L’elettronica in F1 trasforma dei ragazzini in “fenomeni”

L’Ospite di Autologia:

Recentemente Lewis Hamilton ha rilasciato una dichiarazione che mi ha confermata la facilità di un pilota a guidare una formula 1 d’oggigiorno.

“Quando scendo dalla monoposto dopo un gran premio – ha detto il penta campione del mondo – sarei pronto a farne altri due, mentre una volta era impossibile. Inoltre con le vie di fuga esistenti sui circuiti di oggi le auto sono così facili da guidare che anche i diciassettenni riescono subito ad andare forte. Un tempo, questo in formula 1 era impensabile”.

Con il termine “diciassettenne” il riferimento di Hamilton a Max Verstappen è preciso visto che debuttò in formula 1 con la Toro Rosso il 15 marzo 2015, quando aveva compiuto diciassette anni e 166 giorni ed era stato il più giovane debuttante in una competizione del mondiale delle ruote scoperte. Se Max Verstappen può apparire come un autentico fuoriclasse dell’automobilismo, resta tuttavia l’interrogativo di come sia possibile a un pilota molto giovane andare subito forte con una monoposto della massima categoria. Ad esempio Lando Norris, che compirà vent’anni il prossimo 13 novembre si è già segnalato con la McLaren come pilota molto veloce. Per esempio Lando, non ancora diciottenne, nei test di Budapest 2017 fece il suo debutto al volante di una formula 1 ottenendo il secondo miglior tempo dietro la Ferrari di Vettel. Quest’anno, come pilota titolare della McLaren, Norris è stato nella top ten della qualifica per sei volte negli otto GP finora disputati ottenendo tre piazzamenti a punti, con un sesto, un ottavo tempo e un settimo posto. Di lui – come di Verstappen, Leclerc e Aldon – sentiremo parlare, eccome.

Penso che le esperienze delle formule minori e, soprattutto, dei kart siano molto importanti nell’avvicinare i giovani piloti a monoposto che hanno nell’elettronica la soluzione per facilitare quelle manovre che, un tempo, erano esclusiva pertinenza dell’abilità di mani e piedi che dovevano comandare tre pedali e la leva del cambio. Oggi fanno tutto i pulsanti posti sul volante, i freni al carbonio consentono di frenare dentro le curve, i motori sono controllati da un insieme di computer e tecnici in fabbrica che stabiliscono di dare o togliere potenza, consentire oppure proibire i sorpassi.

Mi diceva un tempo Niki Lauda, proprietario di una compagnia aerea e lui stesso pilota di jet, che non gradiva velivoli comandati esclusivamente dal computer perché toglievano la possibilità dell’intervento umano in caso di emergenza.

Esemplificando, la stessa cosa accade sulle monoposto di oggi, dove la sola abilità che resta intatta al pilota è quella di scegliersi traiettorie e, non sempre, tattica di gara. Ma per i giovani corridori di oggi copiare e memorizzare le traiettorie che fa, ad esempio, Hamilton è un giochetto semplice: cosicché se hai una buona vettura andare subito forte non è più un problema. In più il lavoro al simulatore fa il resto. Giorni e giorni a provare su quest’aggeggio che toglie e concede abilità consentono ai piloti più giovani di conoscere a menadito le piste senza averne mai percorsa una. Logico che vadano forte.
Che fra le macchine di oggi e quelle di un tempo ci sia una grande differenza di guida è indubitabile: Ayrton Senna ha debuttato in formula 1 a 24 anni, Lauda a 23, Piquet a 26, Prost a 25, Regazzoni a 31, Patrese a 23, Alboreto a 25, Gilles Villeneuve e Mansell a 27, Hakkinen a 23, Michael Schumacher a 22. E c’era stato un solo teen-ager a guidare la Ferrari: il messicano Ricardo Rodriguez che debuttò a Monza nel 1961 all’età di 19 anni. I migliori piloti debuttanti nella prima decade degli anni 2000 erano già in età più giovane: Alonso e Vettel a vent’anni, Hamilton a 22. Poi sono arrivati simulatori e “ragazzini”,  alcuni dei quali terribili, guidati dal più terribile di tutti, Max Verstappen. Saranno loro i protagonisti dei prossimi anni. In una formula che si avvia a diventare una fabbrica di camomilla. (ilcittadino.it)

3 commenti
  1. Eric Fiumanò
    Eric Fiumanò dice:

    @Gian Marco Barzan:

    Mi sa che non hai ben capito il senso e ti smentisci in quello che dici.
    1- L’autore NON sta dicendo che guidare una F1 sia facile: sta dicendo che è decisamente più facile rispetto a prima. (Il senso è enormemente diverso, comparativo relativo e non assoluto, quindi)
    2- citandoti:
    ” on mi risulta vi siano sulle monoposto odierne controlli elettronici di trazione e stabilità che “facilitano” il lavoro dei piloti” ;
    qui c’è da ridere. C’è eccome. l’elettronica, stabilità, trazione e ABS, dici poco? Ti sembra nulla? Hai mai guidato una vettura senza ABS?

    Parli di 1000cv su pioggia…come fanno a non girarsi ad ogni gara secondo te?

    Leggiti questo articolo dove dicono quanta elettronica in teoria non mettono, ma poi mettono:

    https://www.automoto.it/formula1/formula-1-ecco-l-assistenza-alla-guida-nascosta.html

    Comunque, per informazione, se prendi una vettura con 300 cavalli senza elettronica e dopo la prima curva andremmo in sovrasterzo di potenza.
    Se prendiamo una vettura con 500 cv ma ricca di elettronica, tranquillo che non ci giriamo, non facendo grandi cazzate ovviamente.

    Quindi sì, piloti old school erano MOLTO più skillati perchè oltre alle cose corrette che dici, quali spaventosi G laterali e una resistenza fisica non indifferente, avevano anche una capacità di gestione della vettura nettamente superiore.

    Non è cattiveria è la realtà. Così vale per i piloti, così vale per i normali conducenti di vetture; oggi pochi saprebbero guidare senza elettronica. Per questo, uno sportivo vero, ad una Classe 1 AMG condita di elettronica preferirebbe così più leggere, essenziali e magari senza controlli.

  2. Gian Marco Barzan
    Gian Marco Barzan dice:

    Non sono d’accordo per nulla. Pilotare una Formula 1 è ancora oggi un mestiere difficilissimo, riservato a pochi. E i pulsanti sul volante non annullano certo le inesorabili leggi della fisica, le velocità molto elevate raggiungibili nelle curve richiedono molta padronanza, così come le staccate dentro le curve stesse nonostante i freni sensibilmente evoluti rispetto solo a pochi anni fa. Poi c’è curva e curva, circuito e circuito, condizioni climatiche le più differenti e tante altre varianti con le quali i piloti devono fare i conti. Quindi, per cortesia, non è affatto vero che la sola abilità intatta dei piloti odierni di Formula 1 sia legata alle traiettorie. Bisognerebbe provare a gestire un sovrasterzo di potenza sul bagnato con 1.000 CV “scalpitanti”, raggiungere velocità aeronautiche in pochissimi istanti e subito dopo staccate al fulmicotone, sperimentare cosa voglia dire fisicamente gestire accelerazioni laterali di 5 g in assetto stabilizzato, provare le sollecitazioni estreme al collo provocate da cambiate istantanee per rendersene conto e tanto altro. Mica peraltro i piloti di oggi si allenano severamente in palestra. Poi c’è la questione tutta legata alla psiche, più precisamente all’autocontrollo, qualcosa che nessun simulatore elettronico ti potrà mai insegnare. Perché il pilota di oggi, al pari di quello di ieri, si trova a dover gestire con ragionata freddezza sorpassi a oltre 300 orari, partenze difficili in griglia, imprevisti, avversari non sempre corretti, saper come comportarsi durante una pioggia improvvisa affrontata con le gomme d’asciutto, gestire a fine gara (magari in prima posizione) un motore “stanco”, metterci del suo per contrastare carichi aerodinamici non ottimali (basta un pezzo di alettone che vola via per mandare a farsi benedire tutti i complicatissimi calcoli ingegneristici in termini di downforce e, conseguentemente, il lavoro in curva per un pilota diventa difficile, difficilissimo). Potrei continuare a citare altri esempi sulle mille difficoltà alle quali vanno incontro i piloti di Formula 1 di oggi. Altro che fabbrica di camomilla, con tutto il rispetto parlando. Infine, potrei sbagliarmi, ma non mi risulta vi siano sulle monoposto odierne controlli elettronici di trazione e stabilità che “facilitano” il lavoro dei piloti. Lavoro che rimane di braccia, di piedi, ma anche frutto della sensibilità del fondoschiena come diceva il Grande Niki Lauda. Qualcosa che appartiene a pochissimi uomini al mondo ancora oggi, perché fortunatamente guidare una F1 moderna è ancora un’operazione fantastica e tremendamente difficile. Nonostante i simulatori, l’elettronica dei motori gestita da remoto e le “care celesti nostalgie”.

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