L’auto elettrica in Europa accelera ma non troppo
Nel cuore dell’Europa industriale, qualcosa si muove. O meglio: dovrebbe muoversi più velocemente. La transizione verso la mobilità elettrica, tanto agognata e proclamata dalle istituzioni europee, avanza con passo incerto. I dati più recenti forniti da ACEA (European Automobile Manufacturers’ Association) tratteggiano un quadro che è al tempo stesso incoraggiante e inquietante.
Nel primo quadrimestre del 2025, le immatricolazioni di auto elettriche a batteria (BEV, Battery Electric Vehicles) nell’Unione Europea hanno registrato un incremento dell’11,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In termini assoluti, parliamo di circa 450mila unità vendute, pari al 9,5% del totale del mercato auto UE. Si tratta di una percentuale in crescita, ma ancora distante dagli obiettivi fissati dal Green Deal europeo, che vorrebbe una quota di veicoli a zero emissioni ben più robusta già entro il 2030.
Il confronto con le auto a combustione interna è ancora impietoso: le vetture benzina rappresentano il 35,6% del mercato, quelle diesel il 13,7%. Nonostante la loro lenta ma costante discesa, continuano a dominare il panorama delle vendite europee.
Particolarmente significativa la performance dei principali mercati europei. La Germania resta leader per numero assoluto di BEV venduti (oltre 150mila nei primi 4 mesi del 2025), ma mostra segni di rallentamento a causa della rimozione di alcuni incentivi fiscali. In Francia forte crescita dei BEV (+18,2%), con un totale di circa 95mila immatricolazioni. L’Italia è il fanalino di coda con appena 23.300 unità vendute, pari al 4% del mercato nazionale, ben al di sotto della media europea.
Il vero tallone d’Achille della mobilità elettrica in Europa, però, non è la domanda. È l’offerta, o meglio: l’offerta infrastrutturale. Secondo l’ultimo report di ACEA, per raggiungere gli obiettivi climatici fissati per il 2030 – riduzione del 55% delle emissioni di CO₂ per le auto nuove rispetto ai livelli del 2021 – sarà necessario un incremento massiccio dei punti di ricarica pubblici: circa 1,2 milioni da installare ogni anno per i prossimi sette anni, fino a un totale di 8,8 milioni entro fine decennio.
Oggi, invece, l’Europa si ferma a poco più di 630mila colonnine pubbliche attive, e il ritmo di installazione viaggia su appena 150mila unità all’anno. Un gap strutturale e preoccupante. A questo si aggiunge la distribuzione disomogenea: il 60% delle colonnine si concentra in appena tre Paesi – Paesi Bassi, Germania e Francia – lasciando il resto del continente, soprattutto Europa orientale e meridionale, in forte ritardo.
In Italia, la situazione è ancora più emblematica: poco più di 50mila punti di ricarica pubblici attivi, con il 75% situato in aree urbane e nel Nord del Paese. Le regioni del Sud e le zone interne rimangono praticamente escluse.
I principali costruttori europei hanno risposto con forza alla sfida della transizione: il gruppo Volkswagen prevede che entro il 2030 il 70% della propria gamma sarà esclusivamente elettrica, mentre Stellantis ha recentemente annunciato 30 nuovi modelli BEV nei prossimi tre anni. Eppure, i consumatori restano in bilico tra curiosità e scetticismo.
I principali motivi di esitazione – secondo un sondaggio condotto da McKinsey nel 2024 – sono la scarsa disponibilità di infrastrutture di ricarica (58%), il costo iniziale d’acquisto ancora troppo elevato (45%), l’autonomia percepita come insufficiente (38%).
Alla luce di questi dati, è evidente che l’Europa della mobilità elettrica viaggia a due velocità. C’è un blocco centrale-nordico dinamico e proattivo, capace di sostenere lo sviluppo della filiera EV con politiche fiscali, investimenti pubblici e progetti di infrastrutturazione rapidi. E poi c’è un’Europa mediterranea più lenta, frammentata, dove la mobilità sostenibile è spesso più uno slogan che una realtà concreta.
L’Italia, in particolare, rischia di trasformarsi da grande nazione automobilistica a osservatore passivo di un cambiamento che non riesce a guidare.
ACEA lancia un messaggio chiaro: la transizione ecologica dell’auto non sarà una corsa in solitaria dei costruttori, ma un vero e proprio gioco di squadra tra imprese, governi, fornitori energetici e cittadini.
Al momento, sembra che l’industria sia pronta a scattare dai blocchi. Ma senza una rete infrastrutturale all’altezza, le auto elettriche rimarranno bloccate.
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