – vale la pena sottolinearlo – riguarda, almeno per il momento, solo i modelli commercializzati in Europa, sprizza orgoglio da tutti i pori: “Nessuna modifica illegale sui dati dichiarati di consumi ed emissioni di CO2 ; solo per un esiguo numero di vetture i dati dovranno essere leggermente modificati.”
Ma non basta. “Solo un mese dopo rispetto a quando sono emersi dubbi sui valori di CO2 di alcuni modelli del Gruppo”, prosegue il comunicato, “la Volkswagen ha ampiamente chiarito la questione. In seguito a dettagliate indagini interne e controlli delle misurazioni, è ora chiaro che quasi tutte le vetture prese in esame hanno i valori dichiarati di CO2 in regola. Ciò significa che le vetture posso essere messe in commercio e vendute senza alcuna limitazione. Il sospetto che i dati relativi ai consumi dei veicoli della produzione attuale fossero stati illegalmente modificati non è stato confermato. Nel corso delle nuove misurazioni sono state identificate minime variazioni solo per 9 versioni della marca Volkswagen”. Che, tra l’altro, riguardano modelli e versioni non commercializzate in Italia.
Insomma, i danni che inizialmente erano stati stimati in 2 miliardi di Euro, per cui erano state accantonate ingenti risorse nel bilancio WV, si sono fortunatamente sciolte come neve al sole. C’è di che essere contenti, soprattutto per i dipendenti del Gruppo e per la filiera dei loro fornitori, tra i quali si annoverano molte imprese italiane, che avrebbero sofferto – e non poco – da questa catastrofe.
Certo, restano le bugie, che in suolo americano (e non solo) contano molto, vedi l’affaire Clinton, messo alla gogna per aver giurato di non aver avuto rapporti con la famosa stagista, più che per il fatto di averli avuti. Ma a questo punto (e, ripeto, per fortuna) la vicenda si ridimensiona, almeno per quanto riguarda l’Europa. Per gli USA, vedremo, anche se un po’ di sano pragmatismo non guasterebbe. Senza contare che dietro le massicce class action si nascondono grandi e piccoli interessi facilmente intuibili.
Ma a questo punto, la domanda è un’altra: chi rifonderà Volkswagen per il danno subito sul nostro continente, visto che, come recitano “I circa 800.000 veicoli inizialmente stimati dal Gruppo Volkswagen non sono confermati , che i valori reali di consumo non cambiano e non è necessario alcun intervento tecnico”? Nessuno, ovviamente. E ci vorrà del tempo per riguadagnare la fiducia dei consumatori. Anche perché non credo che WV faccia – questa volta lei – causa per danni a tutti quelli che, troppo imprudentemente, l’hanno diffamata.
Per non parlare delle accuse alla categoria dei giornalisti dell’automobile di non essere stati inflessibili con il gigante tedesco, e questo per biechi interessi di bottega. Cosa, che per altro, non è esattamente compito loro, come hanno già scritto autorevoli rappresentanti della categoria.
Insomma, tornando al titolo: prudenza. I giornalisti facciano il loro mestiere, ci mancherebbe. Ma evitando, se possibile, crocefissioni frettolose e senza appello, spesso senza aspettare che l’accusato possa discolparsi. Crocefissioni che, almeno per alcuni versi, si stanno rivelando quantomeno intempestive.
http://www.volkswagengroupstampa.it/Press.aspx/ShowPublicDocument/39575/aad0ba5f-239a-b6db-1f8d-e4fd5b9dc2f2

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