La scommessa (persa) del Presidente

Ferdinand Piëch, ormai ex Grande Capo del Gruppo Volkswagen, di scommesse ne ha vinte tante e perse poche. L’ultima in ordine di tempo l’ha persa (ma io non ci credo ancora) contro il suo ex delfino Martin Winterkorn. Di un’altra, persa anch’essa contro un altro dei suoi ‘discepoli’, ne sono stato diretto testimone assieme all’allora presidente di Autogerma (l’attuale Volkswagen Group Italia) Bent Axel Schlesinger, di cui ero giovane addetto stampa. L’amico Luca Ciferri conosce bene la storia, avendola raccontata a suo tempo su Automotive News Europe, in una doppia pagina dedicata proprio al ‘Grande Vecchio’. Io, però, ve la racconto di nuovo, sperando di non annoiarvi.

Correvano i primi anni novanta e Piëch era stato invitato a partecipare a una riunione dell’ACEA, l’associazione delle case automobilistiche europee, al Centro Storico Fiat di via Chiabrera a Torino. Da Verona, sede di Autogerma, eravamo partiti di buon’ora, Schlesinger ed io, con una fiammante Audi V8 nera e relativo autista per andare a prelevarlo all’aeroporto di Caselle, settore voli privati, non senza suscitare l’immediato disappunto dei torinesi. “ Abbiamo la nostra ammiraglia (l’Alfa 164) e i nostri autisti sono i migliori in circolazione – mugolarono – che bisogno c’era di far venire un’Audi da così lontano?”. Ma tant’è… Durante la riunione, Schlesinger si era messo a telefonare in macchina, mentre io mi intrattenevo cordialmente con gli ex colleghi della Fiat, che avevo lasciato qualche anno prima per passare al… nemico. Alle 13 in punto Piëch esce dall’edificio con il suo delfino Wendelin Wiedeking, che era da poco passato alla guida dell’azienda di famiglia, la Porsche.

Wiedeking si infila in una 164 rossa, il “Nostro” si accomoda dietro sulla V8, accanto a Schlesinger.

Io mi sistemo ancora una volta davanti, vicino all’autista. Grazie ai miei trascorsi in riva al Po, consiglio subito al mio capo una strada alternativa per tornare a Caselle. Causa il caldo intenso di metà luglio e la tangenziale troppo trafficata, mi sembrava infatti più sensato scorrere dolcemente lungo il verde della precollina torinese, per poi appoggiare a sinistra, superare gli stabilimenti dell’Iveco ed entrare sulla superstrada per l’aeroporto da sud-est. Proposta subito accettata, ma non quella di mettermi io al volante del bestione. “Lei va troppo forte”, mi dice B.A.S., non immaginando che questa decisione avrebbe sconvolto i piani del nostro importante Passeggero. Non insisto e inizio a dare al (troppo) prudente autista le mie indicazioni. Da corso Dante attraversiamo il ponte Isabella e appoggiamo a sinistra immergendoci subito nel fresco della collina.

“E’ la strada giusta?” mi chiede Schlesinger, già preoccupato. Non ho neanche il tempo di dire bah e Piëch interviene con la sua voce gutturale e in italiano: “E’ giusta”. Immagino la faccia del mio Capo… L’Audi scivola sulla strada miracolosamente libera dal traffico con tanta, troppa lentezza, nonostante i miei silenziosi ma accorati appelli al driver. A fatica riusciamo a raggiungere Sassi, da dove si diparte la strada che porta alla Basilica di Superga (si, quella della tragedia del Grande Torino). La Sassi-Superga era un percorso molto noto per le sue classiche corse in salita ma, soprattutto, particolarmente amato dai motociclisti della zona (e non solo) proprio per le sue curve e controcurve che invitavano i più bravi e spericolati a pieghe quasi impossibili. Piëch guarda dal finestrino e rompe per la seconda volta il silenzio: “ Bella strada, bella moto”. E così apprendiamo che, all’inizio degli anni settanta, il giovane Ferdinand aveva lavorato per un breve periodo all’Italdesign con Giorgetto Giugiaro e, nei momenti liberi, si divertiva a correre su e giù per quelle colline con la moto e l’immancabile tuta di pelle nera! Praticamente a passo di lumaca (capisco rispettare il Codice, ma così era davvero troppo) proseguiamo il viaggio verso l’aeroporto e solo quando siamo in vista del traguardo Schlesinger mi confida con una certa apprensione quello che Lui gli aveva appena detto: aveva fatto una scommessa con Wiedeking su chi sarebbe arrivato prima! Per la serie “io glielo avevo detto” e a metà tra l’incavolato e il preoccupato, allungo lo sguardo oltre il varco di entrata dei voli privati di Caselle. Giusto il tempo per vedere quello che gli stessi Piëch e Schlesinger stavano mestamente osservando: l’Uomo della Porsche stava scendendo dall’Alfona proprio in quel momento. Una sola parola (in italiano) esce dalla bocca di Piëch: “Peccato!”.

Schlesinger stava ormai assumendo un colorito grigiastro ed io non sapevo più che pesci pigliare. Poi, dopo un’occhiataccia all’autista, il lampo di genio. Appena la tartaruga con gli anelli si ferma, mi precipito fuori e apro la portiera al Presidente, e prima che lui abbia il tempo di uscire dall’auto lo affronto senza timore e gli sussurro: “Dottor Piëch, le abbiamo fatto perdere la scommessa, ma le abbiamo fatto ricordare i bei tempi della sua giovinezza”. Solo un attimo di pausa e poi, con un rassicurante sorriso sulle labbra, finalmente mi risponde: “E’ vero”. Il viso di Schlesinger riprendeva colore ed io sapevo di avere conservato il mio posto di lavoro. Insomma, tutto è bene ciò che finisce bene. Anche perchè, negli anni seguenti, Herr Piëch era riuscito a prendersi la sua bella rivincita: Wiedeking, chissà come mai, non faceva più parte della Grande Famiglia e il ricordo della sua giovinezza il Grande Ferdinand alla fine se l’era comprato. Per poi lasciarlo in eredità a Martin, aggiungo io. Ma questa, come si sa, è tutta un’altra storia

3 commenti
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