Lancia PU+RA HPE: un “calice” che vorrei bere da solo
L’Ospite di Autologia: Alessio Di Zoglio, designer
Dite al sommelier che va benissimo il suo glossario forbito, ma andasse via adesso: io voglio bere!
Reggia di Venaria, 28/11/2022, presentazione della scultura manifesto Lancia Pu+Ra Zero. Quindi l’AD Luca Napolitano prese il “calice” e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli e disse: «Oggi parte il nostro Rinascimento […] un nuovo Logo e una visione chiara di design […] passato e futuro sono in continuo contatto […] Lancia tornerà ad essere un Marchio desiderabile, rispettato e credibile […] definiamo il nostro Marchio Progressive Classic […] linee fluide, linee semplici, understated, quelle bellissime di una Aurelia o di una Flaminia […].». Tutto molto bello, ma suscita dei dubbi… Perché fare premesse e chiarire intenzioni quando non richiesto? Sembra più un prologo da consiglio di amministrazione che da sala stampa. Perché sottolineare a monte il richiamo alla tradizione, anziché svelarlo dopo il nuovo modello? C’è paura che non si noti o costituisca l’unica forza della nuova creazione? Perché cambiare logo e font sapendo che non siano quelli i problemi? C’è bisogno di accreditare le promesse in assenza di fatti concreti? Perché mostrare una scultura sapendo che, siffatta, non diventerà mai un’auto? Non c’è e non ci sarà un modello finito e funzionante?
Milano, 15/04/2023, presentazione del prototipo Lancia Pu+Ra HPE. E invece sì che c’è, è completo di interni e si può guidare! Inoltre, è più espressivo, virtuoso, concreto e sensato della scultura manifesto Pu+Ra Zero! Le antipatiche spacconerie del marketing (far crescere l’attesa parlando del nulla) avevano creato le peggiori premesse, invece… Invece, facendo finta di non sapere che la Pu+Ra HPE sia soltanto un prototipo e che la strategia del Marchio non ne preveda la serie o un programma sportivo, ecco che arriva un disegno veramente inaspettato, inedito, innovativo, futuristico, sofisticato ma chiarissimo, davvero puro e radicale, a mia percezione sorprendentemente desiderabile.
La geometria della carrozzeria è essenziale, facile da comprendere con uno sguardo, veloce da riprodurre collegando meno di cinque poligoni elementari, priva di passaggi cervellotici, quindi lascia felicemente intendere che dietro ci siano ragionamenti precisi e convinzioni affidabili: un solido a base trapezoidale si apre sull’asse posteriore e si chiude nel muso; uno simile, più piccolo, collega invece l’asse anteriore alla punta; il tetto è estruso dalla pianta ovale dell’abitacolo ed entrambi sono attraversati da giochi circolari; infine, “calice” e spoiler anteriori più paraurti e spoiler posteriori sono figure quasi piane, brutalmente squadrate e appuntite. Stop.
All’interno: finalmente niente più bocchette di ventilazione feat display computer protagonisti assoluti delle solite grafiche (la Lancia aveva già dichiarato guerra alle bocchette sulla Dialogos, s.e.o.); finalmente basta pannelli porta con gradino che discende dalla plancia e raccoglie comando alzavetri, maniglia e bracciolo; su questi pannelli c’è dell’architettura che proviene da fuori il car design, tanto che sembrano… che so, facciate di stadi ultramoderni; finalmente un tunnel centrale disegnato come un oggetto di alta tecnologia, non un longherone grezzo e ingombrante; preziosi, comodi e d’arredo i ripiani circolari, destinati a periferiche input e output; ricercati i colori e sperimentali i materiali, che tributano agli anni ’70 pur senza operazione nostalgia.
Quest’auto non avrebbe infatti nessun bisogno che se ne sottolineasse il legame con la tradizione: chi fosse colto e interessato, lo noterebbe da solo; chi non lo fosse, non se ne farebbe comunque niente. Inoltre, la forza di questo prototipo è la capacità di brillare di luce propria, per doti intrinseche, senza ricorso ai “bei tempi andati”. Infine sarebbe anche meglio non insistere sull’argomento, perché la Pu+Ra HPE omaggia in gran parte una sola antenata, la Stratos, e non la produzione centenaria. Tanto più che le argomentazioni ufficiali e giornalistiche si soffermano sempre sui soliti argomenti e a volte sono incomplete o sbagliate.
Questi benedetti fari posteriori circolari, sì, ok… sono come quelli della Stratos… ma: punto primo, la Stratos forse è la Lancia meno Lancia essendo una quasi Ferrari, quindi bisognerebbe dire omaggio Stratos, non tradizione Lancia; punto secondo, la luce circolare è tipica solo Stratos senza ricorrere nella storia Lancia, s.e.o.; punto terzo, perché non essere più corretti e dire che il cerchio, quindi anche il proiettore tondo, siano innanzitutto una grafica specifica e diffusa su questa Pu+Ra HPE? Inoltre, se proprio si vuol parlare di Stratos, si faccia notare: punto quarto, che il corpo vettura posteriore precipiti addosso al passaruota anteriore dovendo per forza abbracciarlo prima di riuscire a fermarsi nel muso, così come avveniva nel prototipo Strato’s Zero; punto quinto, che la linea di cintura salga a cuneo fino alla ruota posteriore e poi scenda, come in Strato’s Zero e Stratos; punto sesto, che qui come nella Stratos ci sia un parabrezza panoramico molto curvo con montanti rettilinei. Per ultimo, a proposito di ricordi della storia gloriosa Lancia, a prima impressione io vedo, nell’intercapedine tra la struttura a “calice” sospesa e il cofano sottostante (complici anche l’ombra da occlusione e il riflesso luminoso dei fari), due confini convergenti verso l’esterno che mi ricordano lo sguardo felino sornione e sorridente della Y, opera magistrale e inarrivata, la prima di una mai nata gamma di successo.
A sensibilità personale, segnalo uno squilibrio tra la forte inclinazione longitudinale del parabrezza e quella ridotta del lunotto, che non la compensa e sbilancia la linea: mi sarebbe piaciuto provare ad estendere la base del lunotto fino a un paio di centimetri dal confine posteriore dello spoiler, così da guadagnare qualche grado senza togliere spazio alla testa dei passeggeri. Trovo non all’altezza del contesto e privo del tanto decantato significato storico il ricorso alle scritte giganti “LANCIA” stile Range Rover, poste sul calice e in coda; passino quelle in abitacolo. Per concludere, forse è troppo “ridotta” la grafica di cerchioni e “calice”: i primi sembrano limitarsi a riproporre la struttura del secondo, questo invece avrebbe meritato l’inclusione del logo (cancellando la scritta in alto) e una valorizzazione maggiore dei tre “rami”, magari non spezzati ma dai raccordi curvilinei, magari dallo spessore variabile e sfuggente in punta, magari non tre ma cinque (due orizzontali in basso). Nota curiosa: per coincidenza quasi perfetta, a inizio di quest’anno la Kisca divulgava il prototipo APG-1, con linea dichiaratamente ricalcata sulla Stratos: sia per la Pu+Ra HPE che per la APG-1 è stato deciso di costruire lo spoiler posteriore superiormente e separatamente dal cofano, al contrario di Stratos Bertone originale, Stratos Fenomenon e Stratos Pininfarina successive.
Tutto ciò puntualizzato, vorrei starmene da solo in quell’arredo Cassina, a scoprire ciò che mi piace o non mi piace, nella sala circolare incontaminata di un Centro Stile deserto, senza dover leggere o ascoltare discorsi che falsino l’esperienza. Ma ho bisogno di dimenticare che la Pu+Ra HPE non diventerà mai un’auto e sia l’ennesima slealtà della strategia comunicativa; che la futura Ypsilon, da costruirsi su telaio Stellantis, non potrà mai avere quella linea; che di Gamma e Delta non si sa niente e si può solo sperare bene, nulla più. Quindi, cameriere, faccio a meno del “calice”. Lasci pure la bottiglia.
Grazie per l’apprezzamento, Filippo Zanoni. Non resta che attendere il primo modello di serie, la nuova Ypsilon.
Bell’analisi, anche se il design generale di questo prototipo non mi convince affatto: cose già viste…mentre i concorrenti fanno vetture che si vendono.